Le parole che ci opprimono sono quelle
asserzioni che apparentemente non lasciano alternativa. Come si fa a dire che
non si vogliono far sacrifici per il nostro Paese se ci ripetono tutti i giorni
che siamo in recessione o che i
mercati non capirebbero e lo spread (con i bund tedeschi) riprenderebbe
inesorabilmente a salire e quindi ci ritroveremo come la Grecia, ossia un paese
pieno di poveri e con un piccolo gruppo di ricchi sempre più ricchi e più
avidi. Allora giù batoste di tasse e imposte che deprimono la non brillante
economia, diminuiscono il potere d'acquisto e restringono i prestiti alle
imprese le quali a loro volta falliscono o delocalizzano (in Paesi con minor
imposizione) e si creano ancor più disoccupati. Contemporaneamente si concedono
prestiti al sistema bancario con meccanismi complicatissimi e contorti e questi
ultimi, con i soldi concessi al tasso dell'1% si comprano i nostri buoni del
tesoro, che nel frattempo rendono bene e continuano a non stimolare l'economia
non prestando soldi.
Per far le cose per bene, come vanno fatte, si chiamano
dei professori che per rendersi
credibili ai mercati cambiano la Costituzione inserendo il pareggio di bilancio
come nuovo elemento, appunto, costitutivo della Repubblica. Il lavoro è da questo
momento subordinato al pareggio di bilancio, quindi lo Stato non può investire
per creare condizioni di occupazione se non con i soldi che incassa in più
durante l'anno. Come si fa ad incassare di più se, come dicono le persone
responsabili che ci governano e che siedono in parlamento, siamo in recessione
e ancora nel bel mezzo della crisi più grave dal dopo guerra, e i cittadini
hanno meno soldi da spendere e quindi lo Stato incasserà di meno dall'imposta
sui beni di consumo (IVA) e dalle varie accise, rimane per noi poveri
sempliciotti un mistero. Anche a
questa obiezione hanno una risposta, anzi due o tre: primo lotta senza
quartiere all'evasore, secondo smantellare le garanzie dal contratto di lavoro,
altra parola opprimente “flessibilità in entrata e soprattutto in uscita”,
terzo razionalizzare la spesa pubblica (spending review). Peccato che la
maggior parte dell'evasione è consentite da leggi che permettono, a chi se lo
può permettere, di costruire bilanci formalmente corretti perché sostenuti da norme
che consentono di confondere l'origine degli oneri contributivi. Sull'assoluta
ininfluenza delle norme sul lavoro rispetto all'occupabilità è inutile
soffermarsi: siamo in recessione cioè produciamo di meno e servono sempre meno
addetti. Il terzo pilastro è quanto ci sentiamo dire da quarant'anni e
puntualmente non si verifica: alla fine si scopre che sono tutte spese
necessarie e che i tagli sono talmente marginali e che occorre così tanto
impegno e tempo, che tutto sommato conviene lasciar perdere.
Ma quello che è più insopportabile, per
chi non ha corrotto ne
ha evaso il fisco e neppure falsificato i bilanci, insomma uno sfigato
al quadrato direbbe qualche assistente di qualche ministro, è che i decisori
tecnici e politici ci instillano e giornalmente alludono, al nostro comunque
doverci sentire in colpa e corresponsabili di questa situazione che, peraltro,
ci dicono essere globale. Eppure, forse questo è proprio l'unico punto su cui
hanno una certa ragione. Siamo colpevoli di semplicismo, di credulità
(popolare), di scarsa consapevolezza, di asservimento al potere (dei politici,
dei partiti e dei potentati di turno), di vigliaccheria, di faciloneria, di
mancanza di coscienza collettiva, d'individualismo, di competizione esacerbata,
d'ignoranza e di pigrizia mentale. Siamo statati un po' tutti, comunque la
maggioranza, ad accettare per troppo tempo le manifeste menzogne e ipocrisie
dei monopolisti delle “opinioni comuni”, di quelli che a forza di ripetere le
stesse frasi alla fine riescono, senza che ce ne accorgiamo, a farle entrare
nella nostra rappresentazione della realtà come se fossero la realtà stessa.
Per quattro briciole di pseudo benessere ci siamo accontentati di
esercitare la nostra capacità critica,
nel migliore dei casi, al bar o a cena con gli amici. Poi, nello svolgimento
delle nostre quotidiane mansioni, abbiamo fatto finta di non vedere o di non
capire, per non dover prendere una posizione che si sarebbe fatalmente rilevata
scomoda (o meno confortante) per noi, convinti che tanto non sarebbe cambiato
niente e quindi meglio lasciar perdere. Lo scopriamo adesso che i partiti
incassano soldi pubblici in misura non confrontabile con le spese elettorali
realmente sostenute? E possiamo
accettare che i leader di questi stessi partiti si scandalizzino quando
qualcuno di loro viene preso con le mani nel sacco e allora, come un sol uomo,
si lanciano in campagne moralizzatrici, moderatamente però, perché non hanno
nessuna voglia di rinunciare ai soldi in più che hanno incassato. Quei soldi sono
nostri e dovevano servire per permettere a tutti i partiti che si erano
impegnati in una campagna elettorale, di convincere e di far prevalere un'idea,
un progetto per il futuro, un modello di società rispetto ad un altro. Come?
Organizzando incontri, facilitando la comprensione della complessità del nostro
mondo, stimolando la partecipazione dei cittadini a convegni e seminari, magari
con feste, mostre, attività culturali collaterali ad un momento di
comunicazione esplicita del proprio pensiero politico. E invece hanno comprato
case, diamanti e auto di lusso con quei nostri soldi sudati e da noi lasciati a
disposizione della democrazia, non del figlio, dell'amante e dell'agente
immobiliare dei partiti.
Tra poco si ri-vota per Comuni più o meno
grandi. Vedremo se i cittadini italiani saranno ancora disposti a dar credito a
questi partiti, mi riferisco ai principali, oppure saremo capaci di dare un
segnale vero, magari astenendoci oppure votando partitini di sinistra o gruppi
civici locali, fin'ora sempre in minoranza, ma che si esprimono in maniera
chiara con un programma leggibile e soprattutto siano disposti ad essere
monitorati dai cittadini stessi e sempre pronti a condividere le decisioni con
i propri elettori.
Riprendiamoci il diritto alla parola.
Riappropriamoci delle nostre vite e non lasciamo mai più a nessuno il potere di
scegliere senza il nostro consenso sul nostro futuro.
CampagnanoR@P
Nessun commento:
Posta un commento