di Ilaria Cucchi
Lo shock inferto agli increduli spettatori da quelle terribili immagini di disperazione e terrore mortali, richiama alla memoria la terribile immagine dei pantaloni di Giuseppe Uva, morto a Varese per cause analoghe, dopo una notte trascorsa all'interno della caserma dei Carabinieri, per un arresto abusivo ed un altro trattamento sanitario obbligatorio discusso, sui quali un Giudice ha invano ordinato di indagare.
Lo shock inferto agli increduli spettatori da quelle terribili immagini di disperazione e terrore mortali, richiama alla memoria la terribile immagine dei pantaloni di Giuseppe Uva, morto a Varese per cause analoghe, dopo una notte trascorsa all'interno della caserma dei Carabinieri, per un arresto abusivo ed un altro trattamento sanitario obbligatorio discusso, sui quali un Giudice ha invano ordinato di indagare.
Sono 78 le macchie di sangue che
imbrattano i pantaloni di Giuseppe, 78! La più grande, di ben 16cm x 10,
ne imbratta tutto il cavallo. Essa è un formidabile atto di denuncia,
tremenda denuncia, di ciò che ha dovuto subire il povero fratello di
Lucia. Dimenticavo! Le sue scarpe da tennis nuove, appena comprate, sono
consumate in modo evidente sulle punte. Schizzi di sangue pure lì. Ma
pensate che tutto questo possa servire a scuotere le coscienze della
cosiddetta società civile sulla necessità di un'immediata adozione della
legge sulla tortura? La situazione è diventata veramente imbarazzante:
tante volte si è tentato di portarla in Parlamento per la sua
approvazione, tante volte è rimbalzata indietro vanificando ogni sforzo
di quei parlamentari (per la verità pochi) che se ne sono fatti
promotori. Perché?
Di quante altre vittime abbiamo bisogno per renderci conto che il nostro Paese, oggi, non è degno di qualificarsi come civile e democratico secondo i dettami dell'Onu? Ma purtroppo in questa inqualificabile omissione vedo una coerenza di fondo, nella quale il sistema Giustizia non garantisce che la legge sia uguale per tutti, non garantisce la certezza della pena, non garantisce verità e giustizia alle vittime dei reati, soprattutto quando a commetterli sono appartenenti ad istituzioni dello Stato.
Anche i Giudici si sono ormai resi conto di ciò. Si veda il caso Aldrovandi, nel quale 4 poliziotti sono stati condannati a tre anni e sei mesi di reclusione con sentenza definitiva, per l'uccisione di Federico. Orbene i Giudici che si sono occupati del processo hanno a chiare lettere dato merito al legale di Patrizia, che è poi pure il mio e di Lucia, di aver coraggiosamente fatto in modo che il caso divenisse oggetto dell'attenzione di tutti i media locali prima, nazionali, poi.
Senza quel legale, senza le sue investigazioni compiute con ostinato puntiglio e vigore, "la vicenda della morte di Federico Aldrovandi sarebbe stata un caso di negata giustizia". Così è scritto testualmente nelle sentenze. Così in effetti è stato. Diamogli pure tutti i meriti che gli competono di diritto. Ma, dico, è giusto tutto questo? E' condivisibile e corretta una Giustizia che viva e si alimenti di eroi per caso e vittime mediatiche in un reality che si ciba delle drammatiche umane vicende in una sequenza orripilante nella quale vengono masticate e digerite senza che la società civile mai si soffermi a rifletterci come indiscutibilmente meriterebbero?
Sono persone, vere come vere sono le inumane sofferenze cui sono costrette e ristrette. Eppure, se qualcuno dovesse entrare, che so, in una banca o in un supermercato o in altro abituale luogo di lavoro e chiedesse agli astanti che ne pensano della tortura molti risponderebbero che non è un problema che ci riguardi. Ma se parlassimo loro di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi ecc ecc allora le stesse persone, si soffermerebbero a pensarci un attimo in più. Abbiamo ancora bisogno di vittime eroi e quant'altro. Quando non sarà più così, ne sono certa, vivremo in un mondo migliore.
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