giovedì 27 settembre 2018

PEACEKEEPING , LA GUERRA SOTTO FORMA DI PACE

di Massimo Fini dal Fatto Quotidiano

Martedì pomeriggio,  n el l ’ am bi to de ll ’ As sem bl ea del l’Onu centrata sull’approvazione del documento Action for peaceke ep in g, il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte ha speso lodi sperticate per le operazioni di “peacekeeping”del nostro Paese. “Peacekeeping”? Tutti sappiamo che con la  formula ipocrita “peacekeeping” si mascherano operazioni militari d’aggressione in altri Paesi. Noi abbiamo più di 30 operazioni militari all’estero che ci costano circa 1.500 milioni l’anno. Solo l’operazione Leonte in Libano può essere considerata una vera missione di peacekeeping perché le forze militari  italiane si interpongono fra due comunità, hezbollah libanesi e israeliani, che altrimenti si massacrerebbero senza pietà.
È UNA MISSIONE di p eac eke epi ng quella in Afghanistan dove contribuiamo ad alimentare una guerra che dura da 17 anni? È un’operazione di peacekeeping quella in Kosovo dove la Nato ha realizzato una delle più grandi “pulizie etniche” dei Balcani poiché i serbi che abitano in Kosovo sono scesi da 300 mila a 60 mila? È un’operazione di pe ac ek ee pi ng quella in Iraq dove siamo a supporto degli americani in funzione anti-iraniana? È un’operazione di p ea c ek e e pi n g q u e ll a in Somalia dove abbiamo contribuito ad abbattere il governo degli
Shabaab che avevano riportato l’ordine e la legge in un Paese dove infuriava un conflitto civile fra i “signori della guerra” locali per met-tere al loro posto un governo fantoccio sostenuto dagli Usa attra-verso l’aggressione della molto de-mocratica Etiopia? Adesso in So-malia è ritornata una guerra civile che fa decine di migliaia di morti e gli Shabaab si sono uniti, giusta-mente, all’Isis. È un’operazione di peacekeeping quella in Mali dove ifrancesi hanno aggredito le popo-lazioni del nord, cioè i Tuareg, nomadi, laici? E adesso i Tuareg si sono uniti, giustamente, ai radicali islamici di quell’area. E fermiamoci qui per carità di patria.

Conte ha poi tri-butato grandi lodi alle militari donneche partecipano a queste operazioni. In particolare sa-rebbero molto utili perché, a diffe-renza dei maschi, sanno instaurareaffettuosi rapporticon i “disgraziati bambi i” che abitano in quelle zone. Ma quei “disgraziati bambini”non sarebbero affatto tali se non cifossero i militari impegnati a fare una guerra mascherata da “operazione di pace”. Inoltre, a parer mio, le donne non dovrebbero essere impegnate in guerra. Le donne, che danno la vita, sono sempre state contrarie a queste carneficine. A-desso fanno la guerra, ma non fan-no più figli. L’articolo 11 della Costituzione recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Coprire le guerre barattandole come “operazioni di pace” è un modo per aggirare la Costituzione e turlupinare i cittadini che ancora vi credono.
Peraltro alla Costituzione possono credere solo Travaglio e i suoi supporter, perché nella Costituzione, lo dico con il massimo rispetto per i nostri Padri fondatori, c’è tutto e il suo contrario. È una dichiarazione di princìpi che non ha nessuna concretezza. E infatti i pragmatici inglesi non ce l’hanno nemmeno. Prossimamente verrà votato il “r if i n an z i am e n to ” delle nostre operazioni, ma io le chiamerei piuttosto occupazioni, all’estero. Alla Versiliana Luigi Di Maio, su mia sollecitazione, si è impegnato pubblicamente a ritirare il nostro conntingente dall’Afghanistan, che non solo è una delle operazioni di peacekeeping che ci costa di più ma è soprattutto una delle più infami perché, sempre per servire gli americani, occupiamo un Paese dove tutta la popolazione (tranne quella corrotta a suon di dollari Usa), talebana, non talebana, anti-talebana, vuole solo che le truppe straniere se ne tornino a casa. Vedremo se Di Maio rispetterà il suo impegno. In caso contrario “vaffa” ai Cinque Stelle a cui ho dato finora fin troppo credito.

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