Care compagne e cari compagni,
chi mi conosce sa che sono stato iscritto e militante di Democrazia Proletaria prima e del PRC dalla sua nascita e sino al 2007. Sa che il mio impegno si è sviluppato soprattutto nell’attività sindacale dove ho contribuito, insieme a tante e tanti compagni a far nascere e sviluppare il sindacalismo alternativo, indipendente e di base in questo paese, sino alla realizzazione di quello che considero il passaggio più avanzato verso il sindacalismo di classe, cioè l’Unione Sindacale di Base.
chi mi conosce sa che sono stato iscritto e militante di Democrazia Proletaria prima e del PRC dalla sua nascita e sino al 2007. Sa che il mio impegno si è sviluppato soprattutto nell’attività sindacale dove ho contribuito, insieme a tante e tanti compagni a far nascere e sviluppare il sindacalismo alternativo, indipendente e di base in questo paese, sino alla realizzazione di quello che considero il passaggio più avanzato verso il sindacalismo di classe, cioè l’Unione Sindacale di Base.
Non ho preso più tessere di partito e ho partecipato alla costruzione di quella piattaforma politica rappresentata da Eurostop. Qualche giorno fa mi sono iscritto a Potere al Popolo.
Speravo, credevo e auspicavo nella nascita di un soggetto politico che superasse le incrostazioni del passato e che saldasse le esperienze positive della sinistra radicale con quelle nuove e più ampie ed articolate esperienze, sia quelle organizzate che quelle non strutturate che si stanno affermando da almeno un decennio.
Speravo e spero ancora che questa sintesi faccia tesoro degli errori del passato che tutti abbiamo commesso e che finalmente si apra una fase nuova, più rispondente alle esigenze emergenti da quel blocco sociale che tutti vorremmo rappresentare e che invece spesso fugge e si ciba delle risposte di costruttori di facili consensi e di pessimi e falsi obiettivi.
Questo percorso di costruzione pretende una “cessione di sovranità” non a quel gruppo o a quel movimento o a quel partito, ma ad un obiettivo preciso: la ripresa del conflitto sociale e politico, condizione senza la quale è assurdo e velleitario pensare di dare voce, diritti e risposte a bisogni concreti a chi li ha persi in decenni di oscurantismo, di liberismo, di ingiustizie sociali, di austerità, di capitalismo più o meno feroce e, non dimentichiamolo, di nostri errori.
Sono quindi convinto che la costruzione di Potere al Popolo sia veramente un’occasione da non perdere, da coltivare, da sviluppare, da alimentare giorno dopo giorno. Questo è il compito di chi ha responsabilità nella gestione delle organizzazioni che hanno aderito ad un progetto che non può certo essere chiamato un partito, ma neanche un treno sul quale salire o scendere a proprio piacimento o in base alle fasi elettorali.
Sono convinto che una eventuale e sciagurata rottura determinata dal PRC all’interno di Potere al Popolo o anche il solo obiettivo di conquistare al suo interno una egemonia politica tutta costruita sul contingente, sul dato elettorale e su quelle lotte di potere che così tanto hanno fatto male all’esperienza della sinistra radicale negli ultimi decenni, rappresenterebbe la fine di Rifondazione e un grave rallentamento nella costruzione del progetto di Potere al Popolo.
Credo quindi che oggi ci sia l’estrema necessità di un forte spirito di servizio e di partecipazione, piuttosto che muri da alzare a difesa della propria storia, della propria sigla o del proprio simbolo.
Così io vivo la nascita di Potere al Popolo e credo che le migliaia e migliaia di militanti, di compagne e compagni che si sono ritrovati dopo esperienze diverse vissute nei passati decenni, debbano mettersi al servizio di quello spirito nuovo, fresco ed entusiasta che si respira nelle assemblee di PAP e che è frutto soprattutto di coloro che quelle nostre “vecchie” esperienze non hanno vissuto.
Un passo indietro non sarebbe interpretato come una vostra sconfitta. Al contrario, rappresenterebbe invece proprio ciò che serve per saldare vecchie e nuove esperienze e costruire ciò che è necessario ora e subito per invertire quella tendenza della sinistra, ormai storica, al frazionismo, alla lite interna, alla cura spesso paranoica del particolare, ai personalismi, alla mancanza di prospettiva che ha marginalizzato qualsiasi ipotesi di alternativa sociale e politica negli ultimi decenni.
Io voterò la proposta n° 1 dello Statuto perché sono convinto che sia più rispondente a ciò che ritengo necessario in questa fase e soprattutto sia più adeguata allo spirito di costruzione di un nuovo soggetto politico. Quello che ho scritto va però oltre il semplice voto su un’ipotesi o l’altra di statuto. Ciò che più conta è la volontà o meno di rimanere chiusi nel proprio fortino o invece aprirsi e contribuire alla costruzione e alla realizzazione di un nuovo percorso che cominci a dare risposte oltre che ad indicare obiettivi. Sono convinto che è questo ciò che vogliono anche migliaia di iscritte ed iscritti a Rifondazione Comunista: sarebbe imperdonabile far finta di nulla.
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