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L’Unione Europea alla fine ha dato il via libera alla fusione tra le due corporations. La concentrazione di potere che ne risulta avrà un impatto grave e profondamente dannoso per chiunque lavori per un’agricoltura sostenibile
Nel corso del 2017, quando
l’Unione Europea aveva espresso un primo parere cautamente negativo in
merito alla fusione tra i due colossi dell’agrochimica, Bayer e
Monsanto, era spuntata qualche speranza che il matrimonio si sarebbe
interrotto.
La settimana scorsa, tuttavia, si è verificato quanto ci si poteva attendere: alla fine il via libera è arrivato.
Ma cosa implica questa fusione? Che impatto può avere nelle nostre vite la concentrazione di questo immenso potere nel settore agricolo industriale? Lo abbiamo chiesto a Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, esperta di OGM e profonda conoscitrice dei meccanismi di potere che regolano l’agrobusiness su scala mondiale.
Cosa ha cambiato la posizione dell’UE dall’estate scorsa a oggi?
Non c’è stato un vero cambiamento della posizione, hanno semplicemente dato delle linee guida intese come suggerimenti per come fare questa fusione riuscendo così ad avallarla e a “superare” i loro dubbi dell’anno scorso. In pratica l’unica condizione richiesta è cedere circa 6 miliardi di attività da parte di Bayer.
Questo genere di fusioni permettono di acquisire un potere gigantesco e da tanti punti di vista. Anzitutto si crea un blocco unico nel mondo dell’agroindustria, con capacità di lobby impressionanti. In secondo luogo, avere un blocco unico di questo tipo farà sì che, ogni volta che sono in discussione trattati internazionali come quello sul TTIP o CETA, vi sarà un attore estremamente potente che potrà con molta determinazione influenzare le scelte di Parlamento e Commissione nell’ottica della liberalizzazione dei mercati e lo farà per tutelare i propri interessi e aumentare i propri profitti da entrambi i lati dell’Atlantico.
Cosa implica a livello percentuale questa fusione all’interno del settore?
Diamo alcuni dati: la costituzione di questo gigante fa sì che un’unica azienda controlli circa un quarto del settore di produzione delle sementi e di quello della produzione di pesticidi. Avere queste quote di mercato vuol dire poter influenzare la direzione che prende la ricerca in questo settore e quindi riuscire a determinare che tipo di sementi e di sostanze chimiche saranno le padrone del mercato. Stiamo parlando di una direzione specifica a favore dell’agroindustria.
Cosa significa una fusione del genere per chi si occupa di agricoltura in modo sostenibile?
Tutto questo va a scapito di chi fa agricoltura ecologica e sostenibile perché, grazie al potere della nuova multinazionale, vi sarà una standardizzazione del mercato e appiattimento verso forme di monoculture e ulteriore perdita di biodiversità che danneggeranno enormemente la natura, il suolo e la vita di chiunque si occupi di agricoltura in modo sostenibile.
Quanto si può collegare questa scelta a quanto accaduto l’anno scorso, cioè che dopo un anno di campagna e dopo una iniziativa dei cittadini europei contro il Glifosato, l’UE ha comunque approvato una proroga di ulteriori 5 anni all’utilizzo del terribile pesticida?
Quello che è successo rispetto al Glifosato è molto grave. Ricordo che lo scorso autunno è emerso palese quanto la lobby legata alla Monsanto abbia potere di incidere. Con lo scandalo cosiddetto dei “Monsanto papers” si è visto come la multinazionale sia in grado di influenzare direttamente le valutazioni delle autorità di valutazione scientifiche, come l’EFSA (l’Ente di Valutazione Scientifica dell’UE) e le autorità regolatorie, sia in Europa che negli Stati Uniti. Sempre lo scorso autunno è emerso che parte del documento di EFSA, scritto per la valutazione sulla pericolosità del glifosato erano state copiate interamente da documenti della Monsanto. Si tratta di conglomerati che hanno un potere di lobby più grande di quello che può essere il singolo stato nazione. Con la futura unione Bayer-Monsanto e i “cugini” Chemchina-Syngenta e Dow-Dupont, una manciata di soggetti hanno in mano un intero mercato.
Cosa implica questa scelta rispetto alle nuove sperimentazioni genetiche?
Con una concentrazione così forte, pochi soggetti saranno potenzialmente in grado di decidere quali sementi e prodotti per la coltivazione sviluppare e commercializzare e, ancora più preoccupante, di fissare le linee strategiche di ricerca e sviluppo del settore agricolo. Questi soggetti avranno tutto l’interesse a promuovere la produzione e la commercializzazione di prodotti che necessitano di brevetti, pesticidi o OGM, in quanto sono loro stessi a produrli, a scapito ovviamente della biodiversità.
Ora l’ultimo ostacolo da superare per ufficializzare la fusione è ottenere l’approvazione da parte del Dipartimento di giustizia degli Usa. Quando questo avverrà, sarà scritta una pagina triste per agricoltura, ambiente e sovranità alimentare.
La settimana scorsa, tuttavia, si è verificato quanto ci si poteva attendere: alla fine il via libera è arrivato.
Ma cosa implica questa fusione? Che impatto può avere nelle nostre vite la concentrazione di questo immenso potere nel settore agricolo industriale? Lo abbiamo chiesto a Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, esperta di OGM e profonda conoscitrice dei meccanismi di potere che regolano l’agrobusiness su scala mondiale.
Cosa ha cambiato la posizione dell’UE dall’estate scorsa a oggi?
Non c’è stato un vero cambiamento della posizione, hanno semplicemente dato delle linee guida intese come suggerimenti per come fare questa fusione riuscendo così ad avallarla e a “superare” i loro dubbi dell’anno scorso. In pratica l’unica condizione richiesta è cedere circa 6 miliardi di attività da parte di Bayer.
Questo genere di fusioni permettono di acquisire un potere gigantesco e da tanti punti di vista. Anzitutto si crea un blocco unico nel mondo dell’agroindustria, con capacità di lobby impressionanti. In secondo luogo, avere un blocco unico di questo tipo farà sì che, ogni volta che sono in discussione trattati internazionali come quello sul TTIP o CETA, vi sarà un attore estremamente potente che potrà con molta determinazione influenzare le scelte di Parlamento e Commissione nell’ottica della liberalizzazione dei mercati e lo farà per tutelare i propri interessi e aumentare i propri profitti da entrambi i lati dell’Atlantico.
Cosa implica a livello percentuale questa fusione all’interno del settore?
Diamo alcuni dati: la costituzione di questo gigante fa sì che un’unica azienda controlli circa un quarto del settore di produzione delle sementi e di quello della produzione di pesticidi. Avere queste quote di mercato vuol dire poter influenzare la direzione che prende la ricerca in questo settore e quindi riuscire a determinare che tipo di sementi e di sostanze chimiche saranno le padrone del mercato. Stiamo parlando di una direzione specifica a favore dell’agroindustria.
Cosa significa una fusione del genere per chi si occupa di agricoltura in modo sostenibile?
Tutto questo va a scapito di chi fa agricoltura ecologica e sostenibile perché, grazie al potere della nuova multinazionale, vi sarà una standardizzazione del mercato e appiattimento verso forme di monoculture e ulteriore perdita di biodiversità che danneggeranno enormemente la natura, il suolo e la vita di chiunque si occupi di agricoltura in modo sostenibile.
Quanto si può collegare questa scelta a quanto accaduto l’anno scorso, cioè che dopo un anno di campagna e dopo una iniziativa dei cittadini europei contro il Glifosato, l’UE ha comunque approvato una proroga di ulteriori 5 anni all’utilizzo del terribile pesticida?
Quello che è successo rispetto al Glifosato è molto grave. Ricordo che lo scorso autunno è emerso palese quanto la lobby legata alla Monsanto abbia potere di incidere. Con lo scandalo cosiddetto dei “Monsanto papers” si è visto come la multinazionale sia in grado di influenzare direttamente le valutazioni delle autorità di valutazione scientifiche, come l’EFSA (l’Ente di Valutazione Scientifica dell’UE) e le autorità regolatorie, sia in Europa che negli Stati Uniti. Sempre lo scorso autunno è emerso che parte del documento di EFSA, scritto per la valutazione sulla pericolosità del glifosato erano state copiate interamente da documenti della Monsanto. Si tratta di conglomerati che hanno un potere di lobby più grande di quello che può essere il singolo stato nazione. Con la futura unione Bayer-Monsanto e i “cugini” Chemchina-Syngenta e Dow-Dupont, una manciata di soggetti hanno in mano un intero mercato.
Cosa implica questa scelta rispetto alle nuove sperimentazioni genetiche?
Con una concentrazione così forte, pochi soggetti saranno potenzialmente in grado di decidere quali sementi e prodotti per la coltivazione sviluppare e commercializzare e, ancora più preoccupante, di fissare le linee strategiche di ricerca e sviluppo del settore agricolo. Questi soggetti avranno tutto l’interesse a promuovere la produzione e la commercializzazione di prodotti che necessitano di brevetti, pesticidi o OGM, in quanto sono loro stessi a produrli, a scapito ovviamente della biodiversità.
Ora l’ultimo ostacolo da superare per ufficializzare la fusione è ottenere l’approvazione da parte del Dipartimento di giustizia degli Usa. Quando questo avverrà, sarà scritta una pagina triste per agricoltura, ambiente e sovranità alimentare.
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