Da
qualche anno a questa parte, è emerso un nuovo sotto-genere letterario
praticato estensivamente sui mezzi di comunicazione di massa e volto ad
interpretare, prevedere, o chiarire le “reazioni dei mercati” ad eventi con rilevanza politica.
...Per
comprendere il potere che la BCE avrà sui destini dell’Italia (come
degli altri paesi membri dell’eurozona) basta considerare che la banca
centrale sta accumulando circa 400 miliardi di euro di debito pubblico
italiano nei suoi conti: qualora decidesse di iniziare a liberarsi di
quei titoli, potrebbe scatenare una tempesta finanziaria tale da mettere
in ginocchio l’intero sistema.
Questo
significa che la BCE ha in mano la migliore arma capace di disciplinare
la nostra classe dirigente: se non fai quello che ti chiede l’Europa,
finisci vittima degli sciacalli della speculazione senza alcuna banca centrale a difendere la stabilità finanziaria. Proprio come avvenuto alla Grecia nel 2009, alla vigilia della crisi...
Gli appuntamenti elettorali e referendari
sono generalmente il terreno privilegiato per questi esercizi di stile.
Le chiavi di lettura proposte sono sostanzialmente sempre le stesse:
ogni esito elettorale diverso da una affermazione univoca del blocco di
potere dominante europeista (in caso di consultazioni nel nostro
continente) avrà probabilmente ripercussioni negative, genererà instabilità, incertezza, disoccupazione di massa ed altre piaghe
assortite; analizzare la reazione dei mercati finanziari è la maniera
più semplice per capire con anticipo cosa succederà all’economia reale e
quali saranno le conseguenze che elettori irresponsabili si troveranno
di fronte come espiazione dei propri peccati.
Dietro
questo modo di ragionare traspare chiaramente una idea di fondo: i
mercati finanziari sono lo strumento più efficiente per processare
l’enorme massa di informazioni generate a getto continuo; l’interazione
virtuosa di milioni di piccoli e saggi investitori, i quali devono
decidere come allocare i risparmi di una vita, è in grado di produrre
un’interpretazione della realtà – e dei suoi fenomeni politici –
affidabile, efficace e facile da decifrare. Se i “mercati”, questo
perfetto e concorrenziale interagire dei virtuosi risparmiatori di cui
sopra, ritengono ragionevolmente che l’economia del paese X andrà male,
venderanno i titoli finanziari emessi nel Paese X. L’osservatore
casuale, il cittadino medio, il giornalista medio osserverà che gli
indici di borsa nel Paese X sono in calo e potrà concludere che c’è
qualcosa nei fondamentali dell’economia di questo paese che non va. È un
sistema apparentemente efficiente ed inappuntabile.
Non
solo. All’apparenza è anche profondamente meritocratico: la cattiva
condotta di un Paese viene sanzionata dal giudizio oggettivo ed asettico
dei “mercati”, i quali si fanno portavoce delle percezioni e delle
valutazioni di milioni e milioni di diligenti piccoli risparmiatori. Le
implicazioni politiche di questo meccanismo sono semplici: se i mercati
finanziari sanzionano il Paese X, diventa prioritario avviare con
urgenza delle riforme che risolvano i problemi strutturali di cui il
Paese soffre e permettano di rientrare nelle grazie dei mercati.
È
un film già visto, è soprattutto uno scenario che ci ritroveremo ad
osservare nelle prossime settimane. Se ne colgono già le prime
avvisaglie in Italia, dove a pochi giorni dal voto la Commissione
Europea già inizia a chiedere a gran voce un cambio di rotta poiché “lo slancio delle riforme
è in qualche modo rallentato”, ci sono “squilibri eccessivi”, il debito
pubblico è troppo alto e, se non facciamo i bravi e ci dotiamo di un
Governo responsabile e sanamente europeista, i mercati ce la faranno
pagare e ne subiremo tutte le conseguenze.
Il
meccanismo appena descritto è perverso ed ha come principale scopo
quello di disciplinare la condotta di Governi e classi dirigenti anche
solo minimamente recalcitranti. Non è tuttavia solamente odioso nelle
sue conseguenze. È anche fallace nelle sue fondamenta, poiché si basa su
una rappresentazione caricaturale, egalitaria e pseudo-democratica dei
mercati che purtroppo non ha nessuna connessione con la realtà. E non si
tratta di complottismo o di bizzarre tesi su oscuri poteri che
controllano il mondo da dietro le quinte. È tutto alla luce del sole, raccontato in maniera trasparente dal quotidiano di Confindustria e dalle pagine economiche dei principali giornali. Non
esiste nessuna entità soprannaturale denominata “mercato”. Esiste un
numero limitato di enormi società finanziarie con la capacità di
determinare l’andamento del mercato.
Il
caso italiano, da questo punto di vista, è paradigmatico. Il fondo
speculativo Bridgewater, il più grande del mondo, ha iniziato, nelle
settimane precedenti alle elezioni del 4 marzo, a scommettere contro l’Italia, prevedendo instabilità politica. Bridgewater ha infatti deciso di “vendere allo scoperto”
le azioni di 18 grandi aziende italiane. Concretamente, questo
significa rovesciare quel consueto schema di speculazione finanziaria
che prevede prima l’acquisto e poi la vendita: il fondo speculativo ha
prima venduto sul mercato, diciamo a un prezzo pari a 100 euro, azioni
che non possedeva (prendendole a prestito da un intermediario),
scommettendo sul fatto che il prezzo fosse destinato a scendere
nell’immediato futuro. Qualora il gioco riuscisse, quando Bridgewater
comprerà effettivamente sul mercato le azioni (per renderle
all’intermediario che gliele aveva imprestate) potrà farlo ad un prezzo
inferiore a 100 euro, diciamo 90, facendo quindi un profitto di 10 euro.
Il
problema risiede nel fatto che Bridgewater ha il potere di fuoco di far
accadere il risultato che desidera, poiché il suo atto di vendere
orienta in maniera decisiva il “mercato”, il quale asseconderà il calo
del prezzo che Bridgewater desidera. In che senso “asseconderà”? Gli
altri operatori osserveranno il comportamento di Bridgewater e,
confidando nel fatto che Bridgewater abbia informazioni che essi non
possiedono o essendo consapevoli della forza del medesimo fondo
nell’orientare l’andamento dei prezzi, venderanno i titoli a loro volta,
facendo avverare la “predizione” di Bridgewater.
Di fatto grandi società come Bridgewater operano alla stregua di “bond vigilantes”,
un numero limitato di agenti che con la loro condotta sono in grado di
determinare l’andamento dei prezzi e dei rendimenti dei titoli
finanziari di uno Stato apparentemente sovrano. Sorveglianti panottici,
che non possono essere visti, ma possono potenzialmente vedere tutti i
sorvegliati, i quali si comporteranno come se fossero sempre sotto
osservazione.
A
questo fuoco incrociato della finanza speculativa internazionale si
aggiunge, in Europa, il ruolo equivoco della Banca Centrale Europea
(BCE), l’autorità monetaria che dovrebbe tutelare la stabilità
finanziaria della regione. Storicamente, ogni banca centrale agisce in
difesa dei titoli emessi dal proprio Paese quando questi finiscono sotto
il tiro della speculazione: non appena società come Bridgewater
iniziano a vendere, la banca centrale – che ha il potere di emettere
moneta – inizia ad acquistare, bloccando così la discesa dei prezzi dei
titoli bersagliati e mettendo il Paese al sicuro dalla tempesta.
Con
la nostra adesione alla moneta unica abbiamo rinunciato alla sovranità
monetaria, trasferendo alla BCE il governo della stabilità finanziaria
del nostro Paese: abbiamo ceduto l’ombrello dell’autorità monetaria a
Francoforte, ed ora siamo in balia dei mercati.
Per
comprendere il potere che la BCE avrà sui destini dell’Italia (come
degli altri paesi membri dell’eurozona) basta considerare che la banca
centrale sta accumulando circa 400 miliardi di euro di debito pubblico
italiano nei suoi conti: qualora decidesse di iniziare a liberarsi di
quei titoli, potrebbe scatenare una tempesta finanziaria tale da mettere
in ginocchio l’intero sistema.
Questo
significa che la BCE ha in mano la migliore arma capace di disciplinare
la nostra classe dirigente: se non fai quello che ti chiede l’Europa,
finisci vittima degli sciacalli della speculazione senza alcuna banca centrale a difendere la stabilità finanziaria. Proprio come avvenuto alla Grecia nel 2009, alla vigilia della crisi.
Tramite il ricatto della disciplina dei mercati, dunque, si realizza una precisa linea politica
che promuove attivamente il modello economico e sociale neoliberista.
Quando a breve sentiremo le sirene del “ce lo chiedono i mercati,
dobbiamo fare i bravi ed essere disciplinati e responsabili”, teniamo a
mente che il vero messaggio è “un numero ristretto di società
finanziarie sta speculando, allo scopo di aumentare i propri profitti,
sulle nostre spalle, con la conseguenza di giustificare quelle riforme
strutturali (aumento della facilità di licenziamento, espansione del
ricorso ai contratti a termine, riduzione della spesa pubblica) che
riducono i salari reali e consentono ai capitalisti di ottenere profitti
sempre più consistenti”. L’unica maniera di essere responsabili, in
questo contesto, è non assecondare queste pulsioni distruttive e non far
pagare a lavoratori, pensionati e disoccupati il desiderio di profitto
dei pochissimi.
* Coniare Rivolta è un collettivo di economisti – https://coniarerivolta.wordpress.com/
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