giovedì 6 settembre 2018

Turchia. Il fuoco come arma contro i curdi

In Kurdistan bruciano i boschi. Secondo i politici curdi l’obiettivo è quello di scacciare la popolazione.
Il Kurdistan brucia. Nelle zone di insediamento curde in Turchia, ma anche nel cantone di Afrin in Siria del nord occupato dalla Turchia e nella regione autonoma Kurdistan-Iraq, da settimane ardono incendi boschivi. Migliaia di ettari di boschi e superfici coltivabili sono già caduti vittima delle fiamme. Si tratta di incendi dolosi appiccati in modo mirato dall’esercito.

Con il pretesto di »operazioni militari« o »zone interdette«, i soldati appiccano il fuoco in modo sistematico, ha dichiarato Dersim Dag, deputata del Partito Democratico dei Popoli (HDP) di sinistra, alla fine di agosto all’agenzia Firat. Obiettivo dello Stato sarebbe lo spopolamento della regione attraverso la distruzione della natura. Nell’est della Turchia sono colpite la regione intorno al capoluogo Lice, la provincia di Tunceli e il territorio montuoso al confine turco-iracheno.
Né l’ente forestale né le amministrazioni comunali nominate dopo la deposizione dei sindaci di sinistra sotto l’amministrazione forzata statale, fanno qualcosa per la protezione dei boschi. La popolazione quindi cerca di combattere gli incendi con mezzi semplici – in alcuni casi già con successo. Ma i volontari vengono sempre ostacolati dalla gendarmeria paramilitare. Alcuni giorni fa dei soldati hanno negato a una delegazione di dieci deputati che volevano farsi un proprio quadro della situazione nella provincia di Tunceli, di recarsi nella zona dell’incendio.
Incendi boschivi a seguito di attacchi di artiglieria turchi si verificano anche nella regione autonoma curda nel nord dell’Iraq. Incendi infuriano in diversi punti delle cosiddette zone di difesa si Medya che vengono utilizzate dalla guerriglia del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) per la ritirata. Obiettivo è quello di scacciare la popolazione prevalentemente agricola, attraverso la distruzione della sua base di sussistenza. In questo modo si vuole togliere il sostegno al PKK. Per impedire agli abitanti lo spegnimento, aerei da combattimento turchi all’inizio della settimana hanno bombardato una zona boschiva nei pressi della città di Amediye, in fiamme dalla scorsa settimana. Il governo del Presidente del Consiglio dei Ministri Nechirwan Barzani a Erbil non fa niente contro gli incendi e tace sugli attacchi oltre confine da parte di Ankara.
Anche nel cantone occupato di Afrin nel nord della Siria, le truppe di occupazione puntano sulla terra bruciata per togliere alle Unità di Difesa del Popolo curde YPG passate alla guerriglia, la possibilità di rifugiarsi e spingere alla fuga la popolazione rimasta. Numerosi ulivi, campi, giardini e vigne sono diventati preda delle fiamme.
Il Consiglio Esecutivo della confederazione nata dal PKK, l’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK), il 1 settembre ha fatto appello alla popolazione per la mobilitazione contro la politica di annientamento dello Stato [turco]. »Gli incendi boschivi sono considerati da anni strumento della ›politica di sicurezza‹, in questo anno tuttavia hanno raggiunto una misura senza precedenti«, si dice nell’appello. »I polmoni del Kurdistan e del Medio Oriente si carbonizzano nel fumo. Con la distruzione degli spazi vitali di esseri umani e animali si intende spopolare il Kurdistan.«
La KCK richiama alla corresponsabilità dell’occidente. Sarebbero jet da combattimento e elicotteri [NdT:  di produzione dell’azienda italiana Agusta Westland, del Gruppo Leonardo, ex Finmeccanica e dunque sotto controllo statale], attraverso il cui impiego vengono generati gli incendi boschivi. »Altrove la Comunità Internazionale si sarebbe già ripetutamente sollevata contro incendi del genere. Perché si tace sulla distruzione del Kurdistan?« chiede la KCK.
Gli incendi boschivi sono stati utilizzati dallo Stato [turco] già nell’anno 1925 per combattere la rivolta curda dello sceicco Said. Nel 1938 è stato fatto nuovamente ricorso a questo metodo durante i massacri su ampia scala e l’espulsione dei curdi aleviti di Dersim, l’odierna provincia di Tunceli. Anche durante la guerra contro il PKK negli anni ’90, Ankara oltre alla distruzione sistematica di oltre 4.000 villaggi, ha puntato sulla distruzione della natura per scacciare la popolazione civile.
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