Il presidente di Ntv ha ceduto la società dei treni veloci a un fondo Usa per 2 miliardi di euro. Tutti gli azionisti ci hanno guadagnato. Ma il rilancio della società è arrivato grazie alle nuove tariffe decise dall'Authority. Intanto sui treni di Stato, quelli dei pendolari, continuano i disagi.
L'Espresso Gloria Riva
Stavolta l'Italia è arrivata prima degli altri paesi europei, privatizzando e incentivando la concorrenza nel settore dell'Alta Velocità. Un successo, che si chiama Italo Ntv, cioè i treni che sfrecciano a più di trecento all'ora sui binari italiani, comprati poche settimane fa, per due miliardi di euro, dal fondo statunitense Global Infrastructure Partners, Gip, che ora vuole portare l'italico treno nel resto d'Europa, esportando la concorrenza su rotaie, per ora sperimentata solo in Italia.L'affare è andato alla grande per il presidente Luca Cordero di Montezemolo e i suoi due soci fondatori, Diego Della Valle e Gianni Punzo, oltre che per gli altri azionisti di maggioranza: Flavio Cattaneo , Isabella Seragnoli, Alberto Bombassei, Generali, Intesa SanPaolo e Peninsula Capital. I tre fondatori, anche tenendo conto dell'investimento iniziale e della successiva ricapitalizzazione, hanno guadagnato rispettivamente 240 milioni di euro per Montezemolo, 320 per Della Valle e 140 per Punzo.
Insomma, cifre a otto zeri che fanno rosicare i francesi di Sncf, la società pubblica di trasporti d'oltralpe che fino al 2015 aveva una partecipazione del 20 per cento in Italo Ntv. I francesi si sono defilati - perdendo una marea di quattrini - nel momento più buio di Ntv, quando i conti erano in rosso e la cassa integrazione veniva usata a piene mani. Insomma, Sncf aveva già suonato il de profundis per l'italica Ntv. È andata diversamente e adesso, quegli stessi francesi, potrebbero ritrovarsi in casa il super concorrente Ntv gestito dagli americani che, in base alle regole europee sulla concorrenza, deve lasciar passare sui binari francesi. Sncf, infatti, non aveva considerato la genialità italiana nel risolvere certi problemi.
Infatti, quando nel 2015 Ntv è entrata in sofferenza, è stata aiutata da un alleggerimento del pedaggio che quotidianamente si paga a Ferrovie dello Stato per viaggiare sui binari dell'alta velocità. Un alleggerimento deciso dall'Authority per i trasporti così come prevede la legge. Prima della crisi il costo era di 12 euro al chilometro per ciascun treno, dopo è stato di sette euro. Dunque, il pedaggio è stato quasi dimezzato, alleggerendo i conti di Italo.
La differenza, ovviamente, è stata pagata dai pendolari che viaggiano sulle sgangherate ferrovie locali, per circa 600 milioni, e dalle Regioni che, solo nel 2016 hanno versato nelle casse di Trenitalia 1,92 miliardi, con una maggiore spesa del 4,3 per cento.
Insomma, Montezemolo&co incassano, e il pendolare paga per tutti.
Per capirci, nel 2017 l'azienda ha previsto di percorrere 15 milioni di chilometri, vale a dire una spesa di 105 milioni di euro per correre sui binari ferroviari dell'alta velocità, risparmiandone 75.
«Benissimo il primato della liberalizzazione, spiace però dover far notare che allo Stato e al servizio pubblico locale spettano solo gli elevati costi di questa cessione», spiega Dario Balotta, presidente dell'Osservatorio Nazionale sulle Liberalizzazioni e sui Trasporti, che continua: «Il passaggio di Italo al fondo Global Infrastructure Partners può rappresentare un impulso al processo di liberalizzazione regolata, a differenza di quella aerea, del settore ferroviario europeo».
Ed effettivamente il mercato italiano rappresenta «una testa di ponte per quello europeo, che fa ben sperare sull'approccio della nuova proprietà per lo sviluppo di Ntv, per nuovi investimenti, per i consumatori ed una maggiore occupazione di ferrovieri specializzati».
Balotta, da un lato spera che il fondo possa assicurare un maggiore e più efficiente utilizzo delle tratte Alta Velocità, dall'altro fa notare che «l'abbassamento del costo dei pedaggi è finito tutto nelle tasche della compagine privata che ha venduto. L'ammortamento degli alti costi di costruzione dell'Alta velocità, tripli di quelli europei, e la copertura dei costi di gestione e di manutenzione resta quasi interamente in capo a Rete Ferroviaria Italiana del gruppo Fs, cioè ai contribuenti», di cui il 90 per cento non usa mai un treno, né locale, né ad alta velocità.
Nessun commento:
Posta un commento