Il "deep Web" è quella parte di Internet nascosta ai motori di ricerca che richiede particolari espedienti per essere utilizzata. Adesso il governo Usa vorrebbe eliminarla. Una decisione che farà contenti i dittatori
Fonte espresso.repubblica.it di Stefania Maurizi
Il primo documento è arrivato a "l'Espresso" tre anni fa, caricato
su un sito. "Il download va fatto in fretta, perché dobbiamo
toglierlo dal Web, altrimenti può essere intercettato", ci aveva
spiegato WikiLeaks, lasciandoci le istruzioni per
recuperare il file. I database segreti sulla guerra in Afghanistan
e sui cablo della diplomazia Usa, invece, Julian
Assange ce li ha consegnati di persona su una chiavetta
Usb: "Se anche andasse persa o fosse intercettata all'aeroporto",
ci aveva detto, "nessuno potrà aprire i file: sono criptati". Ma
per i database successivi, il fondatore di WikiLeaks ha voluto
evitare voli aerei e chiavette. I documenti sono transitati nelle
profondità della Rete. è lì che "l'Espresso" doveva andare a
recuperarli ogni volta. Nella porzione di Web invisibile e
inaccessibile ai motori di ricerca: il "deep
Web".
E' l'ultima frontiera della Rete. E ci transita di tutto: informazioni protette da password, documenti di governi stranieri blindati da potenti sistemi di cifratura o anche semplice materiale pirata. Si tratta solo di sapere dove cercare.
E' l'ultima frontiera della Rete. E ci transita di tutto: informazioni protette da password, documenti di governi stranieri blindati da potenti sistemi di cifratura o anche semplice materiale pirata. Si tratta solo di sapere dove cercare.
In questa porzione di Web non si arriva navigando con
Google o con altri motori di ricerca. Si arriva
digitando un indirizzo preciso sulla barra del browser. Un
indirizzo che qualcuno vi ha fornito e che può aprire il forziere
che cercate. Per alcuni questo Web profondo è la mecca dei traffici
illegali. Un Far West digitale, dove è possibile anche acquistare
merce proibita nella discrezione più totale. Droghe o addirittura
armi. Chi naviga nelle acque del deep Web sa come mascherare l'Ip
del computer: quel codice che identifica in modo univoco ogni pc
che accede a un sito Internet, rendendolo rintracciabile in
qualsiasi momento. Chi si muove negli abissi del deep Web spesso
usa sistemi come Tor, che permette di navigare in
modo anonimo, usando un sistema di "tunnel virtuali" che fanno
perdere le tracce. Sviluppato per la prima volta dai laboratori di
ricerca della Marina degli Stati Uniti, per poter consentire ai
militari di comunicare e accedere ai siti Web delle potenze
straniere in condizione di anonimato, oggi Tor è uno strumento
indispensabile per dissidenti che vivono in regimi disumani, ma
anche per i giornalisti che devono relazionarsi a fonti
confidenziali, tipo WikiLeaks.
Nelle acque profonde della Rete, comunque, non si usa solo Tor: documenti e informazioni circolano anche criptati con robusti sistemi di cifratura, come Aes256. E i pagamenti on line possono anche essere anonimi, come avviene con Bitcoin: una moneta virtuale creata da maghi di Internet per sfuggire alle banche.
L'immagine popolare del deep Web ormai è quella di un bassofondo digitale, dove la criminalità può prosperare.
E' "l'Internet segreto delle mafie", come ha titolato recentemente il quotidiano "La Stampa", dipingendo un quadro a tinte fosche. è davvero così? Molti esperti dissentono completamente: "Oggi i criminali se la cavano benissimo senza Tor", spiega a "l'Espresso" il leader del progetto, Roger Dingledine, il ricercatore americano che lo ha creato e che è un leader mondiale nel settore delle comunicazioni anonime. "I criminali non ne hanno bisogno perché possono infilarsi nei computer in giro per il mondo e operare attraverso di essi. Né hanno bisogno di Bitcoin: se la cavano alla grande con il riciclaggio di denaro e con il furto di identità. Chi se la passa male semmai è chi vuole proteggersi". Secondo Dingledine, infatti, i cittadini che vivono nei regimi autoritari, i giornalisti che vogliono tutelare le fonti ad alto rischio, le forze di polizia che devono operare nella discrezione o anche semplicemente le aziende che devono difendersi dalla concorrenza o dallo spionaggio industriale hanno veramente poche possibilità. E Tor è una di queste. "Decine di migliaia di persone lo usano in Iran e negli ultimi sei mesi, in Siria, l'uso è più che raddoppiato", conferma Jacob Appelbaum, uno dei ricercatori di punta di Tor. "Noi del progetto", racconta ancora Dingledine, "istruiamo tanto i blogger tunisini quanto le forze di polizia dei paesi democratici: tantissimi agenti lo usano per proteggersi on line e rimanere anonimi".
Nelle acque profonde della Rete, comunque, non si usa solo Tor: documenti e informazioni circolano anche criptati con robusti sistemi di cifratura, come Aes256. E i pagamenti on line possono anche essere anonimi, come avviene con Bitcoin: una moneta virtuale creata da maghi di Internet per sfuggire alle banche.
L'immagine popolare del deep Web ormai è quella di un bassofondo digitale, dove la criminalità può prosperare.
E' "l'Internet segreto delle mafie", come ha titolato recentemente il quotidiano "La Stampa", dipingendo un quadro a tinte fosche. è davvero così? Molti esperti dissentono completamente: "Oggi i criminali se la cavano benissimo senza Tor", spiega a "l'Espresso" il leader del progetto, Roger Dingledine, il ricercatore americano che lo ha creato e che è un leader mondiale nel settore delle comunicazioni anonime. "I criminali non ne hanno bisogno perché possono infilarsi nei computer in giro per il mondo e operare attraverso di essi. Né hanno bisogno di Bitcoin: se la cavano alla grande con il riciclaggio di denaro e con il furto di identità. Chi se la passa male semmai è chi vuole proteggersi". Secondo Dingledine, infatti, i cittadini che vivono nei regimi autoritari, i giornalisti che vogliono tutelare le fonti ad alto rischio, le forze di polizia che devono operare nella discrezione o anche semplicemente le aziende che devono difendersi dalla concorrenza o dallo spionaggio industriale hanno veramente poche possibilità. E Tor è una di queste. "Decine di migliaia di persone lo usano in Iran e negli ultimi sei mesi, in Siria, l'uso è più che raddoppiato", conferma Jacob Appelbaum, uno dei ricercatori di punta di Tor. "Noi del progetto", racconta ancora Dingledine, "istruiamo tanto i blogger tunisini quanto le forze di polizia dei paesi democratici: tantissimi agenti lo usano per proteggersi on line e rimanere anonimi".
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