In questa tribù, quando sentono venire la fine, i partiti si uccidono da soli. Lo fanno in modo complicato e grottesco con modalità che non lasciano scampo neppure per un decoroso ricordo.
di Furio Colombo | 1 ottobre 2012
Si salvano a volte, e saltano
nella presunta “nuova epoca” persone singole con l’espediente di
aggrapparsi a una istituzione che, si suppone, dura più a lungo. Le
procedure di distruzione sono strane e non prive di senso dello
spettacolo, come farsi trovare nell’atto di impossessarsi di grandi
somme di fondi pubblici esattamente nel momento in cui
si sa che tutti stanno guardando. Ognuna delle due parti ha i suoi colpi
esclusivi, in modo da essere malvisto nel proprio ambito naturale.
Per esempio, il Pd
fa sapere che considera sbagliato partecipare a una manifestazione in
difesa del lavoro, perché si tratta di iniziative non adatte a un
partito di governo. In tal modo si allontana da ogni effettiva
possibilità di governo per un partito che dovrebbe cercare nel lavoro
gran parte dei voti. Per esempio, il Pdl vuole tornare a non si sa quali origini, coltivando l’idea dell’ex Forza Italia di espellere l’ex An, e il proposito dell’ex An di prendere le distanze da ciò che fu e che resta di Forza Italia. Quanto alla Lega Nord
per l’indipendenza della Padania, quel partito, dopo avere sottratto
risorse pubbliche praticamente sotto gli occhi di tutti, ha espulso se
stessa (ovvero il fondatore) e si è dichiarata “nuova”, cioè
inesistente.
Quanto al centro, dove molti promettenti leader si erano
fatti trovare, anche abbandonando buone postazioni altrove, pronti ad
assumere la guida di un mega partito di centro (o del Paese), non si è
presentato nessuno. A tutto ciò, già abbastanza disorientante per
cittadini di normale equilibrio psichico, si aggiungono due tipi di
feste, di gusto e livello molto diverso, ma entrambe inspiegabili. Una è
la serie di “Toga parties” (uso il nome che gli
studenti peggiori delle università americane usano per le loro feste
peggiori) lanciata da persone, gruppi e partiti di destra, evidentemente
per celebrare vantaggi e guadagni, con un curioso esibizionismo di ciò
che ai tempi di Mani Pulite si tentava di fare in
segreto. Il carattere speciale di queste feste, con odalische, maiali e
gladiatori, non sta nell’estremo cattivo gusto di quegli eventi,
costumi, linguaggi e circostanze. Piuttosto, nell’esibizione e nel
carattere pubblico di eventi ovviamente poco graditi e poco apprezzati
dall’opinione pubblica, destra inclusa. In una curiosa simmetria
troviamo le cosiddette elezioni primarie del Partito democratico. Non
l’iniziativa, ma le modalità. Un primo carattere destinato a
disorientare, irritare e allontanare gli elettori consiste nella
confusione di regole, di tempi, di persone, con la forte impressione che
ciascuno partecipi con motivi diversi e sempre personali .
Io non confonderei l’innegabile successo del tour di Renzi inteso come spettacolo dall’evento che riguarda il Partito democratico.
Infatti, lo spettacolo ha successo, ma il Partito democratico perde
prestigio, credibilità e punti nelle intenzioni di voto. Infatti Renzi
dimostra che in quella casa (il Pd) non comanda nessuno, che ci
scorrazzi dentro quando vuoi e come vuoi, che spingi via facilmente chi
ci è seduto dentro (o almeno lo spintoni senza pagare i danni). Dimostri
che, con un po’ di energia, invadenza e vitalità te ne puoi
impossessare. Ma di che cosa? Della cosa non c’era definizione da chi
era già seduto in casa. E non c’è alcun tentativo di descrizione (prima
ancora che di definizione) dell’oggetto conteso mentre qualcuno lo sta
conquistando. In realtà Renzi vuole un partito, non quel partito, ha
bisogno di uno spazio per parcheggiare, non per abitare. La casa d’altri
non gli interessa e tutti i suoi spettacoli parlano d’altro. Parla
d’altro anche la disinvoltura con cui Renzi sta partecipando a primarie
che non ci sono, seguendo regole che si è dato da solo.
E
viene accolto dagli aggrediti con deboli sorrisi e deboli dinieghi che
ci segnalano che lo spazio partitico (ormai un ex spazio partitico) si
può occupare in modo facile e lieto. Interessante il progetto con cui
gestire il nuovo dominio. È di rottamazione. Ma non, come ci viene
detto, di poche persone attempate o troppo radicate nei ruoli. Infatti
Renzi ha avuto la lucidità e il coraggio di capire e far capire che
intende buttare all’aria la casa e togliere, finalmente, l’ultima
tappezzeria della sinistra, qualunque cosa essa sia nelle varie storie e
significati. I “ragazzi” vengono, col naturale impeto dell’età, a
svuotare la casa dei vecchi mobili perché, essi sanno, col Muro di Berlino è crollato ben altro che i regimi dell’Est.
È crollata anche la più mite socialdemocrazia, il più moderato mutuo
soccorso. Renzi guida le sue truppe a occupare gli spazi vecchi di un
nuovo gioco. Tutto il gioco si gioca a destra, e questa non è una accusa
a Renzi di essere un infiltrato di destra. Invece interpreta con la
consapevolezza dei tempi un nuovo ruolo,un ruolo che si svolge solo in
questo nuovo grande contenitore di una destra mondiale che ha i suoi
buoni e i suoi cattivi, i suoi estremismi e le sue moderazioni.
Racconta
Concita De Gregorio su Repubblica (26 settembre): “Finalmente uno che
non parla il linguaggio della Fiom”. Diciamo che nessuno lo parlava da
un pezzo (salvo, a volte, Fassina) dentro il Pd. Ma qui il progetto è
chiaro, rottamare. Muoiono i partiti, viva i partiti.
Un cosa sappiamo: è tutta destra. Eppure questa non è un’accusa
politica. È una constatazione. Controprova: “Se il Pd volesse davvero
scongiurare un Monti bis dovrebbe paradossalmente fare
proprio il programma di Monti, proporsi esso stesso come il bis. E
infatti c’è un’ala consistente di quel partito che lo chiede. Nel Pd si
fanno invece le primarie. Ma dietro la gara tra Bersani
e Renzi si intravede il convitato di pietra. È su Mario Monti e sulla
sua eredità che il Pd è chiamato a decidere” (Antonio Polito Corriere
della Sera 29 settembre). Ovvero, l’alternativa è di non esistere.
Il Fatto Quotidiano, 30 settembre 2012
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