Accelerazione del massacro sociale in Spagna: pressato dalla troika e dalle agenzie di rating Rajoy taglia 28 miliardi alle comunità autonome, all'istruzione e alla sanità. Paese allo stremo.
Non sembrano esserci più file agli sportelli delle filiali di Bankia sparse in numerose città iberiche, dopo che nei giorni scorsi il cattivo stato di salute dell’istituto finanziario appena salvato dal governo aveva portato numerosi risparmiatori a svuotare i propri depositi.
Ma i guai per i cittadini del Regno di Spagna non finiscono, anzi. Di ieri la notizia che tre comunità autonome dello Stato - Madrid, Comunità Valenciana e Castilla y Leon – tra l’altro tutte governate dalla destra del PP, hanno ampiamente superato il deficit previsto per il 2011. Il che significa che gli abitanti delle tre regioni si vedranno arrivare a breve un vero e proprio salasso nel tentativo dichiarato di far rientrare la spesa pubblica.
Spesa pubblica che del resto è nel mirino anche del governo statale – pressato dai cosiddetti ‘mercati’ e in particolare dalla Commissione Europea, dalla BCE e dal Fondo Monetario Internazionale – che nel giro di pochi giorni ha deciso e ottenuto dal parlamento statale il consenso a tagli per oltre 28 miliardi di euro.
L’ultimo intervento quello deciso l’altro ieri dal ministero delle Finanze che ha approvato i programmi di riduzione del deficit di tutte le regioni spagnole, salvo il Principato delle Asturie, per una sforbiciata complessiva di ben 18 miliardi di euro, dei quali 13 della spesa pubblica e 5 in aumenti delle imposte. L'accordo mira – ha rivendicato beato il Ministro Cristobal Montora, a tranquillizzare Bruxelles e i mercati sulla capacità del governo di Mariano Rajoy di mettere sotto controllo la spesa delle regioni. Un avvertimento al Partido Popular dai cosiddetti ‘mercati’ era arrivato a metà settimana, quando l’agenzia Moody’s aveva tagliato il rating di quattro comunità, fra le quali le fondamentali Catalogna e Andalusia, per aver mancato i loro obiettivi di riduzione del deficit di bilancio nel 2011.
Il Parlamento spagnolo aveva appena approvato, in tempi record, un pacchetto di tagli ai settori della sanità e della scuola per un valore complessivo di 10 miliardi di euro, aggiuntivi naturalmente rispetto a quelli imposti agli enti locali. Un’approvazione blindata, senza dare alcuna possibilità di operare una qualsiasi correzione ai deputati, obbligati a votare i due decreti senza discussione. Mentre nel settore sanitario sono previste chiusure di interi ospedali e riduzione generalizzata dei posti letto e dell’assistenza domiciliare, oltre all’introduzione dei ticket, in quello dell’istruzione i tagli provocheranno un aumento degli alunni per classe, la chiusura di alcune piccole scuole di provincia, l’aumento delle tasse universitarie. Oltre ad una strage di insegnanti precari: secondo i sindacati circa 40 mila perderanno il posto, andando ad ingrossare le statistiche dei ‘parados’ in un paese che ne conteggia già parecchi milioni, il 24% della popolazione attiva. Le organizzazioni dei lavoratori e quelle delle donne, oltre a mettere in rilievo il danno sociale che deriverà dal taglio dei fondi a due settori chiave come sanità e istruzione, fanno notare come le ricadute in termini lavorativi ricadranno in particolare sulle lavoratrici ampiamente maggioritarie nei due settori, già assai penalizzate da un mercato del lavoro precarizzato a livelli tra i più alti in Europea e ormai dall’inizio degli anni ’80.
Invece le organizzazioni padronali, ed in particolare la CEOE – la CONFINDUSTRIA iberica – plaude ai provvedimenti dell’esecutivo e anzi sprona Rajoy a mettere di nuovo mano al sistema previdenziale, aumentando l’età pensionabile. L’ultima ‘riforma’ del sistema pensionistico, varata dai socialisti neanche due anni fa, aumentò gli anni su cui calcolare l’assegno dagli ultimi 15 a ben 25, ma agli imprenditori non basta. Il PP ha già presentato un disegno di legge che per il calcolo della pensione prevede di prendere in considerazione tutta la carriera lavorativa.
I sindacati di classe e nazionalisti baschi hanno già annunciato uno sciopero generale del settore pubblico per l’ultimo giorno di maggio. Dai sindacati concertativi spagnoli, invece, nessun segnale di mobilitazione seria, nonostante le grandi manifestazioni che nei giorni scorsi hanno percorso le grandi città del Regno proprio per denunciare il massacro sociale e la dittatura della Bce e del FMI. Manifestazioni che si sono saldate con 28 arresti.
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