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La Guardia di Finanza ha arrestato alcuni malviventi marocchini che
gestivano diversi extracomunitari, prevalentemente clandestini, occupati
in attività agricole nel forlivese: paghe fino a 6 euro al giorno per giornate di 14 ore di lavoro agricolo durissimo. Prima considerazione: se non ci fossero regole nel mondo del lavoro,
il liberismo sfrenato porterebbe a rendere “normali” situazione come
quella descritta. Seconda considerazione: gli imprenditori italiani
hanno bisogno di lavoratori così sfruttati per tenere bassi i costi di
produzione o per realizzare sovraprofitti? Terza considerazione: se è
per tenere bassi i costi (e non importare prodotti a basso prezzo, ad
esempio dal Nordafrica), non sarebbe meglio cambiare modello economico e
basarsi sullo sviluppo locale, l’autoproduzione, i km zero anche
introducendo monete complementari che spiazzino le merci della globalizzazione?
Quarta considerazione: se è per realizzare un sovraprofitto, allora è
necessario stabilire minimi salariali tali da interessare
l’assorbimento di disoccupati locali e rafforzare i controlli
amministrativi perché il supersfruttamento dei lavoratori venga bandito.
Conclusione: prima bisogna stabilire il salario minimo e farlo
rispettare anche con la forza dello Stato; poi e solo poi, valutare se
non ci sono lavoratori disponibili, ovvero se non è meglio modificare il
modello economico. Nel senso di favorire la sostituzione delle
importazioni anche attraverso il pratico strumento della introduzione, a
livello locale, di una valuta di basso pregio, che possa circolare solo
su un territorio circoscritto (all’incirca un quarto o un quinto di una
provincia media) garantendo, così, lo spiazzamento dei prodotti della globalizzazione.
Ciò rappresenterebbe un fortissimo sostegno all’occupazione, un
importante incentivo all’emergere del nero e del grigio, senza nessuna
compromissione di chi volesse risultare in grado di esportare i prodotti
del made in Italy di notevole qualità. La qualità dev’essere la forza
del made in Italy ed il prezzo di vendita (costo di produzione +
profitto) dev’essere la discriminante tra la merce veramente made in
Italy (da esportare in valuta internazionale) e quella, sì prodotta in Italia, ma da commercializzare prevalentemente a livello locale.
(Nino Galloni, “Cosa dobbiamo capire della presenza dei clandestini in Italia”, da “Scenari Economici” del 22 settembre 2018).
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lunedì 24 settembre 2018
Galloni: perché l’Italia attira e sfrutta lavoratori clandestini
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