L’assemblea a Foggia dell’Unione Sindacale di Base, dedicata alla presentazione della Piattaforma sindacale per un giusto riconoscimento dei diritti contrattuali, sociali e sindacali di chi lavora la terra,
oltre ad essere stata un ottimo momento di rappresentazione pubblica
del lavoro che l’USB alimenta nel settore agricolo e bracciantile del
nostro paese, ha rappresentato, senza ombra di dubbio, un ulteriore
tassello politico ed organizzativo verso la definizione di un nuovo
movimento operaio.
Sono
anni che l’USB organizza i lavoratori immigrati che si spaccano la
schiena nelle campagne della Capitanata, nella Piana di Goia Tauro ed in
tantissimi altri luoghi (tra cui Saluzzo, nel profondo Nord dell’Italia).
Una attività organizzata che sta ridando visibilità, dignità ed
orgoglio a migliaia di fratelli immigrati che costituiscono la forza
lavoro necessaria (gestita con modalità schiavistiche e da un collaudato
intreccio affaristico, speculativo e criminale) su cui si regge
l’intera filiera dell’agro alimentare e di gran parte del business del made in Italy.
Era
necessario – quindi – dopo un estate iniziata con l’omicidio di
Soumalia Sako e continuata, tragicamente, con la strage di agosto dei
berretti rossi, che l’USB tornasse a fare il punto politico e
programmatico sull’organizzazione dei braccianti, sulle mobilitazioni e
vertenze in corso in molte regioni, ed ai tavoli nazionali dei Ministeri
interessati alla materia.
Un
appuntamento – questo di Foggia – che ha lanciato una vera e propria
Piattaforma, articolata in 10 punti, e denominata, non a caso, Agricoltura/Eticoltura
per meglio evidenziare non soltanto l’impegno di un urgente
miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro di chi è impegnato
nei campi e nelle fattorie, ma anche le linee generali di un Codice
Etico per tutto il settore agricolo, per l’industria
dell’agro/alimentare e per i circuiti della Grande Distribuzione
Organizzata.
Una Eticoltura
non basata su astratte e formali dichiarazioni generiche a favore dei
“diritti” o del “lavoro buono” – francamente, a fronte della
drammaticità materiale in cui vivono e lavorano i braccianti, è un
esercizio che lasciamo volentieri ad altri – ma una accertata sequenza
di rigorosi controlli, garanzie legislative e contrattuali a favore dei
diritti di chi lavora, dei consumatori e di quanti, a vario titolo, sono
impegnati lungo tutto l’arco della produzione, della raccolta, della
trasformazione e della commercializzazione dei prodotti della terra.
Una
proposta politico/sindacale a tutto tondo avanzata da un moderno
sindacale confederale – come l’Unione Sindacale di Base – mentre
invece, lo scorso 19 giugno 2018, i sindacati complici (Cgil, Cisl e
Uil) hanno sottoscritto con Confagricoltura, Cia e Coldiretti il nuovo
Contratto Collettivo Nazionale “Operai Agricoli e Florovivaisti” che –
scandalosamente – prevede aumenti salariali pari al 1,7% (ossia circa un
Euro al giorno).
Da
qui l’urgenza, ma anche il valore politico dell’assemblea di Foggia
dove, oltre ai delegati del Coordinamento Lavoratori Agricoli USB, sono
intervenuti alcuni amministratori locali, assessori e sindaci di
località dove insistono vertenze che l’USB promuove, ma anche il
giornalista Gad Lerner, che da mesi produce reportage sulle condizioni
di vita degli immigrati, e Christian Alliaume, del settore agricolo
della Federazione Sindacale Mondiale (WFTU), il quale ha illustrato
l’azione antisociale dell’Unione Europea e dei suoi piani di politiche agricole nell’intera area continentale.
Un
momento importante dell’assemblea di Foggia è stato rappresentato
dall’intervento della nipote del sindacalista Giuseppe Di Vittorio, la
quale ha ricordato ai presenti l’impegno di “Peppino” nelle campagne
pugliesi degli anni cinquanta del Novecento e la sua azione
internazionalista nei vari consessi istituzionali. Una attualizzazione
di una memoria storica e una lezione politica che rivive – nelle mutate
condizioni dello scontro di classe – nel lavorio controcorrente dell’USB
in questo complicato e difficile comparto.
Ma
il meeting di Foggia di sabato 22 settembre non rappresenta
esclusivamente un importante tassello dell’azione sindacale indipendente
nel nostro paese, ma configura, sul versante sia teorico che pratico,
il delinearsi di un nuovo movimento operaio e le sue prime prove di
discussione, ricerca ed organizzazione.
Il
corso convulso e contraddittorio della crisi capitalistica, l’offensiva
padronale a tutto campo, la pervasiva azione della borghesia
continentale europea consentono di iniziare a tratteggiare quella Catena del Valore che percorre e segmenta tutto il mondo del lavoro (dai
settori tradizionali fordisti, a quelli interni alla circolazione delle
merci, fino al frastagliato universo della precarietà e del lavoro
mentale), tutte le forme del moderno sfruttamento capitalistico.
Tale
dinamica strutturale non può essere affrontata con i «buoni sentimenti»
della cosiddetta “sinistra” e dell’associazionismo nostrano, o
affidandosi ai soli principi dell’universalismo democratico. Questa
strada, se proseguita, segnerebbe un’ulteriore cesura con il nostro
blocco sociale di riferimento e sarebbe foriera di nuove sconfitte
politiche, altri arretramenti sociali e materiali.
La
nostra linea di condotta, in questo come in altri settori economici e
produttivi, deve essere informata ad un lavoro di organizzazione della
classe che sappia mettere assieme gli elementi utili a promuovere la
ricomposizione sindacale e politica. Un presupposto obbligato per
iniziare a modificare, per davvero, i rapporti forza nei posti di
lavoro, nei territori e nell’intera nostra società.
L’azione
dell’USB, la sindacalizzazione del lavoro bracciantile e
neo/schiavistico, la lotta al razzismo ed alla xenofobia, a partire
dalle condizioni materiali in cui è immersa la classe (immigrati e
proletariato autoctono) sono i passaggi con cui sarà possibile alludere
all’evidenziarsi di quel nuovo movimento operaio che resta il motore della trasformazione sociale e politica.
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