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Sovranista a chi? Se accettate di lasciarvi chiamare in quel modo,
fate un favore proprio a quei poteri oligarchici che vorreste
combattere. Parola di Gioele Magaldi, che avverte: c’è un equivoco,
“sovranismo” non è affatto sinonimo di “sovranità”. Che senso avrebbe,
ad esempio, tornare alla lira, se la moneta nazionale fosse gestita nel
modo sciagurato che fu introdotto nel 1981 dai massoni Ciampi e
Andreatta ben prima dell’avvento dell’euro? Un avviso a Giorgia Meloni:
va bene restituire dignità all’Italia, ma senza «nostalgie
“conservatrici” per chissà quale buon tempo andato». L’ex guru di Trump,
Steve Bannon? «Un personaggio folkloristico e anche simpatico», il
promotore di “The Movement”, network che si propone di coordinare la
carica “sovranista” alle prossime europee. Ma siamo sicuri che, dietro
certe manovre, non ci sia lo zampino dei soliti noti? In fondo è comodo,
il recinto del sovranismo. Molto più scomodo – e più utile per tutti –
sarebbe invece costringere un oligarca come Mario Draghi a usare
finalmente l’euro a beneficio del popolo, non delle banche.
Se c’è una
cosa di cui quell’establishment marcio ha davvero paura, sottolinea
Magaldi, non è l’ambiguo sovranismo, ma la cara, vecchia sovranità
democratica: che pure avevamo, e che ci è stata confiscata dall’élite
neoliberista, dominata dai massoni neo-aristocratici che negli ultimi
trent’anni hanno cancellato l’idea stessa di Europa unita.
Autore del bestseller “Massoni”, che rivela il grande potere
di 36 superlogge sovranazionali nella cabina di regia della
globalizzazione imposta “a mano armata”, senza diritti, Magaldi –
massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt – fornisce la sua personale lettura dell’attualità ai microfoni di “Colors Radio”:
lo stesso Isis, sostiene, è un progetto criminale coltivato dalla parte
peggiore di quei cenacoli occulti, pronti a ricorrere persino
all’orrore del terrorismo stragista per alimentare la guerra
globale cui stiamo assistendo, gestita da interessi economici che si
riparano dietro il paravento delle nazioni. Supermassoni reazionari, che
sono riusciti a far rimangiare, all’Occidente, le conquiste inaugurate
proprio da Roosevelt – l’economia
espansiva fondata sul deficit positivo, secondo la ricetta del massone
progressista Keynes – e la “Great Society” dello stesso Lyndon Johnson,
alimentata dalle idee e dal coraggio di Bob Kennedy e Martin Luther
King. L’Unione Europea?
Capolavoro dell’élite neo-aristocratica, il più subdolo dei poteri:
finto-progressista e finto-democratico. Pronto, oggi, anche a liquidare
la nascente opposizione con la più comoda delle etichette, il
“sovranismo”, che di fatto «è una falsa moneta», liberamente circolante –
anche nell’Italia gialloverde – grazie a quegli stessi democratici che
accettano di farsi chiamare “sovranisti”.
«E a proposito di false monete», Magaldi ricorda di esser stato il
primo, in tempi non sospetti, ad anticipare la “profezia” oggi
rilanciata da Steve Bannon: l’Italia come unico punto di partenza
possibile, in Europa,
per una grande riscossa popolare. «Ma la riscossa che ha in mente
Bannon – precisa Magaldi – non è quella di cui parlo io e di cui parlano
i massoni limpidamente democratici: quella che abbiamo in mente noi è
una rivoluzione democratica che vada a risvegliare la democrazia
sostanziale, non soltanto in un paese ma in istituzioni sovranazionali
che devono essere funzionanti per contrastare poteri privati altrettanto
sovranazionali». Attenti alle “monete fasulle”, insiste Magaldi: in
fondo, fanno comodo «a quelle élite apolidi e post-democratiche, anzi
antidemocratiche, che poi sono le élite di natura massonica
contro-iniziatica che si dicono europeiste ma invece hanno distrutto il
sogno degli Stati Uniti d’Europa». Equivoci a reti unificate, sui media
mainstream: «Adesso sembra che la contrapposizione sia, da una parte,
tra tutti coloro che amano i valori democratici e progressisti,
liberali, “politically
correct”, e dall’altra i “sovranisti”, che sarebbero dei nazionalisti
un po’ beceri e un po’ xenofobi, ripiegati su se stessi e incapaci di
cogliere l’importanza delle costruzioni sovranazionali».
«Quando in tanti accettano di farsi definire “sovranisti” sembra che
le cose stiano così, ma non è vero», sostiene Magaldi: «Ciò che conta è
la sovranità del popolo, che significa democrazia.
E si può declinare tanto a livello nazionale quanto a livello
internazionale o sovranazionale. Anzi: per contrastare questo tipo di
globalizzazione, di segno post-democratico e neo-aristocratico, servono
strutture pubbliche, politiche, legittimate dal popolo». Strutture di
caratura anche sovranazionale, ribadisce Magaldi, «perché a chi possiede
le armi atomiche non si fa la guerra
con archi e frecce, da un avamposto locale o nazionale», per di più «in
un contesto nel quale si muovono forze che penetrano le nazioni e
riescono addirittura, dentro le nazioni, a creare dei cavalli di Troia o
delle quinte colonne che poi ti levano la sedia da sotto il sedere». La
parola da usare, oggi, è un’altra – sovranità popolare – declinata in
Italia e nel resto del mondo, senza frontiere. «E a tutti coloro che
tacciano i loro nemici di “sovranismo”, chiederei: ma perché, voi non
siete per la sovranità popolare? Siete per la sovranità di gruppi
oligarchici apolidi e sovranazionali?».
Meglio essere chiari, dice sempre Magaldi: «Chi si schiera tra i
conservatori e contro la sovranità popolare evidentemente ha in mente
una idea di governance (locale, globale, nazionale) di tipo
neo-aristocratico: ed è proprio nel passato conservatore,
tradizionalista, che le pulsioni democratiche si sono dovute affermare
con fatica». D’ora in avanti, annuncia l’autore di “Massoni”, il
Movimento Roosevelt «farà una campagna politico-pedagogica proprio su
questi temi, e anche sul termine “sovranista”». E insiste: «È un
equivoco, il sovranismo: il rispetto per la sovranità popolare dovrebbe
essere patrimonio condiviso di tutti». La prima a calpestarla, la nostra
sovranità, è proprio l’antidemocratica Unione Europea,
«gestita da personaggi impresentabili come frontman delle istituzioni:
personaggi screditati e davvero indegni di rappresentare il grande sogno
europeo». Punto primo: bocciare un’Europa
«dove la Bce è l’organo più potente di comando», e dove il Parlamento
Europeo non conta quasi niente eppure «si esprime in modo vergognoso,
come ha appena fatto nel caso della legge sul copyright, la censura al
web». Il punto di svolta? «Una Costituzione politica europea, che imponga di usare l’euro per favorire il
benessere collettivo». Sarebbe la fine della speculazione contro gli
Stati, la fine del ricatto dello spread. Ora più che mai, servirebbe
«una coesione europea in grado di avere anche una politica estera comune», e invece «oggi non c’è nessuna Europa».
Il recupero della democrazia,
riconosce Magadi, passa certamente per il ritorno alla sovranità
monetaria: «La moneta – europea o nazionale, non importa – deve essere
amministrata dai rappresentanti del popolo». Le banche centrali? Già
prima dell’Eurozona erano «degenerate in un potere autonomo, un potere
che poi è diventato sovraordinato addirittura a quello delle
istituzioni politiche democratiche». Così le banche centrali hanno
tradito il loro mandato: «Dovevano invece, in ultima istanza, rispondere
alle esigenze dei popoli sovrani». Rivendicare un ritorno alla lira?
Inutile, se poi la moneta nazionale non viene gestita in termini
democratici. Magaldi ricorda «il famigerato divorzio tra Bankitalia e
ministero del Tesoro del 1981, favorito dai massoni Beniamino Andreatta e
Carlo Azeglio Ciampi, che agivano per conto di circuiti massonici non
progressisti bensì neo-aristocratici». Quello strappo determinò già
negli anni ‘80 «un aggravio enorme per le casse dello Stato, in termini
di interessi sul debito pubblico», visto che la banca centrale
«smetteva, in fondo, di garantire l’acquisto dei titoli di Stato
italiani». Già quello, osserva Magaldi, era un modo per mettere la lira
in difficoltà.
Quindi, più che tornare alla valuta nazionale, «bisognerebbe preoccuparsi di rendere l’euro una moneta che dipenda da un potere
politico democraticamente legittimato». E cioè: bisogna smettere di
avere un euro «che viene gestito a discrezione della Bce, senza che
nessun potere
politico democraticamente legittimato possa intervenire». La Banca
Centrale Europea? Lo sappiamo: «Pur essendo un istituto di diritto
pubblico è proprietà anche di privati e risponde a logiche del tutto
apolidi, sovranazionali, sganciate da qualunque livello politico
democratico: questo è il problema». Finora, l’euro è stato governato «da
quel funesto personaggio di Mario Draghi, che ha utilizzato la moneta
europea per favorire sostanzialmente banche e interessi finanziari». Ha
grandi colpe, il “venerabile” Draghi, spesso spacciato come paladino
dell’Italia. Niente di più falso. Non c’era affatto il benessere del
Balpaese, nella “mission” del super-tecnocrate di Francoforte, “regista”
delle privatizzazioni italiane dall’epoca del Britannia, poi passato
dal Tesoro a Bankitalia, alla Goldman Sachs, alla Bce. «Draghi non ha
mai pensato di fare in
modo che da questa moneta potesse venire un rilancio economico sociale
del continente stesso. E allora, poi, si capisce perché la gente abbia
vagheggiato il ritorno alla lira».
La moneta, però, resta un mezzo. Il problema vero? E’ il timone
politico: «Una Costituzione europea democratica, e un Parlamento Europeo
che emani democraticamente un Consiglio dei ministri, mettendo fine a
queste farlocche Commissioni Europee, che sono degli ibridi che non
dicono nulla». Il vero obiettivo, chiarisce Magaldi, è un governo
europeo finalmente legittimato dal voto popolare. Un euro-governo
democratico, «che abbia il potere
di indirizzare le strategie della Bce e di utilizzare la moneta euro a
favore dei popoli, e non contro i popoli». Come arrivarci? Magaldi,
nonostante tutto, si mostra fiducioso nelle piccole crepe che il governo
gialloverde sta aprendo, nel Muro di Bruxelles. E saluta con favore il
possibile avvento di Marcello Foa alla presidenza della Rai: «Non
condivido alcune sue idee, ma mi risulta che sia un uomo libero: come
presidente Rai sarebbe di gran lunga migliore dei suoi predecessori». Da
giornalista indipendente, Foa è stato tra i primi a dare il benvenuto
alla speranza gialloverde, intesa come possibile recupero di sovranità
democratica. Tutto giusto, secondo Magaldi, a patto che si abbia ben
chiaro il fatto che l’establishment italiano ha adottato gli stessi
metodi dell’aborrita oligarchia europea: «Il governatore di Bankitalia,
Ignazio Visco, si permette il lusso di dire che non bisogna sforare i
parametri di spesa, del tutto irrazionali e vessatori, stabiliti dagli
euro-burocrati. La Banca d’Italia che detta le regole al governo? Deve
accadere esattamente il contrario».
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martedì 25 settembre 2018
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