Il percorso di Potere al Popolo ha visto sui territori una riattivazione impressionante di tante compagne e compagni che da tempo si erano messi di lato o avevano scelto l’attività “a chilometro zero”, concentrandosi sul loro specifico territoriale, sindacale, associativo, ma allontanando da sé le proposte sia politiche che elettorali; o ripiegando per disperazione sul voto per vendetta (ai grillini).
In secondo luogo Potere al Popolo ha rivelato quanto sia forte l’esigenza di rappresentanza politica dei settori di società bastonati dalle misure lacrime e sangue, spesso impotenti dentro la guerra tra poveri istigata dalle classi dominanti (e dalle forze di governo) e strumentalizzata dai fascio/leghisti. Questa esigenza di rappresentanza – espressione politica generale di interessi di classe definiti, a prescindere anche dalla dimensione elettorale – non può riguardare solo il disperso “popolo della sinistra”, ma coinvolge settori sociali rilevanti del nostro paese. Su questo Potere al Popolo ha fatto in poco tempo molta strada, ma molta ne deve ancora fare, soprattutto alla luce del fatto che “la sinistra” viene ancora vissuta a livello popolare come parte del problema e non della soluzione.
Potere al Popolo ha indicato e praticato uno spazio politico e sociale esistente, ben visibile, ma che non è ancora blocco sociale antagonista.
In compenso abbiamo potuto verificare come nelle periferie e nei quartieri popolari si possa sbarrare efficacemente la strada ai fascisti solo se si è presenti e si interviene. Il vuoto lasciato da una sinistra autoreferenziale e vivente in uno “spazio politico-mediatico” astratto, deve e può essere riempito, tanto più avendo ora a disposizione uno strumento di identità e rappresentanza come Potere al Popolo.
Vogliamo dunque affermare qui ed ora che l’esperienza di Potere al Popolo deve continuare, anche dopo le elezioni e nonostante il “responso delle urne”. Ovvio che un buon risultato faciliterà il percorso, mentre un quorum mancato lo renderà più complicato; ma l’accumulazione di forze e il nodo della rappresentanza politica sono stati posti e praticati da migliaia di attivisti in tutto il paese. E’ un patrimonio rilevante che fino a metà novembre non c’era e che oggi ha dimostrato di esistere e saper agire.
In terzo luogo, non possiamo nasconderci i problemi manifestatisi in queste quattordici settimane “vissute intensamente”.
In largo anticipo avevamo scritto di come occorresse impedire che il morto afferrasse il vivo. Il morto, vogliamo rammentarlo, non è un soggetto ma una cultura politica “a sinistra” che ha prodotto la crisi, il logoramento e l’esaurimento di ogni rendita di posizione del passato. Superare e liberarsi di questa cultura, ben visibile dentro l’ipotesi del Brancaccio, è ancora un work in progress. Qualche frizione c’è stata in queste settimane. E’ stata gestita e superata con spirito unitario, ma rimane ben visibile sullo sfondo. Già si adombra lo spettro – o l’opportunità – delle elezioni europee che provocherà sollecitazioni sulla funzione delle forze di classe verso e contro la Ue.
Inoltre, è ancora forte l’idea che alla dimensione locale possano corrispondere atteggiamenti diversi da quella nazionale, ripetendo laceranti liturgie del passato anche se hanno smesso di dare frutti duraturi e spesso solo frutti avvelenati.
Dettagli, sopravvivenze, coazioni a ripetere che possono essere superate senza traumi, confrontandosi sul molto che c’è da fare e rendendo protagonisti i soggetti attivi nei mille conflitti di questo paese.
Abbiamo messo in moto un movimento complesso, irriducibile alle singole componenti organizzate che pure hanno avuto un ruolo decisivo in alcuni passaggi. Dentro di esso i comunisti possono svolgere una funzione importante. E’ un movimento che ha tutte le potenzialità per crescere velocemente, unendo quel che era vitale ma disperso e rianimando ciò che era rimasto senza prospettiva vincente sul piano politico. Potere al Popolo ha trovato le parole giuste per parlare alle persone in carne ed ossa oltre il perimetro del passato.
Dove era il no, faremo il sì. Non è uno slogan, è un programma.
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