È decisamente nero il quadro delineato dall'ultimo rapporto sullo stato della pirateria informatica nel mondo - il Global Software Piracy Study - pubblicato dalla BSA.
Nel corso del 2011, il valore totale del software commerciale installato illegalmente è cresciuto, rispetto all'anno precedente, arrivando a 63,4 miliardi di dollari (nel 2010 era fermo a 58,8 miliardi).
In Italia, la BSA calcola che il 48% del software sia piratato: rispetto al 2010 c'è stato un lieve calo (pari all'1%) ma la percentuale resta decisamente superiore a quella delle altre nazioni europee (la media è del 33%), inferiore soltanto a quella della Grecia (61%) e alla pari con Cipro e Islanda.
Il valore del software illegalmente diffuso nel nostro Paese è così stimato in quasi 1,4 miliardi di euro.
Matteo Mille, presidente di BSA Italia, chiede misure più incisive per contrastare la pirateria: «Se il 48% dei consumatori taccheggiasse i prodotti sugli scaffali dei negozi» ha dichiarato «questo sicuramente indurrebbe le istituzioni ad intensificare la sorveglianza da parte delle forze dell'ordine e ad appesantire le pene per i trasgressori della legge».
Il "pirata-tipo", secondo i dati dell'associazione, è un giovane uomo, ma la pirateria è molto diffusa anche in ambiente lavorativo: chi prende le decisioni nelle aziende ammette di piratare software più frequentemente degli altri utenti, spesso comprando un numero di licenze insufficienti per i computer su cui è installato un determinato programma.
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