venerdì 28 settembre 2018

Ivo Zini, 40 anni dopo.

Roma, quartiere dell'Alberone, davanti alla sede del PCI.
Una sera di quarant'anni fa – il 28 settembre del 1978- Ivo Zini stava leggendo l'Unità che avevamo affisso la mattina sulla bacheca della sezione. Insieme a due suoi amici stava consultando la pagina dei cinema, per scegliere il film che avrebbe voluto vedere.



Ma quel film non l'avrebbe mai visto. Due fascisti su una motoretta si fermarono all'altezza di Ivo Zini e degli altri due ragazzi e uno dei due fascisti tirò fuori la pistola e colpì Ivo Zini e uno dei due suoi amici. Ivo, morì all'ospedale di San Giovanni poco dopo.
L'assassinio fu rivendicato dai NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari): fu un atto gratuito e insensato come tanti di quel periodo. A marzo del 1978 erano stati assassinati Fausto e Iaio, del Leoncavallo. L'anno prima (1977) ma nello stesso periodo (30 settembre) era stato assassinato Walter Rossi. Nel 1979 a Tor Pignattara, veniva ucciso da un fascista Ciro Principessa, un militante della FGCI, sottoproletario e operaio che morì per difendere la sua biblioteca popolare. La lista di quegli anni è lunga (anche quella delle barbare uccisioni dei ragazzi di destra, come il 7 gennaio del 1978 a via Acca Larentia) e non siamo qui per ripercorrerla.

Ivo Zini si era appena laureato in Scienze Politiche, era di sinistra, un giovane appassionato di cinema e aperto alla vita, come tanti della sua generazione. Fu preso alle spalle, vittima di un assassinio efferato e folle (e che fu criticato anche da alcune frange dell'estrema destra): un atto di brutalità, di puro terrorismo, di violenza disumana.
A quarant'anni di distanza dall'omicidio di Ivo Zini, bisogna avere memoria e fare tesoro di un sacrificio che ci interroga ancora oggi. Non ci sono più gli "anni di piombo", ma cresce in questi mesi sempre di più un clima assai preoccupante: intollerante, razzista, "revisionista" verso il fascismo. La fogna -di rancore, violenza, brutalità- che si sta scoperchiando in questi ultimi tempi -con la complicità di una parte delle "classi dirigenti"- non porta a nulla di buono.
La memoria di Ivo Zini ci sia da insegnamento per il futuro.

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