mercoledì 28 marzo 2018

Chi difende la sanità pubblica?

 Chi difende la sanità pubblica?
 dinamopress Simonetta Ramacciani
Il caso di tre lavoratori del Policlinico Umberto I, che avendo denunciato nel corso di un’intervista lo stato del servizio ospedaliero e di chi ci lavora, sono sottoposti a provvedimento disciplinare e rischiano addirittura il licenziamento.
C’era una volta la sanità pubblica.
Ora invece ci sono ospedali, servizi territoriali e tutto quanto previsto dai piani sanitari, che pretenderebbero di gestire la salute pubblica con formule mutuate dai protocolli del management. Direttori generali in pectore che dovrebbero far quadrare bilanci, regioni che definiscono gli stanziamenti per ogni azienda sanitaria in base ai drg (diagnosis related group) che dovrebbero stabilire “per grandi numeri” quanto costa un quadro clinico e relativi interventi sanitari, tempi di degenza ecc. Tutto in nome della razionalizzazione, della piramide aziendale che avrebbe dovuto portare a un miglioramento ed efficentamento delle procedure, dei costi di gestione.

Ma siamo in Italia, quindi, buchi e voragini sono ordinaria amministrazione. Ma non solo per questioni di malaffare, corruzione o malgestione, in primis per le scelte politiche ed economiche che stanno di fatto portando a uno smantellamento del sistema sanitario pubblico, considerato ancora un’eccellenza se rapportato a ciò che succede ad esempio negli USA. Investire sulla salute e sulla sanità pubblica è una scelta politica ben precisa, a fronte delle tanto vituperate tasse che tutti vorrebbero tagliare si è infiltrato il concetto che privato è meglio, più efficiente, veloce, ecc. Privato convenzionato, naturalmente. Privato con sconti da groupon, dove pullulano offerte per chekup completi a prezzi stracciati. Privato con medici che utilizzano il loro sapere e controllo sulla vita delle persone per parcelle da capogiro, per poi poter garantire salti di fila nelle strutture pubbliche dove operano.
E, se il termometro che misura lo stato di salute di una società è il suo poter garantire livelli di salute e di benessere, bene, siamo davvero all’allarme rosso.
Chi lavora negli ospedali, nei servizi territoriali, nei presidi di sanità pubblica, ormai allo stremo, privati di risorse, di turnover, ha negli occhi anni e anni di depauperamento, stillicidio continuo di personale, mai rimpiazzato, concorsi bloccati per adempiere ai piani di rientro, branditi come scure per coprire disavanzi, strutture fatiscenti, contratti precari ed esternalizzazioni selvagge, mancanza di diritti e disservizio diffuso, liste d’attesa infinite e ricorso ai pronto soccorso come “ultima spiaggia” per poter accedere velocemente a indagini e cure.
Dal momento che aspettare per avere accesso alle cure significa tragicamente arrivare tardi e spesso morire, sempre più spesso si va direttamente al pronto soccorso come extrema ratio, oppure si ricorre al sistema dell’ “intramoenia”, servizio privato negli spazi pubblici, dove pagando a caro prezzo si può accedere a una visita o a un esame in tempi brevissimi, nella stessa struttura dove tramite prenotazioni del servizio regionale recup si possono avere tempi di un anno e oltre.
Le esternalizzazioni selvagge rappresentano  un vero e proprio caporalato istituzionalizzato, in cui professionisti della salute sono reclutati tramite cooperativa, o società di servizio, sottopagati, con contratti cococo, rinnovati per anni e anni, ricattati a lavorare in condizioni ampiamente al di sotto degli standard previsti dai contratti nazionali di categoria. Senza  neppure ottenere un risparmio per le aziende sanitarie, come dimostrano i dati per questo settore e per gli altri servizi pubblici. Tutto questo ha nel tempo sgretolato la forza e l’unità dei lavoratori della salute, dividendoli e scatenando guerre tra poveri e battaglie corporative.
I “buchi” di bilancio (alibi perpetuo per giustificare scelte e sacrifici) si accumulano in anni di gestioni fallimentari, in cui come al solito, a pagare sono solo gli ultimi in lista: cittadini e lavoratori. Mai che un cosiddetto “manager” di queste aziende sanitarie, alla fine dei disastri paghi in prima persona: anzi, si porta via laute buonuscite, come peraltro succede in tutti gli altri settori del pubblico o partecipato.
Malgrado tutto, c’è chi crede ancora che si possa lottare per determinare un cambiamento, denunciando sistematicamente, parlando con gli utenti, con i lavoratori, impegnandosi nei posti di lavoro e usando anche gli strumenti della rappresentanza decentrata delle rsu, perché il diritto a una sanità pubblica, universale, umanizzata è al centro del loro agire.
Rischiando magari quanto è successo a due lavoratori dello Spallanzani, sottoposti a consigli disciplinari per  “comportamento anti aziendale” e sospesi addirittura per 4 mesi dal servizio.
La scure dei provvedimenti disciplinari per chi dissente, per chi denuncia, per chi crede che non si possa più assistere in silenzio allo sfascio della sanità pubblica si sta abbattendo ora anche su tre lavoratori dell’Umberto I di Roma, Policlinico universitario perennemente sotto i riflettori dei media. Le carenze e i problemi della struttura sono stati denunciati più volte, ma se a farlo sono i lavoratori, beh allora scatta il bavaglio.
Soprattutto se si tratta  di quelli che hanno dato vita a un coordinamento di lotta molto attivo e che sta cercando di opporsi al licenziamento di 600 lavoratori della cooperativa OSA che da 14 anni fornisce ‘manodopera” al Policlinico, senza nessuna prospettiva di soluzione e internalizzazione, di quelli che denunciano le gravi condizioni assistenziali in cui versano i reparti e in primis il pronto soccorso. In quel caso si ricorre ai provvedimenti disciplinari.
I tre lavoratori sarebbero appunto “rei” di aver tenuto un comportamento contrario alle politiche aziendali, gravemente “lesivo” dell’immagine, e di averlo fatto anche in orario di servizio, (cosa del tutto falsa come dimostrano orari e timbrature), avendo rilasciato un’intervista alla candidata regionale Roberta Lombardi, dopo una sua visita al Policlinico.
I lavoratori ora aspettano di essere convocati dal consiglio di disciplina e rischiano fino al licenziamento.
La risposta a tutto ciò è stata immediata: si è svolta una nutrita assembla cittadina nell’androne del Policlinico, indetta dal  coordinamento cittadino lavoratori della sanità e dal coordinamento lavoratori del Policlinico Umberto I. È stata ribadita la ferma denuncia di questo attacco al diritto di espressione e di lotta dei lavoratori e sono state programmate mobilitazioni nelle date in cui si svolgeranno i consigli di disciplina, a cui invitiamo tutte e tutti a partecipare.
A partire dal 29 Marzo ore 9, sotto il rettorato alla Sapienza, e mercoledì 11 Aprile ore 12 alla direzione del Policlinico Umberto I.

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