Anticipiamo l’uscita il 31 gennaio del libro di Alberto Pantaloni La dissoluzione di Lotta continua e il movimento del ’77, per DeriveApprodi, con la recensione di Giorgio Del Vecchio.
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Uno degli innumerevoli vizi che caratterizzano il dibattito pubblico sugli anni Settanta italiani è la tendenza a considerare questo periodo come una sorta di monolite della storia recente del Paese. Un macigno inscalfibile che continua a pesare sulla memoria collettiva, che si riverbera nelle sue rappresentazioni pubbliche. Basti qui ricordare l’uso sistematico di formule, termini, concetti come “anni di piombo” e “partito armato”, tanto affascinanti per i loro contorni netti quanto sbrigativi, opachi e sostanzialmente inesatti. O l’attenzione quasi morbosa per singoli anni (Il Sessantotto, Il Settantasette), mesi (i 55 giorni di Moro), persino giorni (il 12 dicembre 1969 e il massacro di Piazza Fontana), che diventano ex-post le uniche lenti interpretative attraverso cui investigare e riassumere un lungo e denso decennio.

Al contrario, come gli studiosi ben sanno, gli anni Settanta sono una creatura complessa e poliedrica, un grande e sfaccettato mosaico composto da un infinità di tessere da smontare e ricostruire continuamente per provare a suggerire il senso della figura complessiva. Alberto Pantaloni, con il suo saggio di stampo pienamente storiografico, si concentra su un pezzo specifico di questo complicato puzzle, mettendo in rapporto la dissoluzione di Lotta continua, iniziata nel 1976, con la contemporanea parabola del movimento del 1977 nel contesto della città di Torino. Si tratta di una scelta che circoscrive molto la ricerca, ma che risulta niente affatto banale o arbitraria. Torino, anzitutto, rappresenta un osservatorio privilegiato sugli anni Settanta italiani (soprattutto, ma non solo, per la presenza della FIAT), durante i quali la città fu caratterizzata dalla resilienza del conflitto sociale, che raggiunse non di rado grande intensità e varietà di forme. Negli anni centrali del decennio spiccava, senza dubbio, il forte radicamento di Lotta continua, ma anche una certa diffusione dei collettivi e delle esperienze autonome e del fenomeno della lotta armata. Senza dimenticare, ovviamente, la funzione centrale svolta dal Partito comunista. Torino fu in questo senso un contesto particolarmente variegato, in cui convivevano, si confrontavano e si intrecciavano esperienze diverse, soprattutto nel lasso di tempo analizzato da Pantaloni, dall’autunno 1976 alla fine del 1977, che rappresentò una fase di passaggio fondamentale non solo per movimenti sociali, ma per l’intera società italiana.
Pantaloni struttura il suo lavoro in due parti nettamente distinte. Nella prima analizza la crisi di Lotta Continua a Torino e le dinamiche della sua dissoluzione. Un processo più che un evento, come lo stesso ricercatore ben dimostra, lento e graduale, che prendeva le mosse dalla sconfitta elettorale subita dal cartello di Democrazia Proletaria alle elezioni del giugno 1976, per poi dipanarsi nel per molti versi drammatico congresso di Rimini, dell’ottobre dello stesso anno. Pantaloni ricostruisce in maniera rigorosa e documentata l’implosione di LC a Torino, illustrandone le cause. Vi era anzitutto una profonda critica alla militanza per come si era sviluppata dal 1968 in poi, portata avanti non solo da nuovi soggetti sociali che si andavano rapidamente (ri)politicizzando, come le donne e i giovani, ma anche dagli stessi operai, che avevano rappresentato il fulcro dell’azione politica del gruppo. La pratica politica con cui tale malessere veniva espresso era quella del separatismo, che contraddiceva l’aspirazione trasversale e orizzontale che aveva animato sin dall’inizio le prospettive rivoluzionarie di LC. Tale separatismo si riverberava non solo in contrasti aspri fra i diversi soggetti, ma anche e soprattutto in uno scontro verticale e a tutto campo fra la base e il gruppo dirigente del gruppo, una vera e propria crisi di legittimazione che risultò non decisiva. Pantaloni passa poi a descrivere la dissoluzione organizzativa di LC. Vi fu, a questo riguardo, il tentativo di alcune sezioni di continuare un lavoro politico sul territorio torinese, mentre molti aderenti del servizio d’ordine, giovani soprattutto, tramontata la prospettiva di una insurrezione imminente, premevano per una radicalizzazione dei repertori. Interessante è il paragrafo dedicato all’evoluzione del giornale del gruppo, che riuscì in parte ad assorbire il trauma e ad accreditarsi almeno per tutto il 1977 come uno degli organi d’informazione più importanti del movimento nel capoluogo piemontese.
La seconda parte de saggio è invece dedicata alla parabola del Movimento del 1977 a Torino. Pantaloni compie un’operazione interessante, “scomponendo” l’analisi di un fenomeno-evento. Correttamente, egli ripercorre la traiettoria dei tre attori politici che animarono il Movimento a Torino e non solo. Anzitutto gli operai, sebbene in modalità diverse rispetto al ciclo di conflitto industriale 1969-73 dato il contesto mutato, che già mostrava segni di una profonda crisi del modello di accumulazione dell’età dell’oro. Poi il movimento delle donne, a cui Pantaloni dedica pagine di grande densità, ricostruendone i campi d’intervento, le teorie e le rivendicazioni, dipingendo un quadro complesso e diversificato. Infine il movimento studentesco e i circoli del proletariato giovanile, che pure giocarono un ruolo fondamentale, muovendosi in maniera trasversale rispetto agli altri soggetti citati. In particolare, essi mostrarono un’alta predisposizione alla messa in campo di pratiche radicali, come l’assalto dell’Angelo Azzurro, bar accusato di essere un ritrovo per elementi di destra e spacciatori, nel quale perse la vita Roberto Crescenzio e che chiuse definitivamente la parabola del Settantasette torinese.
Quasi in funzione di appendice Pantaloni aggiunge ancora due tasselli. Da un lato le vicende legate al carcere e alle lotte dei detenuti, che ebbero a Torino nel 1977 un’importanza tutt’altro che secondaria. Dall’altro il delicato e controverso tema della lotta armata clandestina e dei suoi rapporti con la dimensione “pubblica” delle lotte. A questo riguardo, Pantaloni si sofferma sull’esperienza di Prima Linea che a Torino fu in quei mesi particolarmente rilevante, e in cui confluirono, sin dalle prime fasi, molti fuorusciti di LC, in particolar modo del servizio d’ordine. L’autore è acuto nell’evidenziare anche in questo caso la complessità delle dinamiche che portarono, nel 1977 e negli anni successivi, all’esplosione del fenomeno della cosiddetta “guerriglia diffusa”. Egli rifiuta radicalmente semplificazioni e automatismi, mettendo invece in luce i complicati intrecci e le innumerevoli zone grigie esistenti nel rapporto fra movimenti e militanza clandestina.
Nel complesso, l’operazione tentata da Pantaloni risulta convincente; vale la pena, qui, sottolineare due elementi di particolare interesse. In primo luogo, dal punto di vista storiografico, l’autore coniuga due degli approcci di studio più interessanti e recenti sugli anni Settanta italiani. Da un lato la tendenza a investigare le dinamiche di specifiche realtà locali (nella fattispecie Torino). Dall’altro il focus sui secondi anni Settanta, un periodo che solo da qualche anno sta riconquistando una sua piena cittadinanza storiografica. Come Falciola, nel suo saggio sul 1977, e più recentemente Tanturli, in quello su Prima Linea, mostrano, si tratta di anni di crisi e di passaggio, certamente confusi e drammatici, che tuttavia dischiudono piste di ricerca di fondamentale importanza per la comprensione del decennio Settanta, soprattutto riguardo lo sviluppo dei milieux radicali e la trasformazione delle dinamiche del conflitto sociale.
Il secondo elemento riguarda invece la capacità mostrata da Pantaloni di ricostruire degli eventi particolarmente delicati avvenuti in un contesto estremamente articolato (la Torino del 1976-1977) attraverso un approccio e degli strumenti propriamente da storico. Attraverso l’uso di fonti quasi tutte “interne”, prodotte dagli attori in questione, scelta che rafforza di certo l’impianto argomentativo, la dissoluzione di Lotta Continua e il Settantasette torinese emergono come processi in continuo divenire, composti da molte traiettorie e attori diversi e compresenti e in continuo dialogo fra loro. Pantaloni restituisce la complessità di quell’intreccio, propone delle linee interpretative convincenti, dando risalto alle dinamiche non lineari che caratterizzarono il conflitto sociale in quegli anni.