Nel licenziamento di Micaela Quintavalle – autista e sindacalista dell’azienda dei trasporti di Roma – c'è lo svelamento dei 5 Stelle "di governo", alla guida della Capitale da quasi 2 anni e mezzo tra infiniti problemi, promesse disattese e grandi delusioni: sempre pronti a benedire chi denuncia reati e situazioni incresciose nei luoghi di lavoro, salvo scaricarlo quando si trovano dall'altra parte della barricata.
micromega Mauro Favale
Quando a luglio, in gran segreto, l'hanno convocata in Campidoglio
per farle "il processo", ha capito che ormai la strada verso il suo
licenziamento era tracciata. Volevano che chiedesse scusa, che
accettasse di mettersi in aspettativa non retribuita per due mesi, che
cambiasse mansione, da autista a "verificatrice". E a chiederglielo, era
proprio Marcello De Vito, il presidente dell'Aula Giulio Cesare per il
quale lei aveva fatto campagna elettorale con tanto di audio che
circolava alla vigilia delle elezioni, giugno 2016. Quoque tu, M5S?
Già, perché nel licenziamento di Micaela Quintavalle dall'Atac,
formalizzato ieri dall'azienda con una lettera, c'è lo svelamento dei 5
Stelle "di governo", alla guida di Roma da quasi 2 anni e mezzo tra
infiniti problemi, promesse disattese e grandi delusioni. Una storia
piccola, quella della "pasionaria dell'Atac", così era stata
ribattezzata la Quintavalle, 38 anni, studentessa di Medicina, ma
soprattutto autista e sindacalista (a capo della battagliera sigla M410)
nella scalcagnata azienda dei trasporti di Roma, attualmente sotto
procedura di concordato preventivo.
Una storia piccola che però racconta molto del "metodo M5S",
all'opposizione sempre pronto a benedire il "whistleblower", chi
denuncia reati e situazioni incresciose nei luoghi di lavoro, salvo
scaricarlo quando si trova dall'altra parte della barricata. Così è
accaduto alla Quintavalle che a maggio aveva raccontato in tv, alle
Iene, quello che anche la procura di Roma, mesi dopo, avrebbe
confermato: sugli autobus che circolano nella capitale non si fa la
manutenzione necessaria.
Ci sarebbe questo (e non presunti sabotaggi denunciati
dall'azienda) alla base delle fiamme che, dall'inizio di quest'anno,
hanno avvolto 21 autobus. La Quintavalle l’aveva spiegato alle Iene,
indossando la divisa dell'Atac, prima di cominciare il suo turno di
lavoro, pochi giorni dopo il rogo che aveva avvolto un mezzo in via del
Tritone, a 300 metri da Palazzo Chigi. Parole che le erano costate un
provvedimento disciplinare e una sospensione, durata, fino a ieri, 128
giorni.
In altre situazioni, i 5 Stelle avrebbero capitalizzato
elettoralmente quella denuncia, così come avevano fatto tre anni fa,
quando le battaglie della Quintavalle (tra scioperi più o meno selvaggi)
erano state cavalcate da Virginia Raggi, De Vito e company in funzione
anti-Marino. Stavolta, invece, nessuna voce si è alzata a difendere l’ex
sostenitrice che ieri, in lacrime, ha annunciato in diretta Facebook il
suo licenziamento: non Raggi (che da tempo evita accuratamente di
esprimersi su questioni ben più scivolose, dal bilancio comunale ai
destini di Ama), non De Vito (che pure, a maggio, si era schierato dalla
parte della sindacalista per trasformarsi poi in singolare mediatore, a
luglio, delle richieste dell’azienda per il reintegro della
Quintavalle), né, tantomeno, i big nazionali che tre anni fa si
sbracciavano per sostenere le battaglie dei dipendenti Atac.
Come Alessandro Di Battista che nel 2015 spese tutto il suo carisma
per chiedere (con successo) il reintegro di un altro autista, Christian
Rosso, all’epoca sospeso come lo era fino a due giorni fa la
Quintavalle, per aver raccontato sui social i disservizi dell’azienda.
Altri tempi, appunto, quando i 5 Stelle erano all’opposizione. Al
governo, dal Campidoglio a Palazzo Chigi, è tutta un’altra musica.
Nessun commento:
Posta un commento