Gentiloni
e Poletti lucrano ancora una volta sulla povertà, aiutati da Boeri
nella presentazione dei risultati del primo trimestre del Reddito di
inclusione sociale, i cui sussidi sono erogati dal’INPS.
Per mascherare
esiti al di sotto delle aspettative, Boeri ha gonfiato le cifre in una
tabella introduttiva dal titolo “Già raggiunto il 50% della platea
potenziale”, indicando in 900 mila le persone “beneficiarie di misure di
contrasto alla povertà collegate al Rei”. Ed è così che le agenzie di
stampa e i quotidiani titolano la notizia.
In
realtà la cifra riguarda una grande ammucchiata, a cui il Rei concorre
per poco più di un terzo, essendo gli altri interventi sostenuti con i
fondi SIA (Sostegno per l’inclusione attiva) e soprattutto coperti da
molteplici fonti regionali.
Il
governo aveva accelerato l’avvio del Rei a dicembre per ragioni
elettoralistiche. L’obiettivo enunciato era di intervenire entro luglio
2018 in favore di 500 mila famiglie e 1 milione 800 mila persone. Le
domande pervenute al 23 marzo riguardano 110.138 famiglie e 316.693
persone.
Boeri
a queste ha aggiunto i beneficiari del Sia (119.226 nuclei e 476.868
persone), ma non quelli che sono passati al Rei dal SIA che si è estinto
il 31 dicembre scorso, bensì tutti quelli che percepivano il sussidio
nell’ultimo bimestre del 2017. Così ha potuto magnificare il
raggiungimento del 50 per cento dell’obiettivo, e annunciarne il nuovo,
da luglio in poi, di 700 mila famiglie e 2 milioni e mezzo di persone.
Rossini,
presidente dell’Alleanza contro la povertà, ha avuto la faccia tosta,
dopo Poletti, di affermare che il Rei è “misura flessibile ragionevole e
completa” e che su questa strada bisogna continuare per portare la
persona fuori dalla povertà”. Come sia possibile, lo sa solo lui, dal
momento che il sostegno finanziario dura al massimo 18 mesi e può essere
eventualmente rinnovato per 12 mesi dopo 6 mesi di intervallo.
E
che sia misura completa, poi! Anche quando arrivasse a regime
riguarderebbe il 43 per cento del milione seicentomila famiglie che
versano in condizioni di povertà assoluta. E’ un approccio
intollerabile, che facendo proprie le indicazioni dell’Alleanza contro
la povertà, alla quale aderisce la triplice sindacale, ha portato per
legge a stratificare la povertà secondo il principio ‘di dare prima a
chi sta peggio’ o, come si legge nel suo progetto, “detto altrimenti si
comincia da coloro i quali versano in condizioni economiche più
critiche, e cioè i più poveri tra i poveri, e progressivamente si
raggiunge anche chi sta ‘un po meno peggio’ sino a rivolgersi dal quarto
anno a chiunque sperimenti la povertà assoluta”.
Per
questa logica il PD, che aveva mobilitato le sezioni per trar vantaggio
dal Rei, ha ben pagato. Di un intervento diverso c’è bisogno. La denuncia del Rei viene dalla cronaca quotidiana.
“Dodicimila richieste presentate, poco più di mille quelle accettate: È molto stretta la porta per accedere al
Reddito d’inclusione, che dall’inizio di dicembre ha sostituito
l’assegno di disoccupazione e il sostegno per l’inclusione attiva”
(cronaca di Bergamo, Corriere della Sera, 18 marzo).
“Reddito di inclusione 8 mila famiglie in coda:
Dicevamo di 8 mila domande fra dicembre e gennaio. Di queste, una su
otto non ha superato la prima scrematura, non possedeva cioè i
requisiti. I restanti 7 mila sono invece finiti negli elenchi dell’Inps
che ha il compito di erogare i fondi e nel 50% circa dei casi le domande
sono state accolte”(edizione di Torino, La Stampa, 27 marzo).
“Palermo. Il Comune azzera gli appuntamenti per il reddito di inclusione: Si
riparte da zero. Tutti gli appuntamenti già fissati per fare il
colloqui con gli assistenti sociali del Comune e avviare il percorso
personalizzato previsto dal Reddito di inclusione sono stati azzerati.
Perché in questi mesi in tanti, dopo il colloquio, sono stati mandati
indietro dal momento che di fatto non avevano i requisiti per accedere
al Rei (cronaca di Palermo, La Repubblica, 16 marzo)
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