Su scala mondiale, l'inarrestabile aumento della popolazione (in marcia verso i 9 miliardi) e il suo invecchiamento renderanno molto complesso l'approvvigionamento di cibo di qualità per tutti.
Da questo problema non può sentirsi esentata neanche l'Italia, visto che ogni giorni nel nostro Paese vengono preparati e distribuiti circa 180 milioni di pasti.
L'obiettivo di qualsiasi strategia messa in atto riguardo al cibo e alla sua sicurezza d'uso e di produzione, dovrebbe essere quello di garantire ad ogni singolo abitante del pianeta una dieta accessibile, ma anche sostenibile dal punto di vista ambientale.
Le priorità dovrebbero inoltre essere coerenti con la necessità di proteggere altre risorse ambientali, come la disponibilità di acqua dolce, la conservazione della biodiversità, e la riduzione del cibo presente nei rifiuti.
Nel documento sono estesamente presentate e discusse le priorità scientifiche che spaziano dalla sicurezza sanitaria del cibo alla nutrizione umana, dalle piante e animali di interesse agricolo alla sostenibilità ambientale della pratica agricola, fino alla grande quantità di cibo perduta nei rifiuti, alla instabilità dei prezzi delle derrate agricole e all'innovazione a favore di diete sostenibili.
Il cuore del documento è la presentazione delle prospettive generali. Segnala la necessità di modificare l'attuale politica agricola europea trasformandola in una politica del cibo; amplia la sfida con riferimento alla sostenibilità delle diete e sicurezza degli approvvigionamenti; suggerisce di offrire alla politica indispensabili opzioni basate sulla scienza. Un'attenzione particolare viene riservata alla sicurezza sanitaria del cibo, alla tecnologia alimentare e ai mercati, al cibo perduto presente nei rifiuti.
La parte più convincente del rapporto introduce una breve ma completa discussione sull'intensificazione agricola sostenibile. Viene sottolineato che lo sviluppo di nuovi sistemi agricoli richiede un approccio multiplo che consideri politiche, finanza, aspetti legali, scientifici e tecnici, regolamenti e gestioni dell'ambiente, necessità tra loro integrate per coprire il gap evidente tra i livelli di produzione correnti e quelli potenziali, l'interpretazione dell'agricoltura biologica e di quanto essa può offrire all'agricoltura convenzionale, e l'analisi dei costi-benefici delle nuove tecnologie che sostengono l'innovazione.
Un caso emblematico è quello della produzione di carne - che genera problemi di consumi delle acque - a fronte della sottoutilizzazione delle produzioni marine. Un contributo rilevante può venire da una visione moderna della genomica, della selezione genomica, del genome editing e della genomica microbica nel modificare piante, animali e microrganismi utilizzati dai sistemi agricoli, dalla definizione delle potenzialità dell'agricoltura di precisione che razionalizza, rendendolo minimale, l'uso di concimi e di altri prodotti agrochimici.
Un aspetto spesso sottovalutato, ma di particolare importanza riguarda le forme di competizione per l'occupazione dei suoli agrari. Oggi il 40% delle terre libere da ghiacci è occupato dall'agricoltura, sia essa intensiva o estensiva; l'80% delle foreste primordiali è stato sacrificato a favore delle attività agricole; il 70% delle acque dolci è dedicato all'irrigazione dei campi, con enormi sprechi. Se la situazione è questa, la generazione di bioenergia, il mantenimento della fertilità dei suoli e la qualità delle acque superficiali e di falda delineano problemi di difficile soluzione se non del tutto incompatibili.
L'Accademia dei Lincei ha apprezzato il richiamo reiterato alla classe politica di assumere decisioni basate su dati e conclusioni scientifiche, e la raccomandazione di adottare un metodo globale per chiarire fino in fondo la natura delle intrinseche difficoltà legate al dato di fatto che cibo e agricoltura generano insostenibilità ambientale.
Segnala tuttavia come criticità principale il fatto che le conclusioni generali del rapporto risultino più consultive che operative; un approccio riduttivo e miope, perché anche se uno scenario futuro di fame e malnutrizione associato a degradazione ambientale fosse altamente improbabile, dovrebbe comunque essere compito della comunità scientifica proporre fin da ora una forte azione strategica di intervento globale confrontabile, nell'ammontare delle risorse investite e nel livello degli scienziati coinvolti, al progetto Manhattan. L'azione dovrebbe essere orientata a modificare, con il miglioramento genetico convenzionale ed eventualmente con il genome editing, piante e animali per renderli immuni da malattie e resistenti agli stress abiotici, tanto da ridurre, se non eliminare, il ricorso in agricoltura al sussidio chimico, pratica che, al momento, genera forti preoccupazioni ambientali.
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