Crisi epocale, indotta con la “politica della carenza” dalle élites che intendono restaurare l’antico potere feudale su masse sterminate di sudditi, anziché di cittadini. La brutta notizia? Ci stanno riuscendo, truccando le carte: l’austerity diventa una virtù, che tutti accettano. Paolo Barnard, giornalista e saggista, denuncia senza mezzi termini i “rentiers” che sono all’origine della crisi, culminata col disastro dell’Eurozona e la fine delle sovranità finanziarie, a scapito di milioni di cittadini. I nobili di ieri, i latifondisti, gli oligarchi, e ora gli speculatori finanziari. «Scomparsi duchi e baroni, e i latifondisti delle corti borboniche, i “rentiers” hanno dovuto modernizzarsi, cioè apprendere un mestiere almeno di facciata, pur sempre ricavando le loro fortune dal sudore e dalle abilità di altri». Per Barnard, «la famiglia Agnelli in Italia è un esempio». Gli Agnelli, «forse i più inetti produttori di auto del mondo occidentale per quasi un secolo», sono sopravvissuti e hanno goduto di immensi privilegi «grazie allo sfruttamento di generazioni di immigrati meridionali e a sussidi di denaro pubblico in quantità grottesca».
“Rentiers” della più tradizionale specie, aggiunge Barnard in un recente post sul suo seguitissimo blog, sono ancora i rampolli di famiglie europee di altissimo lignaggio. «Probabilmente la famiglia ancora oggi più ricca di Germania è quella che discende dalla casata Thurn Und Taxis, proprietari immobiliari e terrieri da epoca feudale, con un ramo italiano di tutto rispetto». Un altro nome? E’ quello del visconte Etienne Davignon, di origine belga, gran cerimoniere del più segreto e controverso club di “globocrati”, il famigerato Bilderberg. Davignon è connazionale di un altro peso massimo, l’attuale presidente del Consiglio Europeo, Herman Von Rompuy. «Ma ve ne sono migliaia, includendo le diverse case reali ancora parassitarie in Europa». Per loro, la crescita di milioni di cittadini benestanti e tutelati da crescenti diritti «fu, e rimane, una bestemmia al loro diritto “divino” di essere le élites in controllo della ricchezza planetaria». La “politica della carenza” è vista da costoro come la penicillina dell’ordine naturale delle cose: il loro potere.
Oggi, aggiunge Barnard, l’Italia e l’Europa vedono crescere coorti di banchieri “rentiers”, cioè «affaristi i cui istituti di credito sono stra-falliti ma che godono delle rianimazioni dei gentili Mario Draghi e Mario Monti, David Cameron o Mariano Rajoy, a suon di favori miliardari per favorirne la ricapitalizzazione (cioè acquisti di quote societarie), che altrimenti sarebbe impossibile». In Italia, sono in primo piano istituti come il Montepaschi e l’Unicredit. «Va compreso che queste grandi banche oggi non necessitano più dell’economia reale, quella dei redditi-consumi-produzione, poiché ricavano appunto margini enormi dalla protezione dei governi e delle banche centrali, possono giocare con assets finanziari assai più che con i crediti, per cui poco gli importa se il Neofeudalesimo dimezza lo standard di vita di noi cittadini e aziende».
Ben oltre le banche, vi sono poi i “rentiers” degli hedge funds, cioè i grandi speculatori che, grazie a una deregolamentazione scellerata degli scambi finanziari, «possono oggi sedere in un ufficio e, senza neppure possedere il capitale, giocare d’azzardo sul debito pubblico di un intero Paese come l’Italia». Il meccanismo è complesso: il “rentier” prende in prestito un pezzo di debito italiano, scommette che calerà di valore, collude con tutta una serie di attori finanziari per far sì che ciò accada, e poi incassa fortune incredibili al momento buono. «Non ha rischiato quasi nulla, meno che meno un proprio capitale, succhia ricchezza da noi e noi viviamo poi sulla nostra pelle il disastro degli spread e delle austerità conseguenti». Hedge funds sono JP Morgan, Bridgewater, John Paulson, Soros Fund, Man Group, BlackRock, Goldman Sachs Asset Management, Blue Crest, Magnetar, Tricadia. In Italia i principali sono Generali, Azimut Capital Management, Euroimmobiliare, Capitalia, Intesa, Lyxor, Pioneer, Pirelli Re Opportunities, Zenit, Duemme Hedge.
«Ma “rentiers” – prosegue Barnard – sono in Italia anche i magnate dell’imprenditoria che, avendo fallito miseramente in qualsiasi ambito innovativo e produttivo, schiacciati come mosche dalla bravura dei concorrenti stranieri, si sono riciclati in due settori», acquisizioni e privatizzazioni. Capitolo privatizzazioni: grazie alla “politicadella carenza” (lo Stato impoverito ad arte) si acquisiscono a prezzi stracciati blocchi interi di assets pubblici edificati col lavoro di generazioni. Operazione favorita da quelli che Barnard definisce «criminali pubblici», come Romano Prodi, Vincenzo Visco, Franco Bassanini, Tommaso Padoa Schioppa. E poi scatta l’acquisizione dei servizi essenziali, quelli di cui nessun essere umano può fare a meno, con strade, treni, telefonia, sanità, gas, luce, e presto anche l’acqua. «Sanno che anche se la “politica della carenza” riportasse povertà semi-ottocentesche fra di noi, noi saremo comunque costretti a pagare quei servizi, a costo di mangiare una sola volta al giorno».
Si tratta di somme enormi: «Sono profitti garantiti per questi “rentiers”, che si chiamano Carlo De Benedetti, Luca Cordero di Montezemolo, la famiglia Benetton, Cesare Geronzi, Marco Tronchetti Provera, la famiglia Moratti, Roberto Colaninno, Corrado Passera, Leonardo Del Vecchio, Francesco Caltagirone, Antonio Angelucci, il simpatico Della Valle e tutti coloro che si sono gettati qui nell’abbuffata delle privatizzazioni». Infine, aggiunge Barnard, ci sono gli stranieri e in particolare i tedeschi: «Con una portata demolitrice immensamente superiore, “rentier” si può considerare la Germania stessa, che di fatto ha costruito la sua presente fortuna su altri due punti», l’euro-debito e lo sfruttamento del lavoro. Berlino, secondo Barnard, campa «sulla gabbia dell’euro e sfruttando l’indebitamento dei noi mediterranei che gli abbiamo comprato l’ira di Dio di prodotti per 30 anni, per poi essere oggi additati come “maiali Piigs” spendaccioni». Inoltre, la Germania sfrutta il lavoro ossessivo e sempre meno pagato di milioni di lavoratori tedeschi, che con le riforme Hartz hanno ceduto alle corporations neomercantili tedesche una mole immane di forza lavoro, i cui prodotti sono esportati in tutto il mondo a esclusivo beneficio dei maxi-profitti delle compagnie tedesche.
«La Germania dei Neomercantili – unitamente a tutte le industrie similmente “rentiers” della Ue fra cui le poche italiane – ha un interesse diretto che milioni di europei vengano impoveriti drammaticamente dalla “politica della carenza”», sostiene Barnard. «Berlino sogna di trovare a pochi chilometri a sud di Monaco di Baviera masse di disoccupati alla disperazione pronti a lavorare per le succursali tedesche, o per le imprese italiane acquisite dalla Germania, a stipendi quasi cinesi». Sarebbe una delocalizzazione a due passi da casa e in più in paesi come l’Italia o la Spagna, dove le infrastrutture sono modernissime. «Naturalmente, ai “rentiers” neomercantili non importa un accidenti se i nuovi poveri neofeudali europei smetteranno di comprargli i prodotti. I manager di queste corporations guardano con 40 anni di lungimiranza, e sanno che i nuovi immani mercati di domani non sono qui, ma in Brasile, Cina e India. Là devono competere. Qui gli schiavi al lavoro».
“Rentiers” di antica scuola, industriali, finanzieri-banditi, banchieri e nuovi sfruttatori. Ma anche oligarchi di vecchia data, come l’élite selezionata dall’Opus Dei, punta di lancia della “riscossa” vaticana contro le libertà conquistate da milioni di persone in Occidente con l’avvento delle democrazie sovrane. «Sull’Opus Dei è stato scritto e pubblicato di tutto», dice Barnard, e «trovare le prove del loro coinvolgimento nella creazione della micidiale macchina di impoverimento sociale automatico che si chiama Eurozona è semplice: l’economista francese ed ex insider del governo Mitterrand, il professor Alain Parguez, ha personalmente testimoniato l’appartenenza all’Opus Dei del padre creatore di tutto il disegno dell’Europa moderna, l’onnipotente Jaques Delors, che fu anche a capo della Commissione Europea dall’85 al ‘95». Rivela Parguez: «Tutti i membri dei consigli economici del Papa sono uomini dell’Opus Dei, la maggioranza dei quali proviene dall’università Bocconi di Milano».
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