venerdì 14 settembre 2018

Messina, il municipalismo oltre il municipio.

Dopo la sconfitta elettorale che ha sancito la fine dell’esperienza di governo di Renato Accorinti, uno degli attivisti della lista collegata "Cambiamo Messina dal Basso" rilancia qui il progetto neomunicipalista: “È l’inizio di una nuova sfida per cambiare il rapporto tra movimenti e palazzo”.



micromega Federico Alagna* 

I risultati elettorali delle elezioni amministrative del 10 giugno 2018, che hanno sancito la fine dell’esperienza di governo municipale di Renato Accorinti e chiuso le porte del Consiglio comunale alle tre liste collegate, tra cui quella di Cambiamo Messina dal Basso (CMdB), il soggetto neomunicipalista messinese, hanno innegabilmente segnato una battuta d’arresto molto forte per il movimento in riva allo Stretto.

Un movimento nato nel 2013 dalla convergenza di tante esperienze politiche, sociali, associative, di impegno sul territorio. Quelle stesse esperienze che avevano animato ed attraversato qualche anno prima il movimento No Ponte, stagione storica di cui CMdB è in qualche modo figlio, ritrovatesi per provare a cambiare dall’interno la politica cittadina, portando Renato Accorinti sulla poltrona di sindaco e alcuni suoi rappresentanti all’interno del Consiglio comunale.

Non mi interessa, in questa sede, soffermarmi a lungo sulle ragioni di questa sconfitta elettorale, cui farò solo un breve cenno. Sono ragioni riconducibili agli errori commessi nel corso dei cinque anni di governo – tanto da parte della giunta Accorinti, quanto da parte di CMdB – specialmente in termini di rapporto con il territorio e di comunicazione. Ma anche ad un sistema elettorale molto difficile, con uno sbarramento di lista al 5%, che ha azzerato il risultato di coalizione del 10%; ad una forte dispersione del voto per il sindaco con i candidati del M5S e del centrosinistra (accomunati ad Accorinti, nella percezione dell’elettorato, ora da una dimensione “antisistema”, ora da una dimensione legata a capacità, responsabilità e trasparenza); ad un clima di generale ripresa delle destre, a cominciare dal tema migranti; ad altri errori, infine, di valutazione e di strategia commessi in campagna elettorale. Tutte ragioni che hanno portato ad un risultato disastroso in termini di rappresentanza, nonostante i numeri assoluti dicano che poco è cambiato rispetto alla vittoria del 2013 (solo duemila preferenze in meno per il candidato sindaco e stesso numero di voti della tornata precedente per le liste collegate). Sono analisi, queste, che abbiamo avviato e che continuiamo ad approfondire.

Ma, nonostante tutto ciò – o, forse, proprio a causa di tutto ciò – quella che ci appare chiaramente come una sconfitta elettorale, non la viviamo assolutamente come una sconfitta politica. Non è, in sostanza, la fine del municipalismo messinese e dell’esperienza di Cambiamo Messina dal Basso.

All’indomani di questo risultato, infatti, ci appare chiaro che restare fuori dal palazzo non può in alcun modo rappresentare la fine di un movimento collettivo che ha ancora tanto da dire e da fare in tema di governo della città. E’, al contrario, la conclusione di un ciclo e l’inizio di una nuova sfida, di un nuovo modo di interpretare il rapporto tra movimento e governo della città.

Il cambiamento radicale del rapporto tra movimenti e palazzo è il fulcro del nuovo municipalismo, con il tentativo dei movimenti di diventare attori protagonisti del cambiamento delle città. In quest’ottica, l’apertura alla possibilità di entrare nelle istituzioni è stata senza dubbio una delle modalità più significative, al fine di rendere reali i cambiamenti auspicati. Ma di certo non può essere l’unica.

E’ qui che sta il nodo della questione: se si entra nell’ottica che la dimensione istituzionale altro non è che un mezzo, per quanto importantissimo, e che il vero quid dell’esperienza municipalista risiede nel cambiamento dei rapporti con il palazzo, nella consapevolezza della necessità di un movimento trasversale, non legato ad una singola battaglia di scopo, ma molto più in generale alla questione del diritto alla città, che l’essenza di queste piattaforme sta nell’acquisizione di nuove prospettive e nuovi linguaggi sull’asse istituzione-movimento-città, allora diventa possibile realizzare quello che da qualche settimana abbiamo deciso di fare a Messina: il municipalismo oltre il municipio.

Su queste basi si sta ricostruendo l’esperienza messinese, con una seconda fase neomunicipalista che rivoluziona ancora una volta il nostro modo di guardare all’istituzione ed interagire con essa.

I cinque anni di governo ci hanno consentito di lasciare tanto alla città in termini di risultati raggiunti, dalla rivoluzione e rilancio del trasporto pubblico alla rinascita di numerosi ed innovativi servizi alla persona, dalle politiche di accoglienza a quelle culturali finalizzate alla valorizzazione del tessuto locale e ad una nuova gestione degli spazi, e ancora interventi per il diritto alla casa, sull’edilizia scolastica, per la difesa del suolo e del territorio. E molto altro ancora. Un’eredità che è fatta anche di nuove forme e dinamiche di partecipazione della cittadinanza, di un rinnovato rapporto con il Palazzo e di importanti relazioni orizzontali che attraversano la città, ed è forse ciò che più conta.

Risultati che rischiano di essere smantellati (come dimostrano già le prime dichiarazioni ed azioni poste in essere) dalla vittoria di Cateno De Luca, politico di lungo corso con esperienze nella DC, nell’MPA di Lombardo e nell’UDC, già sindaco di due piccoli comuni del messinese, eletto per la prima volta deputato regionale nel 2006, e paradossalmente percepito come “il nuovo”, grazie ad una efficace e lunga campagna comunicativa, fatta di grandi promesse ed annunci roboanti, di uno stile comunicativo fortemente aggressivo e manicheo, nel solco di quel “populismo senza popolo” che attraversa i nostri tempi.
Ma diritto alla casa, servizi pubblici – con l’avvio di una strenua resistenza al processo di privatizzazione che intende avviare la nuova Amministrazione – liberazione del fronte mare, diritti dei più piccoli, beni comuni, spazi culturali, difesa dell’ambiente e del territorio restano ancora oggi, chiusa (temporaneamente?) l’esperienza di governo e di rappresentanza, il cuore portante della nostra azione. Quel che cambia sono le modalità.

Da un lato, andando a rafforzare la relazione con la città, in particolar modo con i territori ed i quartieri, con le realtà attive su questi (ed altri) temi, intendendo sempre più il nostro movimento come un soggetto che attraversa la città e come uno spazio politico da attraversare. Il tutto con linguaggi nuovi, con un forte immaginario simbolico, mutuato da alcune delle esperienze più significative in termini di partecipazione nel corso dei nostri cinque anni alla guida della città (dal Laboratorio dei Beni Comuni all’Assessorato collettivo alle culture).

Dall’altro lato, invece, andranno trovate forme nuove di interazione con il palazzo, senza cadere nell’errore di replicare sic et simpliciter quanto si faceva prima: oggi ci sono competenze diverse, rafforzate, c’è una rete di relazioni che prima mancava, c’è una conoscenza di dinamiche e strumenti che ci lasciano in eredità i cinque anni di governo. Non sfruttarli sarebbe un delitto imperdonabile.

Il tutto guardando, sempre, alla rete europea di cui facciamo parte, quella delle città del cambiamento (o “ribelli”, o “senza paura”, come vengono definite), ai rapporti che abbiamo coltivato in questi anni con Napoli, Bologna, Barcellona, A Coruña, Madrid, Belgrado e tante altre realtà. Anche questo è un portato della rivoluzione municipalista: un contatto diretto, intenso e trasversale tra vari attori delle città (movimenti, associazioni, amministrazioni, ecc.), non solo per scambiarsi buone pratiche e criticità, ma anche e soprattutto per creare via via un nuovo soggetto collettivo e plurale in grado, un giorno, di interfacciarsi in maniera efficace con i governi nazionali e con l’UE su temi cruciali, a partire dalle politiche delle migrazioni e da quelle di bilancio. E chissà che questa nostra nuova fase non possa servire da aiuto e da stimolo anche per altre esperienze, alle prese con il momento difficile dell’elezione per la riconferma o, ad ogni modo, con il bisogno di aprire nuovi percorsi politici.

Insomma, Cambiamo Messina dal Basso ed il nuovo municipalismo messinese sono ancora lì, così come tutte le istanze di cui in questi anni ci siamo fatti portatrici e portatori. C’è un mondo oltre il municipio e ci apprestiamo ad esplorarlo nella sua interezza, con occhi e capacità diverse, ma con gli stessi obiettivi e la stessa determinazione di sempre.

* Attivista di Cambiamo Messina dal Basso ed ex Assessore alla Cultura nella Giunta Accorinti

(12 settembre 2018)

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