“Chi fa comunicazione alternativa non ha la vita facile in questo momento in Argentina, si chiudono o si perseguitano i media comunitari”, dice Gustavo Daniel Pescetta, giornalista e fondatore di Radio Futura, la più antica della città di La Plata. Compirà 31 anni a ottobre, e oggi “è gestita da un gruppo di giovani, militanti, sognatori, idealisti”. Gustavo ha un programma di politica internazionale che si chiama SOS Señales radios, ogni sabato mattina da 17 anni. Gli abbiamo chiesto un’opinione sulla situazione in Argentina, dove si moltiplicano le proteste contro le politiche neoliberiste, e su quel che accade nel continente latinoamericano, in particolare in Venezuela. Gustavo fa parte della rete CONAICOP, il Consiglio nazionale e Internazionale della comunicazione popolare, dedicato a Hugo Chavez.
Che cosa ricordi del periodo della dittatura civico-militare?
Negli anni 1980, verso la fine della dittatura, ero molto giovane, ho militato nel Partito Comunista, nell’81 ho fondato un centro di studenti nella clandestinità. A partire dal 1983, quando inizia il periodo democratico, sia mo tornati nella legalità e fino al 1986 ho militato nella Federazione giovanile comunista in Argentina. Quando sono uscito dal Partito comunista per divergenze ideologiche, abbiamo fondato Radio Futura e da allora la mia militanza si è data attraverso l’attività giornalistica. Uscire dalla dittatura non è stato facile. Ci sono 30.000 compagni scomparsi, ci sono ancora molti nipoti sequestrati a cui non è stata data un’identità e questa nuova democrazia ci è costata molto. Per fortuna abbiamo vissuto gli ultimi 12 anni con i governi di Néstor Kirchner y Cristina Fernandez de Kirchner, e siamo passati a una condizione di benessere. Il martellamento dei grandi media ha però convinto la gente a votare un altro tipo di progetto: un progetto neoliberista. E, in Argentina, votare un progetto simile significa retrocedere di almeno 20 gradini.
Durante il default del 2001, il popolo è sceso in strada a gridare: “Che se ne vadano tutti!”. E’ possibile una reazione popolare forte contro Macri e le sue politiche neoliberiste?
La profonda crisi che si è sviluppata tra il 2000 e il 2001 ha portato a un’esplosione sociale in cui non c’era più denaro in circolazione, ci pagavano con buoni che sembravano figurine per giocare. Oggi la situazione è diversa, l’esplosione che può determinarsi è diversa. A partire dal 2003, con Néstor Kirchner e il varo dei programmi sociali, gran parte della società ha ancora degli ammortizzatori sociali. Non dimentichiamo che all’epoca di Cristina abbiamo ottenuto la pensione per le casalinghe, gli assegni familiari, aiuti ai disoccupati. Oggi, oltre ai settori più vulnerabili, vengono colpite anche le classi medie e per questo il malcontento è ogni giorno più visibile: pagare l’acqua, la luce, il gas, è sempre più complicato, costa come un affitto, e bisogna tener conto che i salari sono molto bassi, a volte non arrivano neanche a coprire il costo dei servizio, tanto per dare un’idea.
Le misure economiche adottate da Macri gli stanno sfuggendo di mano. Ci sono licenziamenti in massa, fabbriche che chiudono, una classe media che non può più mandare i figli a scuola privata, l’educazione pubblica che si va svuotando, gli ospedali in crisi, insomma una situazione sociale difficilissima. Se le proteste aumentano, si può arrivare a elezioni anticipate. Non credo si arriverà a un’esplosione sociale, ma a un crescendo di mobilitazioni, molti cacerolazos, occupazioni. C’è una grande mobilitazione nelle università in difesa della scuola pubblica. Già da alcuni settori di opposizione si sta parlando di elezioni anticipate. E ricordiamo anche che a governarci non è la squadra economica di Macri, né Macri medesimo, ma il Fondo Monetario Internazionale che ha i suoi uffici di fronte al palazzo del governo e, secondo alcuni, anche dentro. E Macri ha dovuto chiedere un prestito anticipato per impedire che la crisi esploda. Il dollaro sale, già ha superato i livelli di guardia, è passato dal costare 23 o 25 pesos a 43. La situazione è molto difficile e bisogna vedere fino a quando le classi medie riusciranno a resistere.
Le misure economiche adottate da Macri gli stanno sfuggendo di mano. Ci sono licenziamenti in massa, fabbriche che chiudono, una classe media che non può più mandare i figli a scuola privata, l’educazione pubblica che si va svuotando, gli ospedali in crisi, insomma una situazione sociale difficilissima. Se le proteste aumentano, si può arrivare a elezioni anticipate. Non credo si arriverà a un’esplosione sociale, ma a un crescendo di mobilitazioni, molti cacerolazos, occupazioni. C’è una grande mobilitazione nelle università in difesa della scuola pubblica. Già da alcuni settori di opposizione si sta parlando di elezioni anticipate. E ricordiamo anche che a governarci non è la squadra economica di Macri, né Macri medesimo, ma il Fondo Monetario Internazionale che ha i suoi uffici di fronte al palazzo del governo e, secondo alcuni, anche dentro. E Macri ha dovuto chiedere un prestito anticipato per impedire che la crisi esploda. Il dollaro sale, già ha superato i livelli di guardia, è passato dal costare 23 o 25 pesos a 43. La situazione è molto difficile e bisogna vedere fino a quando le classi medie riusciranno a resistere.
Cosa sta succedendo con Cristina Kirchner e con alcuni processi come quello del giudice Nisman che indagava sull’attentato alla mutua ebraica Amia?
Ogni volta che i grandi media devono nascondere la crisi, tirano fuori l’affare Nisman e l’attentato all’Amia, per far da scudo al governo Macri. Per ora l’affare Nisman è accantonato, perché si sta cercando di mettere in carcere Cristina Fernandez com’è accaduto a Lula in Brasile. Il Partito dei giudici, come lo ha chiamato a suo tempo Cristina, insieme ai grandi media e a un gruppo padronale sta facendo di tutto perché Cristina vada in galera. Fino ad ora si stanno cercando presunte tangenti ricevute o date a degli imprenditori, perché ci sono dichiarazioni di alcuni di loro in merito a prebende ricevute per la costruzione di opere pubbliche.
Ogni volta che i grandi media devono nascondere la crisi, tirano fuori l’affare Nisman e l’attentato all’Amia, per far da scudo al governo Macri. Per ora l’affare Nisman è accantonato, perché si sta cercando di mettere in carcere Cristina Fernandez com’è accaduto a Lula in Brasile. Il Partito dei giudici, come lo ha chiamato a suo tempo Cristina, insieme ai grandi media e a un gruppo padronale sta facendo di tutto perché Cristina vada in galera. Fino ad ora si stanno cercando presunte tangenti ricevute o date a degli imprenditori, perché ci sono dichiarazioni di alcuni di loro in merito a prebende ricevute per la costruzione di opere pubbliche.
Molti settori vorrebbero coinvolgere Cristina e Nestor Kircher, però gli unici conti truccati che appaiono sono quelli di Mauricio Macri e del suo gruppo di governo. Per ora ci sono diversi imprenditori che hanno deposto “volontariamente” su invito del giudice Bonadio, il quale ha molte cause pendenti per corruzione, ma la Corte Suprema de Justicia guarda da un’altra parte. Vogliono impedire che Cristina torni alla presidenza nel 2019, l’establishment politico, economico e sociale ne ha paura. Diversi media egemonici stanno già lasciando Macri e la stessa governatrice della provincia di Buenos Aires, María Eugenia Vidal, che a un certo punto sembrava dovesse essere candidata, per guardare ad altri personaggi politici, come Sergio Massa, che può essere il candidato del sistema.
In tutta l’America Latina, le destre per tornare al governo o per mantenerlo si servono della magistratura, dei media e ovviamente dei settori militari e dell’ordine pubblico. In Argentina come si evidenzia questo, in riferimento anche alla detenzione della deputata Milagro Sala, alle basi militari Usa e alla repressione?
La destra ha avanzato appoggiata dai media egemonici, da un potere giudiziario complice e da quei gruppi imprenditoriali che sono riusciti a mandare al governo personaggi come Temer in Brasile o Macri in Argentina. E ci ha preoccupato molto quel che è successo in Ecuador con Lenin Moreno che era il referente di Rafael Correa e ha finito per tradire la Revolución Ciudadana. La destra sa molto bene dove e su chi far leva e dobbiamo anche dire che i grandi media sono gli eserciti di occupazione, sono coloro che preparano il terreno e sbarcano per primi aprendo il cammino. Sono i moderni eserciti di occupazione, dietro i quali arrivano gli armati che ovviamente conosciamo. In America Latina hanno sempre più questo ruolo, formano l’opinione pubblica e manipolano l’informazione vendendola al miglior offerente come una merce e dettano l’agenda. Occorre ribadire ancora una volta l’importanza della comunicazione alternativa, dei media indipendenti che mostrano un’altra realtà, smascherano i piani del sistema e una certa terminologia usata a livello globale secondo la quale governi che promuovono l’emancipazione dei settori popolari vengono chiamati “populisti”. Per questo, in Argentina, intensifichiamo la lotta contro quei settori – grandi media, potere giudiziario, banchieri e imprenditori – che difendono un capitalismo in crisi strutturale, evidentissima ora da noi. Questo governo non può dare risposte, non sa quel che accadrà domani, tanto più con la presenza dell’FMI. Sappiamo quel che è successo in Grecia. Così lavorano quelli dell’FMI, non sono bravi ragazzi come vuol far credere Macri, vengono a preparare il terreno per i fondi avvoltoio, persino a scapito degli imprenditori argentini, perché vogliono prendersi tutta la torta, e noi siamo un paese ricco.
La destra ha avanzato appoggiata dai media egemonici, da un potere giudiziario complice e da quei gruppi imprenditoriali che sono riusciti a mandare al governo personaggi come Temer in Brasile o Macri in Argentina. E ci ha preoccupato molto quel che è successo in Ecuador con Lenin Moreno che era il referente di Rafael Correa e ha finito per tradire la Revolución Ciudadana. La destra sa molto bene dove e su chi far leva e dobbiamo anche dire che i grandi media sono gli eserciti di occupazione, sono coloro che preparano il terreno e sbarcano per primi aprendo il cammino. Sono i moderni eserciti di occupazione, dietro i quali arrivano gli armati che ovviamente conosciamo. In America Latina hanno sempre più questo ruolo, formano l’opinione pubblica e manipolano l’informazione vendendola al miglior offerente come una merce e dettano l’agenda. Occorre ribadire ancora una volta l’importanza della comunicazione alternativa, dei media indipendenti che mostrano un’altra realtà, smascherano i piani del sistema e una certa terminologia usata a livello globale secondo la quale governi che promuovono l’emancipazione dei settori popolari vengono chiamati “populisti”. Per questo, in Argentina, intensifichiamo la lotta contro quei settori – grandi media, potere giudiziario, banchieri e imprenditori – che difendono un capitalismo in crisi strutturale, evidentissima ora da noi. Questo governo non può dare risposte, non sa quel che accadrà domani, tanto più con la presenza dell’FMI. Sappiamo quel che è successo in Grecia. Così lavorano quelli dell’FMI, non sono bravi ragazzi come vuol far credere Macri, vengono a preparare il terreno per i fondi avvoltoio, persino a scapito degli imprenditori argentini, perché vogliono prendersi tutta la torta, e noi siamo un paese ricco.
Il CONAICOP è una rete della comunicazione alternativa che sostiene il socialismo in Venezuela. Come vedi la situazione dopo l’attentato coi droni esplosivi contro Maduro e il piano di recupero economico varato dal governo? La prossima settimana, l’Osa di Luis Almagro proporrà nuovi attacchi al Venezuela e a settembre iniziano le manovre militari congiunte tra Usa e paesi neoliberisti in Amazzonia. Che può fare la solidarietà internazionale?
Gli Stati Uniti vogliono mettere le mani sulle fondamentali risorse del Venezuela. Il compito di Almagro è quello di preparare le condizioni per un’aggressione militare mascherata da “intervento umanitario” che di umanitario non ha proprio niente. Penso che un’invasione armata alla República Bolivariana del Venezuela porterebbe a una reazione del popolo venezuelano che sarebbe disposto a dare la vita per la rivoluzione e per difendere le conquiste che ha ottenuto. Non si lascerà intrappolare dalla propaganda mediatica: quella che fa presa all’estero a proposito della gente che se ne va dal Venezuela. Ma quanti colombiani, peruviani, ecuadoriani, argentini vivono in Venezuela? Questo non viene detto. La gente emigra in ogni parte del mondo. Se si dovesse per questo sanzionare le politiche di ogni stato, dovremmo invadere gli Stati Uniti o i paesi d’Europa. Come CONAICOP daremo battaglia per contrastare la guerra mediatica raccontando quel che succede davvero in Venezuela. Non neghiamo che vi sia gente che se ne va, ma ce n’è altrettanta che vuole tornare a seguito delle nuove misure economiche. Creare un’emergenza alla frontiera tra Brasile e Venezuela serve a porre un’altra base militare nordamericana. Non dimentichiamo le manovre congiunte in Amazzonia tra Usa, Perù, Brasile e Venezuela a cui partecipa la Colombia, uno dei principali complici degli Stati Uniti negli attacchi al Venezuela. Un pedone che, pur facendo parte della Patria Grande di Bolivar, gli Usa potrebbero usare per un attacco diretto al Venezuela. Come CONAICOP vigileremo e cercheremo anche di spiegare l’importanza delle misure economiche proposte da Maduro per dare forza alla rivoluzione. I cambiamenti economici non sono facili, si deve aspettare. Di sicuro il nuovo corso monetario è una decisione importante, serve a combattere la speculazione e a difendere la sovranità del paese. Da parte nostra, come internazionalisti, dobbiamo rinnovare il sostegno alla rivoluzione bolivariana, al popolo venezuelano e a Nicolas Maduro e a tutti quei paesi che lottano per un vero cambiamento, per una vera rivoluzione. Perché i paesi più ricchi di risorse sono i più poveri? Spesso discutiamo di questo alla radio, perché è da questo che possiamo capire cosa sia l’imperialismo, cosa sia il neoliberismo. Non vengono per motivi ideologici, ma per le nostre risorse: per l’acqua, il petrolio, l’oro, per il nostro mare. Per questo vengono, perché sanno di essere alla fine.
*da L’Antidiplomatico.it
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