martedì 27 marzo 2018

La Catalogna grida: ‘quest’Europa è una vergogna’.

Quest’Europa è una vergogna” gridano in questi giorni le strade e le piazze catalane. A Barcellona decine di migliaia di persone hanno manifestato marciando dagli uffici della Commissione Europea al Consolato Tedesco per denunciare l’ennesimo atto di complicità dell’establishment continentale nei confronti della repressione spagnola dopo che domenica mattina la polizia tedesca, su segnalazione dei servizi segreti di Madrid, ha arrestato l’ex presidente catalano in esilio, Carles Puigdemont, mentre a bordo di un’automobile attraversava la frontiera tra la Danimarca e la Repubblica Federale Tedesca, diretto in Belgio.

Puigdemont era arrivato in Finlandia venerdì per realizzare incontri politici e delle conferenze sulla vicenda catalana, come aveva già fatto nelle settimane precedenti prima in Danimarca e poi in Svizzera, dove si sono nel frattempo rifugiate l’ex portavoce della CUP Anna Gabriel e la segretaria generale di ERC, Marta Rovira, sulle quali grava un ordine d’arresto emesso della magistratura spagnola.
Ma sabato Puigdemont aveva dovuto lasciare il paese dopo che Madrid ha chiesto l’arresto e l’estradizione del dirigente catalano riattivando l’ordine di cattura europeo spiccato mesi fa e poi sospeso per timore che la giustizia belga lo respingesse vista la sproporzione delle accuse contestate al dirigente politico.


Il governo finlandese non si era dimostrato particolarmente sollecito nei confronti delle richieste del governo Rajoy e finora neanche la magistratura belga ha inteso arrestare né Puigdemont né gli altri ex ministri rifugiatisi a Bruxelles.
Al contrario le autorità tedesche non solo hanno bloccato l’ex presidente catalano in esilio, ma il magistrato incaricato del suo caso ha addirittura deciso di confermare la carcerazione preventiva in attesa che Berlino si pronunci sull’estradizione. D’altronde l’esecutivo Merkel era stato all’interno dell’Unione Europea, insieme a quelli di Parigi e Roma, tra i più strenui sostenitori di Madrid quando Rajoy aveva mandato diecimila poliziotti a picchiare milioni di elettori che il 1 ottobre scorso intendevano pronunciarsi sull’autodeterminazione. In nome della “legalità” l’UE continua a sostenere uno stato reazionario e corrotto, retto da una monarchia e da un sistema politico-legale ereditato dal franchismo.
«La Spagna è uno Stato costituzionale democratico. Negli ultimi mesi abbiamo sostenuto con chiarezza la posizione del suo governo per garantire l’ordine giuridico», ha ribadito ieri Angela Merkel, dopo che giovedì scorso il Consiglio europeo ha affidato la vicepresidenza della Banca Centrale Europea all’ex ministro delle Finanze spagnolo, Luis de Guindos.
Ma la Spagna è uno stato in cui nelle ultime settimane i tre partiti del ‘regime del 78’ hanno votato in parlamento la riconferma dell’impunità per i crimini commessi dai franchisti e del reato di ingiuria alla Corona, che ha già portato all’arresto e alla condanna di centinaia di artisti, giornalisti, internauti e attivisti politici.
La memoria non può non correre a quando, nel 1940, i fascisti spagnoli fucilarono Lluis Companys, il presidente della Generalitat catalana in esilio, arrestato in Francia con la collaborazione della Gestapo tedesca e della polizia del regime di Vichy, e consegnato ai suoi carnefici.
La vicenda catalana evidenzia una volta in più l’incompatibilità tra la democrazia e l’Unione Europea, tra il primato dei diritti e delle libertà e la gabbia dei diktat dell’oligarchia continentale.
Se i catalani pensavano di essere cittadini europei si stanno accorgendo di non essere altro, per l’establishment europeo, che sudditi della Corona di Spagna.

 

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