Presentata in Senato una
proposta di legge popolare, promossa dalla Fondazione H2U, per sostenere
lo sviluppo delle tecnologie basate su idrogeno ottenuto da fonti
rinnovabili.
“Negli ultimi tre anni, grazie a un investimento di 10 miliardi di euro, le fuel cell hanno fatto uno straordinario salto tecnologico”, spiega Nicola Conenna, presidente della Fondazione H2U The Hydrogen University. “Oggi sono grandi come un computer portatile e pesano poco più di 10 chili, invece dei 400 delle batterie. Anche il pieno di idrogeno che le alimenta, e che consente di percorrere da 600 a 800 chilometri, è molto più leggero di quello tradizionale, solo 5-8 chili, e si fa in tre minuti. Inoltre se si mettono assieme due fuel cell si ottiene abbastanza energia per far viaggiare senza problemi un camion. Con queste prestazioni non c’è gara: il futuro è dell’idrogeno. Anche perché i prezzi crolleranno ed entro 5 anni queste macchine saranno competitive anche dal punto di vista del costo”.
A sostenere la variabile idrogeno della mobilità elettrica è una proposta di legge di iniziativa popolare sulla transizione energetica green, appoggiata da un gruppo di parlamentari, che viene presentata oggi in un convegno organizzato alla sala Isma del Senato. Il testo, elaborato dalla Fondazione H2U The Hydrogen University, ha il patrocinio dell’Anci e prevede un finanziamento di 100 milioni di euro per il Piano nazionale idrogeno che punta a utilizzare i picchi di elettricità resi disponibili dalla progressiva crescita delle fonti rinnovabili.
E’ una correzione di rotta per allineare l’Italia con i Paesi che per primi hanno scommesso sull’auto a idrogeno. A guidare la volata è il Giappone: la Toyota ha già investito 4 miliardi di dollari e nel 2020 sarà pronta una fabbrica che decuplicherà la sua capacità produttiva portandola a 30 mila macchine l’anno. Segue la Corea: la Hyundai ha firmato un accordo per vendere mille camion a idrogeno in Svizzera. Nell’Unione europea il capofila è la Germania: Bmw e Daimler hanno occupato la posizione e hanno spinto a realizzare una rete di distributori di idrogeno (in Europa la rete conta 150 punti, concentrati in Germania, con una presenza a Parigi, Londra, in Scandinavia e in Spagna; in Italia c’è solo a Bolzano).
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