Il cambiamento di atteggiamento verso la cannabis e le modifiche all’accesso legale alla marijuana in alcuni stati degli USA negli anni scorsi è sbalorditivo.
it.businessinsider.com Kevin Loria
L’autunno scorso, il 57% degli adulti negli USA ha detto di ritenere che la marijuana dovrebbe essere legale, mentre solo il 37% la pensava in modo opposto; essenzialmente il contrario rispetto a un decennio fa.
E, in seguito alle elezioni di novembre, il 20% degli statunitensi vive in uno stato in cui si è votato per legalizzare l’uso ricreativo. Molti di più vivono in stati con forme di accesso terapeutico alla marijuana.
Ma ciò mette in ombra un fatto cruciale: c’è ancora molto che non sappiamo della cannabis da un punto di vista scientifico.
Una corposa ricerca appena pubblicata dalla National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine propone una delle analisi più esaustive – e certamente delle più aggiornate – su quanto sappiamo esattamente sulla cannabis dal punto di vista scientifico. La commissione che ha redatto la relazione, che rappresenta le migliori università del Paese, ha preso in considerazione per la sua analisi oltre 10.000 studi, dai quali ha tratto quasi 100 conclusioni.
La relazione rivela soprattutto quanto ancora non sappiamo, ma è comunque sorprendente vedere quanto sappiamo su alcuni effetti terapeutici della cannabis.
Questo compendio era estremamente necessario, come lo sarebbero ulteriori ricerche sul soggetto in esame.
“La politica ha superato la scienza, e la cosa è molto grave”, ha detto Staci Gruber, professoressa associata in psichiatria della Harvard Medical School e direttrice del programma Marijuana Investigations for Neuroscientific Discovery al McLean Hospital, in un’intervista a Business Insider, molti giorni prima che potessimo leggere questa relazione.
“Come scienziata, ritengo che lo scopo sia sempre quello di impegnarci a raggiungere delle conclusioni e di riuscire a divulgarle in modo da poter prendere buone decisioni fondate scientificamente”, ha detto. La cannabis “esiste da migliaia di anni; non si tratta di qualcosa prodotto da poco in laboratorio”.
Delle buone ricerche sono essenziali, per sapere “qual è il modo migliore per usarla, quali sono le modalità più sicure e quali sono i rischi reali”, ha aggiunto.
Prima di tuffarci nelle conclusioni, dobbiamo ricordarci velocemente un paio di cose.
Primo, il linguaggio della relazione è studiato per dire esattamente quanto sappiamo, e non sappiamo, a proposito di certi effetti. Termini come “prove definitive” significano che abbiamo abbastanza dati per raggiungere una conclusione sicura; termini come “prove limitate” vogliono dire che sussiste ancora una significativa incertezza, anche se esistono buoni studi che supportano un’idea. Tra questi due livelli ci sono gradi diversi di certezza. Su molti aspetti, i dati sono ancora insufficienti per pronunciarsi positivamente o negativamente sulla cannabis.
Cercheremo di contestualizzare queste conclusioni nel prossimo futuro, ma volevamo condividere subito alcune delle conclusioni iniziali.
In seguito a queste considerazioni, ecco alcune delle conclusioni più sorprendenti della relazione:
- Ci sono prove conclusive o sostanziali (i livelli più definitivi) che cannabis o cannabinoli scoperti nella pianta della marijuana, possono essere efficaci nel trattamento del dolore cronico, che è “di gran lunga il più comune” dei motivi per cui viene richiesta la marijuana terapeutica.
- Con un simile grado di certezza, è stato scoperto che la cannabis può contribuire a curare gli spasmi muscolari collegati alla sclerosi multipla e può aiutare a prevenire o a trattare nausea e vomito associati alla chemioterapia.
- Gli autori hanno raggiunto prove che suggeriscono che la marijuana incrementi il rischio di incidenti stradali.
- Hanno ottenuto anche prove che in stati in cui l’accesso alla marijuana è legale, c’è più probabilità che i bambini consumino accidentalmente cannabis.
- Avevamo consultato queste cifre e visto che l’aumento complessivo del rischio è piccolo; uno studio ha rilevato che il tasso di ingestione accidentale tra i bambini è passato dall’1,3 su 100.000 di due anni prima della legalizzazione al 2,3 su 100.000 due anni dopo la legalizzazione. C’è ancora una probabilità più alta che i genitori chiamino il centro antiveleni per bambini che hanno mangiato matite o crema lenitiva, ma è comunque importante sapere che potrebbe esistere un rischio maggiore.
- Forse sorprendentemente, gli autori hanno raccolto prove moderate (un livello di prova abbastanza soddisfacente e un’indicazione che esistono buoni dati) che la cannabis non è collegata ad alcun accresciuto rischio di tumore ai polmoni o alla testa e al collo associati al fumo. Però, hanno raccolto prove limitate che suggeriscono che i consumatori cronici o frequenti possano avere tassi maggiori relativi a un certo tipo di tumore ai testicoli.
- Collegamenti a condizioni cardiache sono meno chiare. Ci sono prove insufficienti per sostenere o rigettare l’idea che la cannabis possa far aumentare gli attacchi cardiaci, anche se c’è qualche limitata prova che fumare cannabis potrebbe essere una causa scatenante di attacco cardiaco.
- Ci sono prove sostanziali che i fumatori regolari di marijuana abbiano maggiori probabilità di soffrire di bronchite cronica e che smettere di fumare aumenti probabilmente tale condizione. Non ci sono abbastanza prove per dire se la cannabis accresca o meno il rischio di malattie respiratorie come l’asma.
- Ci sono prove limitate che fumare marijuana può provocare alcuni effetti antiinfiammatori.
- Prove sostanziali suggeriscono un legame tra esposizione prenatale alla cannabis (quando una donna incinta fa uso di marijuana) e minore peso alla nascita, e ci sono prove limitate che suggeriscono che l’uso possa aumentare le complicazioni durante la gravidanza e il rischio che un bambino debba passare tempo in terapia intensiva neonatale.
- In termini di salute mentale, prove sostanziali dimostrano un rischio maggiore di sviluppare schizofrenia tra i fruitori regolari, qualcosa che gli studi hanno mostrato essere una preoccupazione particolare relativa a persone comunque a rischio di schizofrenia. Ci sono anche prove moderate che l’uso di cannabis è collegato a un leggero aumento del rischio di depressione e a un maggiore rischio di fobia sociale.
- Prove limitate hanno dimostrato un collegamento tra l’uso di cannabis e minori risultati accademici, particolarmente vero per persone che hanno iniziato a fumare regolarmente nell’adolescenza (cosa che è stata dimostrata aumentare l’uso problematico).
- Una delle conclusioni più interessanti e forse più importanti della relazione è che sono necessarie ulteriori ricerche sulla cannabis. Fatto molto importante: in molti casi, dire che la cannabis è collegata a un maggiore rischio non significa che l’uso di marijuana causa quel rischio.
Senza la ricerca, è difficile dire il modo migliore con cui i responsabili politici dovrebbero promuovere sforzi verso la legalizzazione; per dire in che modo i programmi educativi e le istituti di salute mentale dovrebbero adattarsi per sostenere dei cambiamenti, ad esempio.
“Se avessi un solo desiderio, sarebbe che i responsabili politici si sedessero davvero insieme a scienziati e operatori della salute mentale” quando emanano alcune di queste nuove politiche, ha detto Krista Lisdahl, professoressa associata in psicologia e direttrice del Brain Imaging and Neuropsychology Lab alla University of Wisconsin di Milwaukee, in un intervista rilasciata a Business Insider prima che potessimo leggere la relazione.
È importante sapere che cosa funziona e cosa no, e cosa deve esser approfondito. Questa relazione aiuta a mostrare cosa abbiamo imparato negli ultimi anni, ma mostra anche proprio quanto di più ci sia ancora da imparare.
Nello studiare la cannabis, “non stiamo cercano il buono o il cattivo. Stiamo cercando la verità”, ha detto Gruber.
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