Il padre del giovane ucciso in
casa della fidanzata a Ladispoli: "Dobbiamo continuare a lottare".
Bonafede: "Inaccettabile che un magistrato interrompa lettura del
dispositivo della sentenza per dire 'se volete andare a fare un giro a
Perugia ditelo'.
repubblica.it FRANCESCO SALVATORE
Non si fermano le polemiche all'indomani della condanna a 5 anni di reclusione, per omicidio colposo, di Antonio Ciontoli, condannato in primo grado a 14 anni per la morte di Marco Vannini, il 21enne deceduto a Ladispoli il 18 maggio del 2015 per un colpo di pistola partito in circostanze mai chiarite mentre era in casa della famiglia della sua fidanzata. Il web risponde con una petizione on line, su Change.org, per riesaminare il caso, indirizzata al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, con oltre 130mila firme raccolte in poco più di un giorno. Il Guardasigilli, su Facebook, definisce come "inaccettabile" l'interruzione della lettura del dispositivo da parte del presidente della Corte di Assise di Appello, per rimproverare i parenti della vittima che avevano iniziato ad urlare: "Se volete andare a fare un giro a Perugia, ditelo", la frase pronunciata dal giudice.
Sul caso di Marco Vannini interviene anche la ministra della Difesa Elisabetta Trenta: "Non posso entrare nei meriti della sentenza giudiziaria, poichè esula dalle mie competenze e prerogative, ma una cosa la posso fare: il mio impegno, il mio massimo impegno, fin quando sarò io a guidare il ministero della Difesa, affinchè al signor Ciontoli non sia concesso il reintegro in forza armata. Ho già in questo senso dato disposizioni alle competenti articolazioni della Difesa", scrive sul suo profilo Facebook Trenta.
"Colgo l'occasione - aggiunge Trenta - per esprimere anche tutta la mia vicinanza ai cari e alla famiglia di Marco, in questo difficilissimo momento. Comprendo il vostro dolore, comprendo la vostra rabbia, ma sappiate che non siete soli".
E intanto, a raccontare la sua amarezza è anche il padre della vittima, Valerio: "E' stato veramente faticoso dormirci sopra. Per smaltire una cosa del genere non basta una vita. O i giudici non hanno letto gli atti o non li hanno presi in considerazione. Non si può dare l'omicidio colposo. Il processo doveva finire con la telefonata al pronto soccorso".
Come giudica la sentenza?
"L'aspetto morale ci ha distrutto. Hanno ucciso Marco per una seconda volta con questo verdetto. Noi, da quando non c'è più, stiamo solo sopravvivendo".
Parole di compassione da parte dei Ciontoli ci sono state?
"Nulla. Mai un 'mi dispiace'. Zero. Sono scappati via da qui dopo quella notte. Erano additati da tutti come cinque assassini. All'inizio mio nipote aveva dei rapporti con Martina (la fidanzata di Marco Vannini ndr). Poi abbiamo chiuso, anche lei ha detto cose sul conto di Marco inesistenti".
Come si sono comportati i Ciontoli ai vostri occhi?
"Noi li conoscevamo bene. Ci siamo immaginati come sia andata veramente. Perché non sono andate come dice Ciontoli le cose. Forse c'è stata una lite e la cosa è degenerata: mio figlio aveva provato a fare diversi concorsi nelle forze armate e Ciontoli aveva sempre millantato di aiutarlo. Poi abbiamo deciso di rivolgerci a mio cognato: forse quella notte hanno litigato per questo, anche se mai sapremo la verità. Comunque è tutto un castello di bugie".
Intende il racconto di Ciontoli?
"Si. Dal colpo partito per sbaglio, dal fatto che Marco si faceva il bagno nudo nella vasca con dentro il papà di Martina: neanche con me lo faceva. Figurarsi se faceva entrare uno sconosciuto. Evidentemente non stava nemmeno in bagno. Mio figlio ha perso due litri di sangue e casa loro è stata trovata linda e pinta. I giudici hanno creduto a quanto raccontato loro da Ciontoli".
Sui soccorsi invece?
"Dopo lo sparo Marco ha vissuto 4 ore. Hanno fatto tutto fuorché aiutarlo. Potevano chiamarmi. Sarei arrivato in tre minuti. Se una persona commette un errore per scherzo, come Ciontoli afferma sia partito il colpo, poi se è in buona fede cerca di recuperare. Appena Marco è stato colpito hanno solo pensato a come coprire la cosa: Marco era solo merce da portare via. Le aggiungo dell'altro: se i vicini non avessero sentito lo sparo sono convinto che nemmeno avremo mai trovato il corpo di Marco. Sarebbe finito in mare".
Che cosa direbbe ai componenti della famiglia Ciontoli?
"Non avrei parole da dire. Non sono umane delle persone che pur di salvarsi la pelle fanno morire un ragazzo così. Il loro unico problema era che Marco non parlasse. E ci sono riusciti in un modo o nell'altro evidentemente. Quando stavamo in ospedale la madre di Martina si lamentava del fatto che dopo quanto avvenuto il marito rischiava di perdere il posto (Antonio Ciontoli è un maresciallo della Marina in servizio al Rud, raggruppamento unità difesa dei servizi segreti ndr). Mia moglie aveva ragione sul loro conto".
Che intende?
"A Marina non gli piacevano. Me lo diceva. Ma Martina era la prima fidanzata per Marco e stava bene. Forse, però, anche lui lo aveva capito, ma non in tempo. Quindici giorni prima della morte Marco l'aveva lasciata. Ho visto i messaggi. Poi sono tornati insieme. Marco era un ragazzo serio e corretto. Quella famiglia era tutt'altro. Antonio era spavaldo: metteva il suo tesserino del ministero dell'Interno davanti a tutto".
E adesso che succede?
"Adesso bisogna continuare a lottare. Dobbiamo andare avanti e lottare fino alla fine. Vogliamo giustizia, che non è stata fatta".
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