mercoledì 31 ottobre 2012

Disabili, ‘Vita indipendente’: come sprecare risorse negando un diritto

I progetti di Vita Indipendente prevedono di erogare le risorse direttamente ai disabili non autosufficienti, perché scelgano e retribuiscano in prima persona chi si occuperà di loro, secondo le proprie reali necessità. 

di Franz Baraggino e Thomas Si tratta di costruire percorsi individuali di autodeterminazione che favoriscano il recupero relazionale e lavorativo, a partire proprio dal protagonismo nella gestione dei servizi di cura. Ma i soldi non si trovano, e l’azzeramento del Fondo nazionale per la non autosufficienza operato dal precedente governo cancella ogni speranza. Dai quattrocento milioni di euro del 2009 si è passati direttamente a zero. Così, chi presenta un progetto di vita indipendente è destinato a vedersi sbattere la porta in faccia dal proprio comune di residenza. Fatte salve le iniziative di poche regioni che hanno voluto trovare i fondi per avviare alcuni progetti (Toscana, Friuli, Piemonte, Marche), per tutti gli altri non rimane che pesare sulle proprie famiglie o finire in una struttura di ricovero. Un vero paradosso, perché l’assistenza gestita dal disabile costa meno. La metà della classica assistenza domiciliare e fino a un terzo rispetto al ricovero in residenza sanitaria. Si potrebbe risparmiare, invece si taglia e basta. Elisa, una donna di 31 anni che per ottenere la Vita indipendente ha minacciato di incatenarsi al suo municipio lo dice chiaramente: “Tagliare i fondi alle persone disabili è come tagliargli la vita”.  

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