domenica 13 maggio 2012

Terremoto elezioni, frana mezzo secolo di pace e fiducia

paura
Bisogna capire cosa sono i terremoti elettorali in Francia, Grecia, Germania, Italia. Anche perché è solo un inizio, e sbagliare giudizio sarà pericoloso. Io credo che abbiano un epicentro comune: si chiama rottura del patto sociale europeo. Chi l’ha prodotta? Una rivoluzione, quella dei banchieri, cioè il passaggio finale, formale, della politica nelle mani della finanza internazionale, di quelli che Luciano Gallino chiama i “proprietari universali”.  I popoli europei, raggirati prima e adesso bastonati senza pietà, cominciano a reagire. Per ora confusamente. Ma cominciano a capire. E cosa vedono? Vedono che i partiti tradizionali, tutti, destra e sinistra, cui avevano fatto riferimento negli ultimi cinquant’anni, mancano all’appello. Perché hanno tenuto bordone, hanno taciuto, sono complici. Per questo gli elettori li abbandonano (cominciano ad abbandonarli).

Cosa cercano? Risposte semplici, salvifiche. Quelli di destra scivolano verso il nazionalismo, il razzismo, la xenofobia. Emozioni forti, plebee. Quelli di sinistra anelano a,  per ora vaghe, piattaforme di buon governo, più partecipazione, più democrazia. Tutti capiscono che le decisioni passano sopra le loro teste. Vanno alle estreme. Più si accentua la crisi, più queste tendenze diventeranno acute, e di massa. E’ la fine del centro. In Italia è Beppe Grillo. In Germania sono i Pirati, i Verdi, la Linke. In Grecia è Syriza e Alba “tragica”. In Francia è Marine Le Pen, e Mélenchon (vincono ancora Merkel e Hollande, perché in Germania eFrancia la crisi è ancora poco visibile e là i partiti tradizionali ancora non sono franati).
Siamo solo all’inizio. Poi cosa verrà? Se l’offensiva dei banchieri continua, che succederà? Loro, i banchieri, e i loro servi politici e giornalisti, dicono che poi verrà la crescita. Ma la crescita è impossibile senza investimenti. E investimenti non possiamo farne perché abbiamo permesso il pareggio di bilancio in Costituzione. Dunque ci restano due “speranze”: la prima è attingere al mercato internazionale della finanza, indebitandoci ancora di più. La seconda è privatizzare: cioè svendere tutte le proprietà dello Stato. A chi? A coloro che verranno con il denaro inventato al computer. Cioè ai “nove banchieri” che dominano il pianeta Occidente. Il fatto è che, se siamo in questa situazione è perché siamo entrati in una crisistrutturale che non Giulietto Chiesa ha uscita. Siamo al capolinea.
I banchieri sono diventati rivoluzionari non per caso. La catena di Sant’Antonio si è rotta e loro continuano a strattonarla. Adesso – dopo averci ipnotizzati tutti con il consumismo – si apprestano a costringerci al razionamento (che saranno loro a decidere come farlo). Come se ne esce? Non so, francamente. Ma so che la prima cosa da fare è non pagare il debito usuraio che c’impongono (a tutti gli europei ormai). Secondo, mettere fuori legge i derivati e mettere in galera quelli che interagiscono con gli offshore (vere organizzazioni criminali, come coloro che ci portano i soldi). Terzo, nazionalizzare subito le più importanti banche.
Keynes si può usare, per qualche tempo, ma non basterà a lungo, perché una crescita infinita in un sistema finito di risorse è impossibile. Questo è appunto il capolinea. Si scende. Comincia una transizione. Ma questa politica, questi partiti, questi maggiordomi, non sono in grado nemmeno di concepirla. Sono pagati per non farla. Allora bisogna mettere mano a un comitato di salvezza nazionale che unisca tutte le forze popolari e che imponga (in base alla Costituzione, fino a che non la aboliranno del tutto) una svolta radicale. Arriva il “nazismo bianco”(ce lo annuncia Tremonti, uno che i nazisti bianchi li conosce bene). Se siamo capaci, bene; se non siamo capaci, peggio per noi.
(Giulietto Chiesa, “La fine del centro”, da “Il Fatto Quotidiano” dell’11 maggio 2012).

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