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In questo terzo articolo proverò a descrivere le regole di funzionamento degli organi nazionali
di Pap. Quelli previsti in entrambi i documenti sono ben sei: (i)
l’Assemblea Nazionale, (ii) Il Coordinamento Nazionale, (iii) i
Portavoce, (iv) i Tesorieri, (v) la Commissione di Garanzia (vi) il
Comitato scientifico. La composizione, i compiti, il funzionamento e le
relazioni reciproche di questi organi palesano forti criticità e grandi
differenze tali da giustificare emendamenti ad un unico documento ma non
la presentazione di due documenti contrapposti.
In generale, per rendere chiari i compiti dei diversi
organi anche ai quattordicenni, conviene preliminarmente richiamarsi ai
corrispettivi sul piano statuale. l’Assemblea Nazionale è l’organo
legislativo, il parlamento di Pap; il Coordinamento Nazionale
rappresenta il potere esecutivo, il governo; i Portavoce rappresentano i
presidenti; i tesorieri rappresentano i cassieri, coloro che governano
la ‘banca’ di Pap; la Commissione di Garanzia rappresenta il potere
giudiziario, la magistratura; mentre il Comitato Scientifico è composto
dagli ‘advisor’, i consulenti esterni. L’analogia, ovviamente, andrebbe
letta al contrario in quanto è l’organizzazione degli Stati che si
uniforma a quella delle società private, non viceversa.
Per quanto riguarda l’assemblea nazionale,
in entrambi i documenti viene convocata dal Coordinamento Nazionale
“almeno una volta l’anno” in città diverse. Per gli estensori del primo
documento, però, essa è costituita da tutti gli iscritti a Pap e non vi è
numero legale per renderne valide le deliberazioni (che si prendono a
maggioranza semplice). Per il secondo, invece, è composta dai delegati
delle assemblee territoriali (in proporzione di 1 per ogni 50 iscritti) e
dai componenti del Coordinamento Nazionale, ed è regolarmente
costituita alla presenza della metà più uno dei suoi componenti (mentre
le decisioni vengono prese a maggioranza qualificata, in difetto della
quale subentra il referendum tra gli iscritti dove però per prevalere
c’è comunque la soglia dei ⅔!). Per essere convocata in via
straordinaria, infine, nel primo caso serve raccogliere il consenso di
almeno il 30% degli iscritti a Pap, nel secondo del 25% “degli aderenti”
(una formulaziona ambigua dal momento che si aderisce all’associazione e
non all’assemblea, i cui componenti dovrebbero aver facoltà di
autoconvocarsi).
Per quanto riguarda le competenze,
oltre alla “promozione del conflitto”, l’unica comune ai due documenti è
quella di determinare la linea politica della “associazione”. Poi, per
gli estensori del primo documento, essa si deve occupare di “elaborare
ed approvare il programma politico; elaborare ed approvare le liste
elettorali…; eleggere e revocare i Portavoce nazionali; eleggere e
revocare il Coordinamento Nazionale o suoi singoli membri. Per il
secondo, invece, deve “avanzare proposte per liste elettorali a
carattere nazionale ed europeo da votare poi sulla piattaforma; eleggere
e revocare la Commissione di Garanzia o suoi singoli componenti;
eleggere e revocare il Comitato scientifico o suoi singoli componenti;
convocare ogni due anni una conferenza programmatica nazionale di Pap”.
Il primo documento, dunque, delega all’Assemblea
Nazionale, cui si partecipa “in forma plenaria degli aderenti” non solo
l’approvazione del programma ma anche la sua elaborazione. Come ci
insegna il ‘68, però, non c’è alchimia organizzativa in grado di
cancellare il fatto che assemblee grandi e partecipate e composte di
cittadini variamente collocati in termini di appartenenza (e coscienza)
di classe - e che si ritrovano a far politicasoltanto nel loro tempo
libero o che fanno della politica il loro mestiere - permettono di
decidere unicamente attraverso la ratifica (e la bocciatura) oppure
attraverso scelta tra ipotesi contrapposte preconfezionate. E
la cosa non cambia se si utilizza un programma informatico in grado di
farci ordinare le ipotesi preconfezionate ed i relativi emendamenti
dalla più alla meno gradita.
Un limite che cade non appena si procede alla democratizzazione del processo di formazione delle ipotesi di soluzione che vengono messe a votazione che non nascono nelle assemblee deliberative ma sono il frutto di un confronto ed uno studio collettivo
- anche di tipo assembleare ma non solo - che sovente si protrae a
lungo e che, per rispondere agli interessi del proletariato, non può
prescindere dal contatto diretto con i lavoratori. Con il quale torniamo
al problema rilevato nell’articolo sui principî relativo all’assenza di una qualunque articolazione sui luoghi di lavoro.
Tornando agli statuti, in nessuno dei due casi il
potere esecutivo è formalmente sottoposto a quello legislativo (nel
secondo documento i membri del coordinamento addirittura siedono
d’ufficio in Assemblea!) e solo nel secondo la magistratura risponde al
parlamento (come vedremo, nel primo documento risponde al governo). Il
primo documento inoltre è smaccatamente presidenzialista in quanto i
portavoce vengono eletti direttamente dalla totalità degli iscritti
durante l’Assemblea nazionale. Quando bisognerà fare le battaglie per la
centralità del parlamento italiano rispetto all’esecutivo o alle derive
presidenzialiste, siamo sicuri che risulteremo credibili con uno di
questi statuti?
Il Coordinamento Nazionale, come
detto, rappresenta il governo di Pap. In nessuna proposta esso è diretta
emanazione dell’Assemblea Nazionale ma della base (anche se nel primo
documento coincidono, fatto salvo il ruolo dei coordinatori territoriali tutto da scoprire.
Per il primo documento “è composto da 80 membri così determinati: a) 20
eletti direttamente dagli aderenti attraverso la piattaforma
informatica sulla base di una lista nazionale; b) 59 membri eletti dalle
assemblee regionali, di cui 20 assegnati su base regionale, gli altri
39 distribuiti tra le regioni in proporzione al loro numero degli
aderenti; c) 1 membro eletto tra gli associati emigranti”. Per il
secondo documento, invece, è composto da minimo 84 membri: (i) “60
eletti direttamente dalle assemblee regionali, di cui 21 assegnati su
base regionale (le 20 regioni italiane più una regione “ESTERI”...), gli
altri 39 distribuiti tra le regioni in proporzione al numero
delle/degli aderenti” e (ii) “24 eletti direttamente dalle/dagli
aderenti sulla base di una lista unica nazionale”.
L’esecutivo dunque, è eletto direttamente dal popolo,
su base nazionale e regionale. Ora, a prescindere dall’algoritmo
utilizzato dalla piattaforma informatica (che non sembra coerente con lo
statuto) oltre al diritto di tribuna della rappresentanza estera, in ambo i testi non viene adottata una legge elettorale di tipo proporzionale
in quanto abbiamo tre diverse modalità di elezione: quella
maggioritaria (i 20 assegnati su base regionale), quella proporzionale
con circoscrizione unica nazionale (rispettivamente 20 e 24 delegati) e
quella proporzionale con circoscrizioni regionali (39 in entrambi i
casi), senza che sia rispettata la proporzionalità tra numero di eletti e
grandezza del corpo elettorale presente nelle singole regioni. Si noti
che la durata del mandato dei delegati è esplicitata solo nel secondo
documento (due anni più due, senza divieto a ripresentarsi dopo un turno
di pausa).
A peggiorare ulteriormente la situazione vi è l’introduzione delle quote rosa che alterano ulteriormente proporzionalità e la stessa democraticità.
“Nel caso in cui la composizione complessiva del Coordinamento
Nazionale risulti sbilanciata a favore di un sesso oltre alla misura di
60-40, si chiederà alle regioni che hanno presentato uno squilibrio di
genere, di far subentrare il candidato più votato di sesso opposto al
terzo scelto”. Questo recita il primo documento. Nel secondo, invece, si
dice che “nel caso in cui la composizione complessiva del Coordinamento
nazionale risulti sbilanciata a favore di un genere si aggiungeranno
persone non elette, fino a raggiungere l'equilibrio” rendendo dunque il
numero dei suoi componenti variabile. L’unica apprezzabile differenza è
che nel primo caso si consente alle non elette di scalzare gli eletti,
nel secondo si rischia che le non elette possano scalzare dei non eletti
che abbiano ricevuto più voti.
Per quanto riguarda i compiti del Coordinamento Nazionale,
entrambe le bozze presentano elenchi abbastanza simili. Faccio notare
però che solo il secondo documento prevede l’approvazione del bilancio
(meglio del niente presente nel primo documento), anche se tale facoltà
normalmente anche nei sistemi più presidenzialisti spetta ai
rappresentanti del potere legislativo.
I portavoce rappresentano i capi
politici di Pap vale a dire i presidenti dell’associazione. In entrambi i
documenti sono due (un uomo e una donna) ed esercitano “la
rappresentanza politica esterna e istituzionale” di Pap. Per il primo
documento essi esercitano anche la rappresentanza legale
dell'associazione “con effetti patrimoniali e processuali, in giudizio o
al di fuori di esso”, senza specificare se in forma congiunta o
disgiunta. Una scelta non molto tranquillizzante per chi andrà a
ricoprire il ruolo di portavoce visto che non saranno loro a controllare
la cassa. Per il secondo documento, infatti, la rappresentanza legale è
in capo ai tesorieri (ed è “esercitata disgiuntamente tra loro per
quanto riguarda l’ordinaria amministrazione e congiuntamente tra loro
per quanto riguarda la straordinaria amministrazione”).
Per quanto riguarda l’elezione dei portavoce,
Il secondo documento prevede che vengano eletti dal Coordinamento
nazionale, il primo, invece, prescrive che sia l’Assemblea Nazionale,
dunque la totalità dei militanti. “Le candidature vanno ufficializzate e
presentate con la firma di 7 componenti del coordinamento nazionale, o
del 10% degli aderenti, o della maggioranza degli aderenti di 10
Assemblee Territoriali. La lista delle candidature viene posta in
votazione nell’Assemblea Nazionale e tra tutti gli aderenti che
voteranno, rispettando la parità di genere, 2 nomi. Le candidature con
più voti risulteranno elette”. In entrambi i casi l’incarico dura due
anni ma nel primo documento non c’è limite al numero di rielezioni (nel
secondo al massimo due consecutive, anche qui non un vero limite ma una
pausa). Per quanto riguarda la loro revoca, nel primo caso è
praticamente impossibile in quanto si prevede che ciascuno di essi possa
essere “in qualsiasi momento revocato dall’Assemblea Nazionale degli
aderenti, attraverso la richiesta di un’Assemblea Nazionale
straordinaria” nel secondo forse pure, visto che si dice semplicemente
che “possono essere revocati dal coordinamento nazionale” senza
specificare come.
Il paragrafo sui tesorieri è molto
stringato in entrambi i casi ma non per questo privo di criticità. In
entrambi i casi i tesorieri sono due, un uomo e una donna, ma nel primo
documento “hanno il compito di custodire il patrimonio economico di
Potere al Popolo!, di rendicontarlo una volta al mese, di vigilare sulle
spese evitando ogni tipo di spreco. Devono essere scelte fra persone di
provata onestà e fedeltà all’Associazione”. Il paragrafo, dunque, non
esplicita come, per quanto e da chi sono eletti e questa informazione è
possibile dedurla non senza ambiguità dal fatto che il Coordinamento
Nazionale ha il compito di “gestire gli aspetti finanziari
dell’Associazione e a tale incarico sono delegati in particolare i due
Tesorieri”. Dal che sembrerebbe, ma il condizionale è d’obbligo, che
essi debbano esser membri del Coordinamento. Al contrario il secondo
documento fornisce esplicitamente al Coordinamento Nazionale il compito
di eleggere i due tesorieri che, come detto, sono anche i legali
rappresentanti di Pap. Vi è poi specificata la durata del mandato (due
anni più due) e lo scopo del loro lavoro (predisporre i bilanci).
Bilanci che nell’associazione immaginata dal primo documento neanche
esistono.
La Commissione di garanzia, come
scritto in entrambi i documenti “è l’organo incaricato di vigilare per
il rispetto dei diritti delle persone iscritte all’Associazione e per il
rispetto dei principi fondamentali e le norme di funzionamento
dell’organizzazione”. Come già accennato, nel primo documento i suoi
membri (dieci) sono eletti e revocati dal Coordinamento Nazionale (a
maggioranza semplice) e rimarranno in carica 2 anni (senza alcuna
specifica sui rinnovi di mandato). Se passa questa opzione, che cosa diremo ai prossimi tentativi di subordinare anche formalmente la magistratura al governo?
Nel secondo documento, invece, alla Commissione di
garanzia si dedica complessivamente un po’ più spazio. Per quanto
riguarda la sua composizione ed elezione si prevedono sette componenti -
unico organo in entrambe le proposte di statuto ad esser composto da un
numero dispari di persone - “eletti direttamente dall’Assemblea
nazionale, mediante voto diretto e con un sistema di liste aperte. I
componenti rimangono in carica per 2 anni e possono svolgere un massimo
di due mandati consecutivi”. Altro unicum, questa volta
previsto anche nel primo documento, la Commissione è l’unico organo per
il quale è esplicitamente previsto un regolamento di funzionamento. Nel
secondo documento approvato dall’Assemblea Nazionale, nel primo
documento non si sa da chi sia scritto e approvato. Evidentemente la
tendenza ad ingabbiare la magistratura è veramente molto forte e
diffusa…
Il Comitato scientifico, infine, “è un organo consultivo dell’Associazione, senza diritto di voto,
composto da personalità anche non socie” (nel secondo
documento si usa il termine “aderenti”). Nel primo documento a
nominarli (non si sa quanti sono) è il Coordinamento nazionale, nel
secondo l’Assemblea.
Per concludere due figure riassuntive delle relazioni
tra i diversi organi che testimoniano la profonda innovazione che
questi statuti portano in seno all’organizzazione della classe
lavoratrice. Un’organizzazione che però presenta molte criticità che
potrebbero richiedere degli aggiustamenti in caso si andasse a votare
come previsto.
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