Il tema di quest'anno mi sta particolarmente a cuore visto che si collega strettamente con la natura e la sua valorizzazione
per contrastare gli effetti deleteri dell'inquinamento con annesso
cambiamento climatico. L'edizione 2018, infatti, ha come titolo "La
risposta è nella natura" e invita a valorizzare gli strumenti che la
natura stessa ci fornisce, senza bisogno di andarne a trovare di nuovi.
Vengono incentivate le soluzioni che si basano sulla natura (nature-based solutions) e che vengono ulteriormente spiegate nel report finale
dove troviamo la seguente definizione: "Il tratto distintivo di una
soluzione che si basa sulla natura (NBS) non riguarda il fatto che
l'ecosistema usato sia "naturale", ma implica che i processi naturali
vengano gestiti in maniera proattiva per raggiungere obiettivi correlati
all'acqua".
Stando ai dati ufficiali,
2.1 milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile, entro il
2050 in risposta a una crescita della popolazione mondiale il fabbisogno
idrico complessivo si stima che aumenterà del 30%, solo l'1% delle
risorse idriche è legato al consumo di acqua potabile e nel 2050
potrebbero esserci fino a 3 miliardi di persone che vivranno in aree con
scarse risorse idriche (attualmente sono meno di 2 miliardi).
Ma come
sempre occorre andare al di là dei numeri e delle percentuali per
comprendere realmente cosa ciò voglia dire nella pratica.
L'acqua
costituisce un'altissima percentuale del nostro organismo ed è vitale
per il suo funzionamento, eppure allo stesso tempo può uccidere. Uccide
la mancanza di acqua da cui scaturiscono carestie, siccità e
deterioramento del suolo agricolo, ma uccide anche il mare con le sue
onde che fanno capovolgere imbarcazioni o un monsone che inonda terreni
disboscati e sovraffollati. Prima nel Mediterraneo e nell'Egeo,
oggi in Bangladesh nei campi profughi e negli insediamenti informali
dei Rohingya tocco con mano la tragica ambivalenza dell'acqua: chiave della vita e contemporaneamente causa di innumerevoli morti sia quando scarseggia che quando è in eccesso.
Proprio
l'acqua è adesso al centro della massima attenzione in Bangladesh dove
con MOAS Italia portiamo avanti una missione mirata a garantire cure
medico-sanitarie e aiuti umanitari a un paese a reddito medio-basso
frequentemente colpito da eventi naturali estremi e interessato dallo
scorso 25 agosto da un esodo biblico che ha fatto entrare oltre 671mila persone.
Un simile afflusso di disperati ha comportato enormi sfide sia per il
settore sanitario sia per le risorse alimentari di un paese già allo
stremo che però non ha mai minacciato di chiudere le frontiere, ma anzi
ha condiviso terra e cuore coi più vulnerabili. Con le nostre due Aid Station a Unchiprang e Shamlapur da metà ottobre a fine febbraio abbiamo assistito oltre 46mila persone, di cui il 41% sono bambini e il 43% di sesso femminile.
Abbiamo anche partecipato con personale medico MOAS alle campagne per
le vaccinazioni sotto l'egida dell'OMS e la guida del governo bengalese,
mettendo a disposizione le nostre strutture per garantire la necessaria
copertura alle popolazioni dei campi e degli insediamenti circostanti.
Adesso
stiamo lavorando intensamente per prepararci al meglio all'imminente
stagione monsonica che si prospetta particolarmente letale e prevede
anche l'arrivo di un ciclone che arrecherebbe ulteriore devastazione.
L'intensità e la costanza degli arrivi hanno fatto sì che le persone si
insediassero ovunque, disboscando e collocando precari rifugi ovunque
trovassero posto. Ma ciò ha ulteriormente aggravato le condizioni
generali e si temono smottamenti, allagamenti e alluvioni che
sommergerebbero intere aree rendendo impossibile il trasporto dei
pazienti, la somministrazione di cure mediche in luoghi difficilmente
raggiungibili e la fornitura stessa di medicine e materiale sanitario.
MOAS ha recentemente assunto un ruolo di rilievo per il coordinamento
della Flood Preparedness Task Force nel settore
sanitario la quale supporterà le agenzie sanitarie con training mirati
ad assicurare costante accesso e fornitura di servizi sanitari durante
la stagione dei monsoni.
La
Giornata mondiale dell'acqua 2018 ha quindi un valore fondamentale sia
come monito alla corretta e oculata gestione delle nostre risorse
idriche, sia come invito a riflettere sull'ambivalente natura di questo
prezioso elemento che ci presenta -al pari della migrazione- sfide e
opportunità da cogliere. Infine, proprio come ribadito per la
migrazione, l'edizione di quest'anno ci spinge a guardare agli strumenti
e alle soluzioni già esistenti invece di cercarne di nuovi: come il diritto internazionale offre mezzi adeguati per consentire un ingresso sicuro e legale
delle persone vulnerabili nei paesi che li ospitano, così la natura
contiene in sé gli strumenti per tutelare il pianeta terra e la sua
popolazione. Oggi ci servono il coraggio e la determinazione per usare quei mezzi e quegli strumenti.
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