intervista a Roberto Grendene di Giacomo Russo Spena
“Se nella maggioranza di governo si fanno largo proposte e politiche clericali, ben poca laicità si intravede nelle contro proposte delle minoranze”. Il quadro – da cui si evince un’intera classe politica ostile alla laicità – è delineato da Roberto Grendene, attivista dell’Unione degli Atei e degli Agnostici razionalisti, nonché responsabile della campagna La fede non è uguale per tutti. Non esponiamola nelle scuole, iniziativa contro l’affissione del crocifisso nei luoghi pubblici lanciata dall’Uaar in occasione dell’inizio dell’anno scolastico. “Il successo è andato oltre le nostre aspettative – spiega – 330mila persone raggiunte, 23mila interazioni e tanti suggerimenti inoltrati nei commenti”.
Perché questa nuova iniziativa contro il crocifisso?
Non abbiamo voluto porre la questione della presenza del crocifisso in aula nei soliti termini, che vedono la semplicistica contrapposizione tra favorevoli e contrari. Abbiamo invece cercato di far riflettere sul tema più ampio dell’esposizione a scuola dei simboli di fede. Di qualsiasi fede, sia essa religiosa, sportiva, politica. Ci scandalizzeremmo tutti se nelle aule venisse esposto il gagliardetto della Juventus, per non parlare del caso in cui venissero esposti simboli di partiti politici. Eppure i termini della questione rimangono invariati: il crocifisso è un simbolo di parte e affiggerlo in un luogo istituzionale, e nel luogo deputato all’istruzione pubblica in particolare, diventa un’azione istituzionale di esclusione.
Come è terminato il sondaggio, da voi lanciato, su quali immagini, frasi e simboli siano più appropriati per le scuole pubbliche al posto del crocifisso?
Le idee emerse sono state davvero tante, da cartine geografiche all’immagine della Terra vista dallo spazio, dalla foto di Falcone e Borsellino a quella del Presidente della repubblica, da citazioni letterarie a concedere la libertà agli studenti di esporre ciò che sarà di volta in volta ritenuto da loro importante.
Sono state proprio le tante proposte avanzate che ci hanno spinto a proporre una nuova fase della campagna. Abbiamo scelto quattro idee, le abbiamo confezionate graficamente e abbiamo avviato una serie di sfide. La prima vede contrapporsi la Costituzione, o meglio il primo comma dell’articolo 34 “la scuola è aperta a tutti”, e la foto di grandi personaggi, come Galileo o Rita Levi Montalcini. La seconda vede di fronte la bandiera italiana e la scelta più neutra, ossia la parete libera. Nonostante il programma preveda di concludersi con un sondaggio finale tra le idee più votate in queste due sfide, il messaggio che vorremmo fosse colto è che, una volta liberato lo spazio occupato dal simbolo di fede, si aprono tante possibilità e tutte compatibili con il carattere inclusivo e educativo dell’istituzione scolastica.
Da anni l’Uaar porta avanti questa battaglia per avere luoghi istituzionali liberi da simboli religiosi, eppure il governo va nella direzione opposta. Prima dell’estate la deputata Saltamarini, Lega Nord, ha rilanciato la diffusione del crocifisso nei luoghi pubblici in quanto “patrimonio storico-culturale italiano”. Siamo ad una politica confessionale che si oppone alla laicità?
Le pressioni confessionali irrompono quotidianamente sulla scena politica, e la laicità è un obiettivo ben lontano dall’essere raggiunto nel nostro Paese. L’accelerazione che si nota nell’ultimo periodo, a volte con proposte plateali, contiene però una forte caratterizzazione identitaria: oltre ad essere branditi come simboli cristiani, crocifisso, rosario e vangelo diventano una divisa che deve essere indossata per essere considerati veri cittadini italiani. Chi rifiuta questa identità imposta e ne rivendica una autonoma, basata su scelte consapevoli, viene di conseguenza dipinto come un cittadino anomalo, un cittadino di serie B. Se l’iniziativa della deputata leghista Saltamarini ha un’impronta smaccatamente clericale, per non parlare delle proposte del senatore Pillon di ostacolare il diritto all’aborto arrivando a costringere le donne a partorire, il problema è che non si scorgono rivendicazioni che si possano definire laiche nelle altre forze politiche. Certo, vengono sollevate critiche verso quelle proposte illiberali e confessionaliste. Ma non v’è traccia di prese di posizione sostanziali e nette, come sarebbero quelle a favore di luoghi istituzionali privi di simboli di fede o della soluzione al problema rappresentato dalla piaga dei medici obiettori nei reparti di ginecologia.
Il 18 marzo 2011 la Grande Camera della Corte europea per i diritti dell’uomo ha assolto l’Italia dall’accusa di violazione dei diritti umani per l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche. Anche l’Europa difende la scelta del crocifisso?
È più esatto dire che nel 2011 la Grande Camera della Cedu scelse di non scegliere. Lasciò agli Stati membri un margine di discrezionalità nell’ambito del rispetto dei diritti umani, applicando il quale nelle aule della scuola pubblica diventava ammissibile esporre il crocifisso: in quel contesto avrebbe avuto il ruolo di simbolo passivo, di arredo scolastico privo di influenza sugli alunni che, ci mancherebbe altro, non erano obbligati a rivolgergli gesti devozionali. Fu una scelta di indifferenza che ribaltò la sentenza della Corte Europea dei diritti umani del 2009, che aveva dato ragione alle rivendicazioni sostenute dall’Uaar. L’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti aveva infatti sostenuto il ricorso di una sua socia, curando l’iter giuridico che passò dal Tar del Veneto fino alla Corte Costituzionale e al Consiglio di Stato. Per due anni si ebbe a portata di mano la prospettiva laica e civile di una scuola pubblica davvero aperta a tutti, con bambini chiamati dallo Stato a trascorrere il tempo dedicato all’apprendimento in un luogo finalmente libero da simboli religiosi.
La soluzione passa per il divieto di esporre simboli sacri in luoghi pubblici (modello francese) o per esporre tutti i simboli religiosi? Difesa della laicità o multiculturalismo?
La soluzione è quella di non esporre i simboli di fede negli uffici pubblici e nei luoghi istituzionali. Con ovvie eccezioni rappresentate dalla presenza di opere d’arte da tutelare, come potrebbe essere un crocifisso ligneo del ‘400 ma anche statue di divinità greche o romane. Esporre tutti i simboli religiosi non è una soluzione perseguibile: chi fisserebbe l’elenco dei simboli ammessi? Andrebbero inclusi anche i simboli delle associazioni filosofiche non confessionali come l’Uaar, visto che anche la Corte costituzionale, con sentenza 203/89, vieta che «il pluralismo religioso limiti la libertà negativa di non professare alcuna religione»? E i satanisti o la Chiesa pastafariana sarebbero inclusi? E le religioni oggi non più professate ma che ebbero milioni di seguaci? La retorica secondo la quale sarebbe meglio aggiungere che togliere si riduce a uno slogan vuoto alla prova dei fatti: l’opzione multiculturalista della spartizione dello spazio istituzionale con simboli di varie comunità religiose è da considerarsi sbagliata tanto quanto quella monopolista del crocifisso.
In questo ambito il caso di disobbedienza laica da ricordare è quello del socio Uaar Marcello Montagnana, che nel 1994 rifiutò di svolgere il suo incarico di scrutatore a causa della presenza del crocifisso nel seggio elettorale. Il procedimento penale a suo carico lo vide condannato prima dal Pretore e poi in Corte d’Appello, ma terminò in Cassazione con l’annullamento definitivo della condanna a suo carico. Per tornare al crocifisso in aula, segnalo il caso dell’insegnante Franco Coppoli, anch’esso socio Uaar, che durante lo svolgimento delle proprie lezioni toglieva il crocifisso dalla parete per riposizionarvelo al termine. Ha subito provvedimenti disciplinari con sospensione dello stipendio. L’Uaar ne difende le ragioni in sede legale, sostenendo che ha invece subito discriminazioni sul posto di lavoro.
E nella società qualcosa si muove?
Qualcosa è già in moto da tempo, in silenzio. Nelle scuole di nuova costruzione, o sottoposte a ristrutturazioni, affiggere il crocifisso è l’ultimo dei pensieri ed è frequente non trovarli. Ci si sofferma sul materiale didattico: lavoretti dei bimbi, regole di comportamento, l’alfabeto, le prime frasi in inglese, le cartine geografiche, la tavola degli elementi. Probabilmente nessuno si accorge della mancanza del simbolo della religione cattolica, e se qualcuno lo nota nella maggioranza dei casi non si mette a raccogliere firme per affiggerli.
Quanto è importante, in questa fase storica, il ritorno ad una laicità radicale?
Non aggiungerei aggettivi alla laicità. La laicità è una ricetta per arginare gli integralismi, prevenire prevaricazioni e fissare buone regole di convivenza. Per una società sempre più frammentata sotto il profilo delle scelte in materia religiosa, come risulta essere la nostra, avere come direttrice la laicità assicurerebbe maggiore rispetto reciproco e una crescita di civiltà.
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