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Passeggiando per Caracas, si nota la differenza tra i mercatini di
quartiere (ripieni di ogni ben di Dio di prodotti locali) ed i
supermercati, privi di tutto o con pochissime cose e a prezzi
esorbitanti. La spiegazione è molto semplice: i prodotti che
scarseggiano perché di importazione – data la situazione del Paese – non
sono accessibili; quelli locali sono limitati – come tipologia – ma
rappresentano cosa si deve fare per riavviare l’economia.
Vale a dire, aumentare l’offerta di beni locali: i produttori possono
emettere una loro moneta che serva solo agli scambi, superando la
limitatezza del baratto. Ma se qualcuno pensasse ad una moneta avente
valore intrinseco, finalità di risparmio o convertibilità, bloccherebbe
il processo sul nascere.
In Italia, apparentemente, abbiamo la situazione opposta: un eccesso
di prodotti anche a basso prezzo, nei supermercati, che sembrano più
convenienti delle produzioni locali; in effetti, in Italia, scarichiamo
tutto sulla disoccupazione: i produttori locali sono spiazzati dalle
catene internazionali che non guadagnano tanto sulla differenza tra
fatturato e costi (molte volte artificiosamente bassi), ma sulla
gestione finanziaria del cash flow. Paradossalmente, anche in Italia, se
volessimo rilanciare l’occupazione locale, dovremmo sostituire
importazioni e, in questo, una moneta dei produttori (complementare) ci
aiuterebbe molto: così i consumatori si troverebbero in tasca anche
questa moneta “cattiva” – con cui si possono comperare solo prodotti
locali ovvero del consorzio dei produttori – la quale verrebbe
utilizzata per prima.
Il Venezuela è ricco di petrolio che si vende, sui mercati
internazionali, a meno di 30 centesimi al litro, ma, con un litro di
esso, si producono carburanti per un valore, alla pompa, di diversi
dollari; per fare un pieno, a Caracas, bisogna fare una fila di tre
giorni! E’ lo stesso problema: perché i Venezuelani non raffinano il
loro petrolio? Primo: perché le multinazionali vogliono tutto per sé il
valore aggiunto. Secondo: perché i governi non si sono preoccupati della
autonomia produttiva del proprio Paese, credendo – come gli Spagnoli
del XVI e XVII secolo che la ricchezza derivi dall’oro, dalle materie
prime ecc.
In realtà essa deriva dalla trasformazione delle materie prime e dei
beni naturali o, meglio, dalle capacità umane di trasformare e
valorizzare: lo aveva capito oltre 4 secoli fa, il primo economista, il
calabrese Antonio Serra: per questo fu incarcerato e lì morì. Ciò non
toglie, tuttavia, che egli avesse ragione e gli Spagnoli torto.
Nino Galloni
Rete per l'Autorganizzazione Popolare - http://campagnano-rap.blogspot.it
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giovedì 31 gennaio 2019
VENEZUELA E ITALIA: COME C’ENTRA LA MONETA COMPLEMENTARE di Nino Galloni.
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