martedì 23 ottobre 2012

Province: riordino in fase conclusiva

Province: riordino in fase conclusivaL'Emilia Romagna approva la riduzione da 9 a 4 più Bologna, la Liguria da 4 a 2, la Toscana presenta due ipotesi di riordino.
 
ansa 23 ottobre, 11:07
Il processo di riordino delle Province è alla fase finale e dovrebbe portare le Province, nelle Regioni a statuto ordinario, da 86 a circa 44: dopo il lavoro svolto nelle scorse settimane dai Consigli per le autonomie locali (Cal) per accorparle secondo la spending review voluta dal Governo Monti, le Regioni che intendono presentare una proposta al Governo si riuniranno per decidere. Se neanche le Regioni presenteranno una proposta, sarà il Governo a definire il nuovo assetto delle Province.
Intanto è scontro sulle indiscrezioni, riportate ieri dal Corriere della Sera, secondo le quali il decreto legge del Governo, che dovrebbe essere portato all'esame del primo consiglio dei ministri di novembre, prevederebbe da giugno 2013 il commissariamento di tutte le Province. "Da più di una settimana abbiamo richiesto un incontro ai ministri Cancellieri e Patroni Griffi per risolvere questioni estremamente complesse legate alla conclusione del processo di riordino delle Province. Riteniamo che sia un errore trattare temi così delicati, come lo scioglimento di organi eletti democraticamente dei cittadini, a colpi di annunci. Il rischio è di gettare nuovo caos intorno ad un percorso che è di estrema delicatezza", afferma il presidente dell'Upi, Giuseppe Castiglione, che sul tema del commissariamento dei presidenti delle Province, fa sapere: "noi siamo contrari a scioglimenti anticipati, perché il processo di accorpamento è troppo delicato per potere essere gestito da un commissario".

Più duro l'affondo del presidente della Provincia di Potenza, dell'ufficio di presidenza dell'Upi, Piero Lacorazza (Pd). "E' abbastanza curiosa la circostanza - osserva - per la quale il Governo Monti, tecnico e non politico, non si sarebbe dovuto occupare di materie cosiddette 'elettorali', ma quando si tratta di intervenire su mandati elettorali locali non si tira indietro, preannunciando scioglimenti anticipati degli organi di governo delle Province, che sono stati eletti democraticamente dai cittadini". Anche Davide Zoggia (Enti locali Pd), fa notare: "L'ipotesi di un scioglimento anticipato dei Consigli per decreto ci lascia perplessi per più motivi". Il ministro Patroni Griffi in serata si è augurato che "conservatorismi e particolarismi non ostacolino questo processo e che ognuno guardi all'orizzonte più ampio che è il ridisegno del Paese, chiesto peraltro a gran voce anzitutto dai cittadini".

Ieri intanto la Regione EMILIA ROMAGNA ha approvato in via definitiva la riforma delle Province: queste vengono ridotte da 9 a 4, più la Città metropolitana di Bologna che sostituirà la relativa Provincia. L'Assemblea legislativa ha avanzato anche una proposta: lasciare ai nuovi enti che sorgeranno dagli accorpamenti la scelta del proprio nome. Le nuove Province in Emilia Romagna saranno quindi: Modena, Reggio Emilia; Parma e Pacenza; Ferrara; Ravenna, Forlì-Cesena Rimini, più la città metropolitana di Bologna.

L'Assemblea legislativa delle MARCHE ha approvato con una stretta maggioranza la proposta di riordino delle Province che prevede un assetto a 4: Pesaro Urbino, Ancona, Macerata, Ascoli Piceno-Fermo. Bocciato invece un emendamento di Fli per un assetto a 5 che "salvava" le 5 attuali Province. E' probabile, tuttavia, che il Governo intervenga per accorpare Ascoli Piceno, Macerata e Fermo. La spending review prevede infatti che le Province che hanno meno di 350 mila abitanti o un'estensione inferiore ai 2500 chilometri quadrati dovranno essere accorpate.

Anche in TOSCANA a dire l'ultima parola dovrà essere il governo: la Regione infatti invierà al Governo due ipotesi di riforma, entrambe contenenti una richiesta di deroga, ricalcando la decisione già adottata dal Cal per non arrivare a divisioni interne. Ecco la risoluzione approvata a maggioranza dal Consiglio regionale: due le ipotesi che prevedono la Città metropolitana di Firenze e di 4 province: Arezzo, Prato-Pistoia (in deroga alla legge nazionale), Siena-Grosseto, e un'area vasta della costa che comprenda Pisa-Livorno-Massa-Lucca. La seconda proposta invece differisce dalla prima solo per la ripartizione della costa che verrebbe suddivisa in due realtà: Pisa-Livorno e Massa-Lucca.

In UMBRIA il Consiglio regionale ha approvato una risoluzione, presentata dal centrosinistra (meno l'Idv), che chiede di mantenere, seppure con confini territoriali diversi dagli attuali, due province in Umbria: Perugia e Terni.

In MOLISE, il Consiglio regionale ha approvato, a maggioranza, il documento della Conferenza delle autonomie locali (Cal) che contempla la salvaguardia della Provincia di Isernia dai tagli stabiliti dal Governo centrale.

In SARDEGNA i presidenti e i Consigli delle Province hanno approvato, ieri, una proposta di riordino del territorio intorno alle 4 amministrazioni storiche: Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano. La proposta, del resto, va nella direzione di quanto già indicato con referendum in Sardegna nel maggio scorso, quando i cittadini votarono, a grande maggioranza, per il dimezzamento delle Province, da 8 a 4 appunto. Alcune Regioni, come Lombardia, Lazio e Calabria, infine, hanno fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro le norme emanate dal Governo.

LIGURIA: PROPOSTA RIDUZIONE DA 4 A 2 PROVINCE  - Primo passo per la riduzione delle Province nella Regione Liguria: saranno due invece di quattro secondo quanto stabilisce il progetto di legge di proposta al Governo approvato oggi dal Consiglio Regionale. Scompare la Provincia di Genova, oggi commissariata dopo la scadenza della legislatura, e al suo posto nasce la Città Metropolitana di Genova. Si fondono le Province di Imperia e di Savona, resta viva quella della Spezia. Il Consiglio della Liguria ha preso atto che la Corte Costituzionale ha fissato al 6 novembre la trattazione di svariati ricorsi contro il decreto-legge del Governo 201/2011 e che alcune province, come Imperia, hanno anche presentato ricorsi al Tar contro la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012.

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