Intervista a Roberto Angoli, presidente di REM Inaugurato in provincia di Mantova un impianto innovativo che coniuga la produzione di energia pulita, attraverso i pannelli solari, con l’attività agricola tradizionale. E’ l’Agrovoltaico della Revolution Energy Maker.
di Stefania Bove
E’
stato calcolato che per produrre attraverso i pannelli solari tutta
l’energia di cui il nostro paese ha bisogno in un anno sarebbero
necessari circa 2000 km2, pari allo 0,62% del territorio italiano.
Territorio, tolte le zone impenetrabili,
le città e quelle abitate, che sarebbe sottratto inevitabilmente
all’industria agricola. Si tratta di uno scenario logicamente ipotetico,
ma, con il sempre maggior utilizzo di pannelli fotovoltaici per la
produzione di energia, il problema dei terreni sottratti all’agricoltura
è aumentato.
A maggio di quest’anno, in provincia di
Mantova, è stato inaugurato un impianto innovativo, che coniuga la
produzione di energia pulita attraverso i pannelli solari, con
l’attività agricola tradizionale. L’agrovoltaico, così gli ideatori
dell’impianto hanno deciso di battezzare questa nuova tecnica
costruttiva, che prevede la realizzazione di impianti fotovoltaici
orientabili a 5 metri dal suolo, permettendo così l’utilizzo delle
macchine agricole e del terreno.
Autori di questa semplice ma geniale
intuizione, unica in Europa e forse anche nel Mondo, è REM un gruppo di
sei aziende italiane unite per progettare, realizzare e gestire
impianti innovativi che producono energia elettrica a emissioni zero da
fonti rinnovabili. Se l’idea in qualche maniera rappresenta, per la sua
semplicità, l’uovo di Colombo, dal punto di vista realizzativo un
impianto agrovoltaico necessita di conoscenze tecnologiche sofisticate e
all’avanguardia, che permettono, ad esempio, ai pannelli di ritirarsi
in caso di pioggia o grandine, non pregiudicando così l’attività
agricola. Un’idea tutta made in Italy che si appresta a travalicare i
nostri confini per conquistare l’Europa.
Ma per saperne di più abbiamo intervistato Roberto Angoli, presidente di REM
Cosa sono gli impianti agrovoltaici e da cosa è nata quest’idea?
Sono impianti aerei a inseguimento
solare totalmente integrati con l’agricoltura, realizzati su strutture
mobili sospese, connesse fra loro attraverso un innovativo sistema di
controllo e comunicazione wireless. L’idea è nata dalla necessità di
sfruttare ampie superfici per poter produrre più energia, è per questo
che abbiamo pensato alle grandi pianure europee.
In cosa si differenzia l’agrovoltaico dal tradizionale impianto fotovoltaico a terra?
Per la compatibilità con l’agricoltura,
la sostenibilità ambientale e la tutela del paesaggio. L’agrovoltaico è
compatibile con il 100% delle colture e nasce con l’intento di
promuovere un modello produttivo integrato e sostenibile capace di
fornire alle comunità locali energia pulita e prodotti biologici.
Inoltre un impianto tradizionale a terra a parità di potenza di picco
sottrae più del 40% di terreno all’agricoltura mentre i nostri impianti
occupano al massimo il 2% del terreno. In più un impianto agrovoltaico,
per via dell’inseguimento biassiale omnidirezionale incrementa la
produttività di energia pulita del 30%.
Perché colture biologiche?
È un connubio ideologico, perché sposano
naturalmente la nostra filosofia aziendale e soprattutto perché
impattano meno sull’ambiente e producono alimenti più sani. Non a caso
abbiamo chiamato il nostro progetto “Pane e Energia”.
Come è costituito un impianto agrovoltaico e come funziona?
L’impianto “agrovoltaico”
è costituito da inseguitori solari sospesi (tracker), che dialogano tra
loro attraverso un sistema di controllo e comunicazione wireless. Una
serie di pali alti almeno 4,5 m e del diametro massimo di 16 cm, fissati
nel terreno mediante microperforazioni, sostengono i tracker che, per
mezzo di un sistema ad inseguimento biassiale omnidirezionale, muovono i
pannelli solari; le colonne di sostegno sono disposte lungo file
parallele distanti fra loro 12 m. I pannelli, che utilizzano celle
fotovoltaiche in silicio, si muovono in modo sincronizzato e modificano
la propria inclinazione in base al movimento del sole e alle condizioni
climatiche al fine di massimizzare la produzione di energia pulita.
Le condizioni climatiche influenzano il movimento dei pannelli?
A comando tutti i pannelli fotovoltaici
si dispongono perpendicolarmente al terreno per consentire un’omogenea
distribuzione delle piogge e della neve, e per evitare eventuali
danneggiamenti ai pannelli stessi in caso di grandine o di forte vento;
inoltre possono disporsi anche parallelamente al terreno per agevolare
al massimo la circolazione dei mezzi agricoli.
Quali sono i vantaggi della tecnologia wireless?
La tecnologia wireless è in grado di
gestire il movimento di veicoli automatizzati sotto l’impianto, le
modalità di irrigazione e l’apertura di coperture antigrandine; può
comunicare in “remoto” con una stazione di controllo che effettua il
monitoraggio dello stato degli inseguitori, rileva eventuali anomalie e
invia comandi spontaneamente o su richiesta di un operatore.
Come e dove si costruiscono le strutture?
La costruzione di un impianto “agrovoltaico”
è il risultato del lavoro di una filiera tecnologica nazionale di
eccellenze che coinvolge una molteplicità di comparti industriali: da
quello metalmeccanico all’elettrico, dall’elettronico a quello delle
costruzioni, ed ha generato un indotto che, per i soli impianti pilota, ammonta a oltre 30 milioni di euro
e che ha impiegato circa 80 maestranze direttamente e oltre 240
indirettamente. La maggior parte della componentistica necessaria è
prodotta da aziende italiane leader nel proprio settore. In particolare,
gli elementi strutturali chiave e gli inseguitori solari sono
assemblati e collaudati nel sito produttivo di Coccaglio, vicino a
Brescia, ma non dimentichiamo che le aziende coinvolte nella filiera
sono circa 70.
Che tipo di materiali si utilizzano? E Quale è l’impatto ambientale dell’impianto?
L’intero impianto è realizzato con
materiali non inquinanti (come ad esempio i tracker in alluminio
riciclato e non trattato) e totalmente riciclabili, la cui installazione
avviene in modo da garantire una facile rimozione al termine della sua
vita operativa (25/30 anni).
Inoltre un uso consapevole di materiali
più ecologici ha ormai portato a definire gli impianti fotovoltaici con
il termine “Double Green”, ovvero “doppiamente ecologici”; perciò anche
nella fase di smantellamento (decommissioning) è ben evidenziata la
capacità degli impianti di produrre energia pulita “zero emission”
durante il proprio ciclo di vita, ed al tempo stesso di non gravare
sull’ambiente con oneri di smaltimento e discarica al momento della loro
dismissione: è il Life Cycle Assessment, cioè il fine vita dei
materiali utilizzati.
L’impatto ambientale è pressoché nullo.
La struttura è integrata completamente con il paesaggio circostante: gli
impianti, in pianura, sono adeguatamente mimetizzati dalla presenza di
alberi, così l’impatto visivo sull’ambiente agricolo è molto ridotto,
sia per la “leggerezza costruttiva”, sia per le limitate dimensioni dei
pannelli che li rendono simili al fogliame di un pergolato molto
rarefatto.
Proprio per questi motivi tutti gli
impianti sono stati esclusi dalla valutazione di Impatto Ambientale e
nessuno dei Comuni coinvolti ha chiesto opere di mitigazione o
compensazione, alcuni Comuni hanno chiesto addirittura di poter
realizzare vicino agli impianti una struttura didattica sperimentale
finalizzata alla ricerca di nuovi modelli di agricoltura ed alla
diffusione di una nuova cultura di rispetto per l’ambiente.
Dove si trovano gli impianti agrovoltaici già operativi e qual è il consumo domestico soddisfatto?
Per ora sono 3 gli impianti pilota già operativi in Italia per una potenza di picco installata di circa 7 MW. Il primo è a Virgilio,
in provincia di Mantova. Installato su un terreno di 15 ettari dedicati
alla produzione di erbe officinali, erbe aromatiche, coltivazioni di
orticole e piccoli alberi da frutto, ha una potenza di 2,15 MW e la
produzione di energia è pari al 28% del consumo domestico della
popolazione locale, cioè 3.086 persone. Il secondo, a Castelvetro Piacentino,
in provincia di Piacenza, sorge su una superficie di 8,6 ettari, ha una
potenza di 1,3 MW e una produzione di energia pari al 20% del consumo
domestico locale, cioè 1.083 persone. Da poco è entrato in funzione
anche l’impianto di Monticelli d’Ongina, in provincia
di Piacenza, su un terreno agricolo di 21 ettari dove è stato seminato
il frumento; ha una potenza di 3,2 MW e una produzione di energia pari
al 49% del consumo domestico locale, cioè 2.631 persone.
L’agrovoltaico è utile soltanto agli agricoltori?
No, potrebbe incentivare i residenti
delle aree urbane che non dispongono di superfici adeguate alla
produzione di energia elettrica per i propri fabbisogni ad avvalersi
delle superfici agricole limitrofe ai centri urbani: queste superfici
agricole per la loro collocazione tendono ad essere abbandonate per
diventare oggetto di speculazione edilizia. Con la costruzione
dell’impianto non cambierebbero destinazione d’uso, potrebbero essere
coltivate per almeno 20 anni, produrrebbero un reddito integrativo che
consentirebbe agli agricoltori di evitare l’abbandono finalizzato
all’edificazione, continuando a costituire il polmone verde a corollario
delle aree urbane.
Quali sono i costi?
I costi sono di poco superiori rispetto
ad un impianto a terra per via della tensostruttura e degli inseguitori
solari biassiali, costi che vengono però compensati dalla maggiore
produzione di energia elettrica e dalla dismissione dell’impianto a fine
vita che permette di vendere i materiali utilizzati, che vengono
riciclati completamente e possono essere riutilizzati.
Quali sono i vantaggi?
Se realizzassimo impianti di certe
dimensioni potremmo ottenere un costo dell’energia vicino a quello
attuale e il vantaggio per le famiglie sarebbe quello di poter fissare
il prezzo dell’energia per 25 anni. Perciò, non costi e ricavi, ma costi
e benefici. Naturalmente incidono anche le politiche energetiche dei
vari Paesi e l’area geografica dove vengono installati gli impianti,
cioè dalla maggiore o minore insolazione.
Se noi adottassimo una dinamica di
scambio sul posto, ovvero se producessimo l’energia dove deve essere
consumata, cioè vicino a casa, alle famiglie che la consumano, potremmo
raggiungere la “grid parity” in poco tempo, questo ci permetterebbe
anche di essere autonomi dal punto di vista energetico. È questo il
modello collettivo a cui abbiamo pensato perché l’efficienza energetica è
un’opportunità per molti cittadini che intendono mettersi al riparo
dalla variabilità dei prezzi delle fonti fossili.
In quanto tempo si vedranno i rendimenti?
I rendimenti si possono capire
immediatamente perché il business plan è noto fin dall’inizio e senza
essere soggetto a speculazione energetica. Immediati perché viene
calcolata una resa di produzione energetica negli anni sulla base della
zona geografica dove viene installato l’impianto e sulla base delle
tariffe di vendita e, nel caso italiano, di quelle del GSE.
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