giovedì 31 gennaio 2019

Mafie & Classe dirigente. ‘Ndrangheta in Valle d’Aosta, negli atti l’intreccio tra i clan e la massoneria: ‘Volevano affiliare i politici locali alle logge’.

L’intreccio tra criminalità organizzata e logge si stava riproponendo anche nel Nord d’Italia. Protagonisti alcuni personaggi importanti della locale smantellata dai carabinieri e dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino. “L'affiliazione alla massoneria di alcuni dei partecipanti del locale di Aosta rappresenta un ulteriore elemento di collegamento con esponenti che ricoprono ruoli di rilievo nel settore economico, imprenditoriale e politico sia della società civile valdostana, sia al di fuori dei confini regionali”, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare.

‘Ndrangheta in Valle d’Aosta, negli atti l’intreccio tra i clan e la massoneria: ‘Volevano affiliare i politici locali alle logge’Tra le Alpi si rivede, in scala ridotta, una dinamica sofisticata, di quelle presenti in Calabria e in Sicilia (soprattutto a Trapani) finite sotto la lente della Commissione antimafia. 


L’intreccio tra criminalità organizzata e massoneria si stava riproponendo anche nel Nord d’Italia, ad Aosta.
Protagonisti alcuni personaggi importanti della locale di ‘ndrangheta smantellata mercoledì dai carabinieri e dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino nell’ambito dell’operazione “Geenna”.
Loro sono Antonio Raso e Nicola Prettico. Il primo è considerato dagli inquirenti uno dei capi della locale anche per il suo ruolo di collegamento con la politica aostana. Il secondo, invece, è un “partecipe”, ma ha una caratteristica: è stato eletto al consiglio comunale di Aosta nel 2015. Entrambi hanno l’interesse per grembiulini, squadre e compassi, riti e riunioni segrete.
Quel che va subito sottolineato però – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – è come l’affiliazione alla massoneria di alcuni dei partecipanti del locale di Aosta rappresenti un ulteriore elemento di collegamento con esponenti che ricoprono ruoli di rilievo nel settore economico, imprenditoriale e politico sia della società civile valdostana, sia al di fuori dei confini regionali”.
I fatti avvengono nell’estate 2015, dopo l’elezione di Prettico. Ruotano intorno a Giuseppe Scidone (non indagato), calabrese di Palmi residente a Mentone, dove – annotano i carabinieri – ha costituito il circolo “Garibaldi”, ufficialmente un’associazione per assistere gli italiani in Francia, ma forse più probabilmente una loggia massonica, crede la polizia transalpina. È stato responsabile della Gran Loggia del Gibuti, poi membro della loggia “Janus” a Mentone e infine della “Merouge” di Monaco, legate alla Gran loggia nazionale di Francia e in rapporti con il Grande oriente d’Italia. Da qui, però, si sposta ad Aosta, dove fonda un’obbedienza tutta sua, la “Gran Loggia Non Nobis”, dal motto dei cavalieri templari di cui Scidone si dice appartenente.
Scidone vuole far affiliare alla sua loggia il consigliere comunale, ma lui – vista l’esclusione del suo amico, Vincenzo Marrapodi (ex sindaco di San Giorgio Morgeto, Reggio Calabria) – non accetta. Chi accetta, invece, è Raso che il 19 settembre, dentro una taverna nel centro città, diventa cavaliere dell’Ordine mondiale dei templari insieme a Paolo Contoz, ex consigliere regionale della “Stella alpina”. Sempre lì il giorno dopo “avveniva la costituzione della loggia massonica Aosta n. 1 San Fantino dell’obbedienza massonica ‘No Nobis’”, a cui partecipavano Scidone, la compagna, Raso e Domizio Cipriani (Gran priore dell’ordine cavalleresco) “citato con il suo inconfondibile nome” e inoltre “probabilmente Contoz”. Tutto a norma, secondo il gip: “Allo stato non vi sono elementi per ritenere che la loggia massonica della quale fanno parte alcuni degli indagati abbia le caratteristiche delle associazioni segrete vietate”, quelle citate dalla “legge Anselmi”.
Dopo la creazione di questa loggia, il presunto boss e il massone volevano “affiliare nuovi massoni, cercandoli tra personaggi influenti dell’amministrazione e della classe politica regionale”. Prettico, invece, cerca di restare in una loggia del Grande Oriente (la principale obbedienza massonica) e spiega a un altro fratello massone (Gianluca De Lucia, della Gran Loggia di Gibuti, non indagato) che vuole ricominciare a Torino: “Voglio ripartire con un po’ più di serietà”.
Anche in questo ambito – è scritto nell’ordinanza – la locale di Aosta si muoveva secondo “schemi ricorrenti per le compagini di criminalità di stampo mafioso” che vogliono creare “legami con detta associazione segreta” fortificando il sodalizio “mediante soggetti loro stessi vincolati a regole interne di solidarietà e segretezza”. Questo meccanismo era stato notato anche dalla commissione parlamentare antimafia della scorsa legislatura che aveva studiato i legami tra mafie e massoneria a partire dai casi della Sicilia e della Calabria. Grazie ai militari della Guardia di finanza, la commissione aveva acquisito gli elenchi (incompleti) degli iscritti e fatto compiere degli accertamenti. “La disamina ha dimostrato la presenza di un non trascurabile numero di iscritti alle logge (circa 190) coinvolti in vicende processuali o interessati da procedimenti di prevenzione, giudiziari o amministrativi”. Non erano tutti.

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