Ci dicono da più parti: “c’è un pericolo di fascismo, la destra è al governo, c’è necessità di una unità più grande”.
E’ vero. E lo sappiamo bene.
E’ vero. E lo sappiamo bene.
A Roma, giovedì mattina, hanno sgomberato con la forza, da una casa popolare, una donna di 70 anni, sola, con la pensione al minimo (500 euro al mese). Una “squadretta” di vigili urbani in tenuta antisommossa ha aggredito gli attivisti che hanno tentato, come mille altre volte, di impedire questo sconcio, ordinato senza neanche preoccuparsi di trovare prima una soluzione alternativa per l’anziana. Per esemplificare al meglio il nuovo corso disegnato dal “decreto Salvini sulla sicurezza”, i vigili hanno proceduto anche all’arresto di quattro degli attivisti.
A ordinare questa vergogna il nuovo comandante dei vigili urbani di Roma, con un curriculum pieno di iniziative dello stesso genere nel corso degli ultimi 30 anni, promosso in questa carica dalla sindaca espressione di un “Movimento” che prometteva di cambiare volto a una città e all’Italia. Ma che ha promosso i peggiori esempi di cosa non si deve fare per governare con intelligenza e competenza una capitale. Era accaduto già con Raffaele Marra e suo fratello (anche lui proveniente dal “serbatoio” dei vigili urbani). Succede e succederà ancora con altri. Questo è il fascismo che avanza, quello istituzionale, che è più solido e pericoloso degli squadristi di CasaClown.
Questo sconcio è avvenuto nel giorno in cui un “governo del cambiamento” brindava alla “manovra del popolo” per aver deciso – metterlo in pratica sarà tutt’altra roba – di alzare un po’ il livello del deficit per il prossimo anno e fare un po’ di scena sulle “promesse realizzate”.
Un governo che giura di “eliminare la povertà” ma che procede a colpi di decreti, sfratti, aumenti delle tariffe (luce e gas) verso l’eliminazione fisica dei poveri. E che, di conseguenza, si premura soprattutto di rendere illegale ogni resistenza, politica e sociale.
Tra gli arrestati di ieri spiccano i nomi di Giacomo e Federico, attivisti dell’Asia Usb, protagonisti da anni della lotta per la casa a Roma. Sono stati anche candidati di Potere al Popolo!, alle elezioni politiche e/o alle circoscrizionali romane di primavera. Federico era stato anche presente alla conferenza stampa che lanciava la lista, alla Camera, distinguendosi per il dover andare via in anticipo perché doveva andare a lavorare. Cose che capitano ai precari, non certo agli abitué del Palazzo…
Questi arresti, in definitiva, ci permettono di chiarire meglio, e molto concretamente, cosa deve essere Potere al Popolo! La discussione in corso sullo statuto, infatti, si presta fin troppo facilmente a stiracchiamenti da avvocaticchi, a lunghe tirate su princìpi sacrosanti ma spesso raggelati nell’empireo dell’astrazione, o della forma senza sostanza, come la scarpa senza il piede.
Al nostro blocco sociale – lavoratori con ogni tipo di contratto ed anche senza, pensionati, disoccupati, studenti, senza casa, migranti, ecc – serve una rappresentanza politica e un’organizzazione in grado di unire i mille momenti di conflitto e resistenza sociale, altrimenti condannati all’isolamento nel “chilometro zero”, e quindi facilmente circondati e sconfitti.
Serve o servirebbe anche una rappresentanza elettorale credibile, che fa quel che dice, che ne sostiene gli interessi materiali e ideali. Che non parla di “alternativa”, ma la pratica. Che non baratta il programma di lotta collettivo con qualche poltrona personalizzata (in un consiglio comunale o in una “società partecipata”).
Servono attivisti che si alzano alle 5 di mattina per andare a impedire uno sfratto o a sostenere un picchetto fuori una fabbrica che chiude; che sono presenti dove c’è un problema, che organizzano comitati di quartiere per risolvere problemi grandi e piccoli altrimenti destinati a incancrenire, avvelenando la vita collettiva.
Servono attivisti che – come a Rocca di Papa, Tiburtino III e Casalbruciato, per ricordare fatti solo delle ultime settimane – ci sono e sono conosciuti dai residenti quando c’è da respingere i tentativi di infiltrazione fascista.
Servono attivisti che arrivano in orario quando c’è da volantinare, manifestare, aprire uno sportello, riunirsi in assemblea. Perché il tempo di ognuno è prezioso e non va sprecato, ma soprattutto perché buttarlo via in vane attese deprime anche lo spirito più militante.
Servono attivisti che pensano camminando, ragionano correndo, intuiscono e intervengono prima che qualcuno glielo “ordini”, che hanno fame di fare qualcosa, che esprimono un’opinione perché sanno qualcosa del problema di cui si discute (“chi non fa inchiesta non ha diritto di parola”, spiegava Mao).
Servono attivisti che studiano e scrivono perché è necessario per tutti conoscere ciò non sappiamo ancora, non per “farsi un nome”.
Si avverte un po’ meno – diciamo così… – il bisogno di “pacchetti di tessere”, di liste di nomi tirate fuori da un cassetto quando c’è da votare un segretario o un coordinatore a qualsiasi livello, di “assemblee territoriali” che appaiono e scompaiono con la stessa cadenza temporale e per lo stesso motivo.
Si avverte un po’ meno, insomma, l’esigenza di “contare” adesioni su carta, di far finta che ci siano “oltre cento aderenti” in un posto dove non si riesce a metterne insieme cinque per fare un volantinaggio o un banchetto firme sotto una proposta di legge di iniziativa popolare.
Serve un’alternativa che cammini per le strade, salga le scale dei casermoni di periferia, agisca nelle fabbriche e nei supermercati, stia negli uffici e tra i riders, nelle scuole e nelle università, nelle file della sanità o alla posta.
Non si avverte invece affatto il bisogno di una “alternativa” ridotta a parola, a straccio agitato per raccattare qualche voto, ripetuta ossessivamente negli incontri tra frammenti di ceto politico che cercano di ovviare allo sradicamento sociale assemblandosi cento volte nello stesso modo.
Non è una distinzione generazionale (“nuovo” e “vecchio” non significano nulla), non è una distinzione tra iscritti a qualche partito e “cani sciolti”, non è un differenziazione tra “movimentisti” e “partitisti”.
Abbiamo bisogno di tutti e anche di tantissimi altri ancora. Per fare, non per discettare. Altrimenti il fascismo trionfa e poi ne discuteremo dentro la galera.
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