L'Aula di Montecitorio ha dato disco verde all'articolo 1 del testo che riforma il finanziamento dei partiti e il controllo dei bilanci (372 sì, 97 no e 17 astenuti). I contributi pubblici per le spese sostenute dai movimenti politici sono così ridotti a 91 milioni all'anno. Ma torna il principio del finanziamento pubblico, perché il 30% delle somme verrà distribuito in base alle quote associative e non ai voti ricevuti.
di Redazione Il Fatto Quotidiano La Camera dimezza i rimborsi elettorali ai partiti. Ma, al contempo, reintroduce il concetto di finanziamento pubblico cancellato da un referendum (e da Tangentopoli) nel 1993. L’aula di Montecitorio ha infatti approvato il primo articolo della proposta di legge sulla riforma dei partiti, che riduce i contributi, con 372 sì, 97 no e 17 astenuti. Contro hanno votato Lega, Radicali, Noi Sud e Idv. In sostanza, è modificato il sistema di contribuzione pubblica alla politica: il 70% del fondo a favore dei partiti (attualmente pari a 63,7 milioni) continua ad essere erogato a titolo di rimborso per le spese sostenute in occasione delle elezioni, mentre il restante 30% (pari a 27 milioni 300mila euro) è legato alla capacità di autofinanziamento del partito ed è erogato in maniera proporzionale alle quote associative e ai finanziamenti privati raccolti. Come? I partiti avranno diritto a 50 centesimi per ogni euro ricevuto a titolo di quote associative ed erogazioni liberali da parte di persone fisiche o enti, con un limite massimo di 10mila euro per quota, per impedire che un solo soggetto abbia un eccessivo controllo sul partito. Le donazioni, come il tesseramento, dovranno essere dimostrate da ricevute. Tutto questo, entro e non oltre il fondo del cofinanziamento, la cui entità è stabilita a monte.Quel che esce dalla porta, insomma, rischia di rientrare dalla finestra.
Con la conferma che i rimborsi elettorali non vanno toccati, al contrario di quel che chiedevano chiedevano Lega (“La demagogia della maggioranza Pd, Pdl e Terzo Polo è stata smascherata”, è scritto in una nota del Carroccio) e Idv. “Noi abbiamo votato contro perché abbiamo portato in aula una legge d’iniziativa popolare, con in calce alcune centinaia di migliaia di firme, in cui si aboliva del tutto il sistema dei rimborsi”, ha spiegato il deputato dipietrista Antonio Borghese. Quelle firme, però, non sono bastate a convincere gli altri partiti che qualcosa in più andava fatto. Non hanno convinto il Pd, come buona parte del Pdl. Che, anche in quest’occasione, è andato in ordine sparso. A cominciare dagli emendamenti presentati dai deputati del Pdl Giorgio Stracquadanio e Isabella Bertolini che, in direzione totalmente contraria dal resto del partito, hanno proposto l’abolizione dei rimborsi elettorali (coagulando anche un centinaio di voti intorno alla propria proposta). “E’ una questione di coerenza – ha detto Stracquadanio – Noi abbiamo presentato un progetto di legge, sullo schema di quanto già fatto al Senato da Nicola Rossi, per permettere un finanziamento volontario ai partiti, con una detassazione al 50%”. Il deputato pidiellino ha fatto masticare amaro il segretario Angelino Alfano, citandolo all’esordio del suo intervento. Il riferimento era alle dichiarazioni che lo stesso Alfano aveva fatto esattamente un mese fa, annunciando che di lì a poco sarebbe nata la nuova creatura politica del centrodestra: “Rinunceremo al finanziamento pubblico, vivremo con i soldi dei volontari”.
Dichiarazioni evidentemente improvvide o, comunque, non sostenute da una linea politica. Che ha preso corpo solamente dopo, con l’accordo con il Pd, che non soltanto non cancella i rimborsi, ma avalla anche i finanziamenti diretti. Come pure pochissimo è stato fatto per favorire, tramite un’ulteriore riduzione dei contributi (o rimborsi che dir si voglia), l’accesso delle donne alla politica. I relatori del testo Bressa (Pd)e Calderisi (Pdl), hanno infatti invitato ad accantonare la proposta presentata dalle democratiche Amici, da Barbara Pollastrini e Doris Lo Moro secondo la quale ogni partito avrebbe destinato una quota pari almeno al 25 per cento (la legge attuale dice il 5%) dei rimborsi ricevuti a iniziative volte ad accrescere la partecipazione attiva delle donne alla politica. E’ stato invece approvato un emendamento a prima firma Sesa Amici (Pd) che prevede che i contributi pubblici spettanti a ciascun partito siano diminuiti del 5 per cento se il partito abbia presentato alle elezioni un numero di candidati dello stesso genere superiore a due terzi del totale.
di Sonia Oranges
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