Questa è un'inchiesta sulle mafie che dai campi arrivano fino alle nostre tavole. Passando dalla "tratta” delle ragazze e dai "caporali” del Sud e del Nord, dai mercati ortofrutticoli più grandi d'Italia, dalla riduzione in schiavitù di uomini e donne e a volte anche di bambini, dal racket dei trasporti e dalla “grande distribuzione organizzata”, dai meccanismi legali per sfruttare meglio i lavoratori, dai ricatti sessuali, dalla mala accoglienza degli stranieri che favorisce sempre e comunque i boss. E' il "made in Italy” che diventa il "made in Mafia”.
repubblica.it ATTILIO BOLZONI
E' un'inchiesta firmata da Marco Omizzolo, sociologo e giornalista, responsabile scientifico della Onlus "In Migrazione”, (pubblicato nel post qui sotto ndr) uno dei massimi esperti italiani che da anni denuncia il legame che c'è fra la filiera agricola e la criminalità. La settimana scorsa Marco ha subito l'ennesima intimidazione, un altro avvertimento per farlo stare zitto, i suoi scritti danno molto fastidio.
E allora eccoci qui con lui. Per quindici giorni consecutivi.
Nel nostro Paese - quello con il maggior numero di prodotti agricoli tutelati nel mondo, come scrive Omizzolo nelle prime righe del suo lavoro - non ci sono zone franche. Non c'è solo l'Agro Pontino dei padrini e dei padroni, non ci sono solo le serre del Ragusano o gli aranceti della Piana di Gioia Tauro, i campi della Capitanata e gli orti di Villa Literno o di Castel Volturno. Le mafie dei campi hanno messo radici anche su, in Piemonte e in Emilia Romagna, in Toscana, in Veneto, in Lombardia.
Vittime di abusi che sfiorano lo schiavismo - con un "caporalato” strutturato come nelle regioni meridionali -, sono marocchini e cinesi, romeni, albanesi. Un giro di false cooperative, truffe, manodopera migrante da una città all'altra, capi e sottocapi che dirigono il "traffico”.
Marco Omizzolo entra nei tre grandi mercati di Fondi, di Milano e di Vittoria ma anche nel labirinto della mafia a km 0, del "mondo del bio” che non è sempre quello che sembra. Parla dei primi processi contro i negrieri e dei ritardi della giustizia italiana, del ruolo dei clan stranieri, delle varie forme di "pizzo” che bisogna pagare per lavorare.
Una serie del blog "Mafie” sulle agromafie che s'inoltra anche nel mistero e nel dramma dei suicidi dei braccianti indiani nelle campagne intorno a Latina. E racconta di un doping molto speciale, ragazzi che assumono droghe - metanfetamine, oppio, antispastici - per stare qualche ora più in campagna e non sentire la fatica. Con spacciatori che sono loro connazionali e con fornitori di provenienza camorristica: c'è sempre mafia dove c'è droga. E dove c'è da spremere sangue e soldi c'è sempre 'Ndrangheta.
Analisi, dati, storie, uno spaccato della realtà italiana che è sotto gli occhi di tutti ma che nessuno vuole vedere. Marco Omizzolo ci accompagna nell'inferno delle campagne dove regnano le mafie.
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