Sabato 26 gennaio saremo in piazza a Roma
davanti all’ambasciata venezuelana in solidarietà con il governo della
Repubblica Bolivariana del Venezuela e in tutte le manifestazioni nelle
altre città.
In queste ore in cui si va palesando il colpo di stato
in Venezuela apertamente ispirato e sostenuto dagli Stati Uniti e dai
governi di destra dell’America Latina, anche nel nostro paese il
posizionamento su quanto avviene definisce e dirime i percorsi.
Abbiamo letto tutti del sostegno dello Spi Cgil
trevigiano, alla manifestazione della comunità venezuelana a supporto
del leader golpista Juan Guaidò. Sappiamo tutti di come il Pd insieme a
Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia in questi mesi abbia organizzato
iniziative contro il governo bolivariano del Venezuela.
E’ l’indicatore
della crescente complicità anche tra le file dei sindacati e della
sinistra in Italia con le strategie golpiste in Venezuela.
L’uomo di paglia di Washington, Huan Guaidò, è stato
riconosciuto come presidente da alcuni Paesi latinoamericani dal Canada e
dal Dipartimento di Stato a Washington, che l’ha definito “Presidente
ad interim” .
Non lo hanno fatto altri paesi latinoamericani come
Messico, Cuba, Bolivia, Nicaragua nè la Russia e la Cina che invece
riconoscono Maduro come il legittimo presidente in carica nel Venezuela
bolivariano.
L’Unione Europea, per ora, si è limitata a chiedere
“elezioni libere e credibili, conformemente all’ordine costituzionale”
dopo però aver varato nei mesi scorsi sanzioni contro il Venezuela e
partecipato allo strangolamento economico del paese. Ma il “presidente
europeo” Donald Tusk ha affermato molto gravemente che: “tutta
l’Europa sia unita in sostegno delle forze democratiche del Venezuela.
Contrariamente a Maduro, l’assemblea parlamentare, compreso Juan Guaido,
ha un mandato democratico dai cittadini venezuelani”.
Nel mondo, ce ne dispiace per chi se ne dispiace, si
sono palesati ancora una volta due campi: uno a sostegno del governo
bolivariano venezuelano e del suo Presidente Maduro, l’altro per il
rovesciamento – anche violento – dell’attuale governo.
E’ inquietante quanto prevedibile che quando Trump
afferma: “tutte le opzioni sono sul tavolo”, significa che dopo qualche
giorno di offensiva mediatica internazionale sulle “violenze in
Venezuela”, gli Stati Uniti potrebbero intervenire militarmente in quel
paese, ripristinando così il loro tallone di ferro nel cortile di casa
che gli era sfuggito tra il 1998 e il 2018 con l’ondata progressista in
America Latina. Una ondata che aveva affermato una alternativa di
sistema non attraverso insurrezioni armate, come avvenuto a Cuba nel
1959 e in Nicaragua venti anni dopo, ma tramite processi democratici ed
elettorali che avevano visto prevalere forze popolari, progressiste,
rivoluzionarie.
Il rovesciamento violento di quella ondata era
cominciato negli anni scorsi, anche quando c’era Obama. Adesso, sospinti
da una competizione globale durissima tra i vari poli imperialisti, gli
Stati Uniti hanno deciso per l’accelerazione e l’escalation, anche
rischiando e replicando avventure militari.
In questo scenario riteniamo che non ci possano essere
tentennamenti. Di fronte al ritorno della strategia dei colpi di stato e
alle ingerenze dell’imperialismo occorre schierarsi, senza indugi,
senza se e senza ma.
Noi sosterremo con ogni mezzo la resistenza del governo e
del popolo chavista in Venezuela contro il golpe e le ingerenze
imperialiste.
Sabato 26 gennaio saremo in piazza a Roma
davanti all’ambasciata venezuelana in solidarietà con il governo della
Repubblica Bolivariana del Venezuela e in tutte le manifestazioni nelle
altre città.
Rete dei Comunisti
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