Viaggio nel primo "Cannabis social club" italiano. "I medici mi dicevano che dovevo dimostrare una farmacoresistenza prima di arrivare alla cannabis. E così è stato", racconta Lucia. Ma non è così semplice. Per ragioni economiche molte farmacie hanno smesso di tenerla. Non solo: "Il farmaco prescritto in ospedale potrebbe essere trasformato per legge solo dalle farmacie ospedaliere. Che però non hanno la struttura per farlo. Noi aiutiamo anche altri pazienti". L'uso terapeutico? "Questione da risolvere a tutti i costi, senza mischiarlo con la legalizzazione".
“Oggi mancano le figure professionali che possano prescrivertela per il mal di testa, per l’ansia, per la depressone”, racconta William. “Non è terapeutica solo se sei sulla sedia a rotelle”. Come Lucia, che ha scoperto di avere la sclerosi multipla a 20 anni e che dal 2011 fa uso di cannabis a scopo terapeutico. “La cannabis che mi hanno dato sei anni fa era il contentino perché non volevo più nessun altro farmaco”, racconta. “Avevo contribuito alla legge regionale pugliese come malata e volevo avere questo diritto. I medici mi dicevano che dovevo dimostrare una farmacoresistenza prima di arrivare alla cannabis. E così è stato”. “Abbiamo provato diversi farmaci anche chemioterapici con effetti collaterali devastanti”, racconta il marito. Parla al plurale, perché, spiega, “è come se avessi addosso anche io la malattia”. Il tremore che ha Lucia “non è comune, nella sclerosi multipla, ma è probabilmente causato da un attacco epilettico dovuto da un farmaco che stava prendendo in quel periodo”.
In Puglia, per ottenere la cannabis terapeutica, ci sono due vie. “O privatamente, a pagamento: la prescrive il medico privato ed è acquistabile dalla propria farmacia di fiducia”, dice William, “oppure – per avere la gratuità, se la patologia rientra nel decreto ministeriale e regionale – vai da un medico terapeutico (un terapista del dolore, un neurologo e un oncologo) e porti la ricetta nella farmacia ospedaliera: se hanno il farmaco te lo danno, altrimenti ti dicono che deve arrivare”.
Ma le cose non sono così semplici. “Il difficile è trovare prima di tutto il medico che te la prescriva”, aggiunge Lucia. “Ogni volta che andiamo a protestare in Regione ci chiamano, ci mettiamo in macchina, arriviamo fino a Bari e lì ci danno delle liste di 2/300 medici ‘prescrittori’. Peccato che di tutta quella lista, se iniziamo a chiamarli, non ce ne sarà nessuno disposto a prescriverla“, chiosa il marito. “Sono medici che sono stati obbligati dalla Asl a comparire in quella lista. Ma se il paziente li contatta, lo rimpallano da una parte all’altra”.
Lucia Spiri assume la cannabis in varie forme: fumandola (“ma non lo consiglierei mai agli altri. La prendo così perché già fumavo”), ma anche sotto forma di capsule, “frutto della ricerca fatta dai farmacisti e dai medici vicini a noi”. Una soluzione che si usa anche per i bambini, per esempio. L’altra questione, infatti, è il grande caos nelle farmacie: Il farmaco prescritto in ospedale potrebbe essere trasformato per legge solo dalle farmacie ospedaliere. Che però non hanno la struttura per farlo. “Tutti sanno che noi lo facciamo da due anni e che aiutiamo anche altri pazienti”, dice William. “Se abbiamo noi il forno, perché non lo hanno le farmacie?”. Le capsule “agiscono su alcuni recettori, la tisana su altri”, e la cannabis fumata su altri ancora.
Oggi “si ha la consapevolezza di avere a disposizione migliaia di genetiche”, racconta William, “ma in commercio ne abbiamo solo cinque legali, quelle che arrivano in farmacia: si tratta delle genetiche olandesi più quella italiana”, la FM2 che arriva da Firenze, dall’Istituto Farmaceutico Militare, l’unico ad ottenere l’autorizzazione del ministero della Salute. “Il centro però sta andando avanti senza il supporto e il vaglio delle associazioni di malati”, dicono dal Cannabis Social Club di Racale. “Ci avevano invitato a Roma per un tavolo tecnico ma poi non si è fatto più nulla. Con la FM2 adesso stanno obbligando i farmacisti ospedalieri a non prendere più la cannabis olandese ma a sostituirla con quella italiana senza vedere se effettivamente ai pazienti serve o non serve. Ma non il Bedrocan, il Bediol e le altre genetiche”, dice William. “Ecco allora che il ministero della Salute ha nuovamente ordinato la cannabis olandese. Solo che l’Italia non è più prima in lista proprio per queste ordinazioni a singhiozzo. Quindi Lucia e tanti altri pazienti che prendono questa cannabis in tutta Italia si trovano a dover affrontare ritardi allucinanti. In più chi sta controllando l’operato dell’istituto di Firenze?”.
A livello nazionale, si sa, a un anno dal debutto in Parlamento della proposta di legge che avrebbe dovuto legalizzarla, alla Camera è passato solo l’uso terapeutico ed è stata stralciata la parte sulla legalizzazione. “Io sono d’accordo”, dice William. “Questa è una battaglia che è stata spesso strumentalizzata. L’uso terapeutico è una questione da risolvere a tutti i costi, senza mischiarla con la questione ludica”.”La cannabis terapeutica è legale dal 2007 in Italia e nonostante ciò fatica ad affermarsi proprio a causa dell’aurea di criminalizzazione che ancora circonda questa sostanza”, spiegano Riccardo Magi, segretario di Radicali Italiani e la presidente Antonella Soldo opponendosi invece allo stralcio. “Sono ancora moltissimi i medici che non conoscono questa possibilità terapeutica o che si rifiutano di prescriverla per paura di essere perseguiti. La partita sulla legalizzazione però non si chiude qui, ma resta aperta proprio grazie a cittadini, quasi 70mila, che hanno firmato la legge di iniziativa popolare depositata da noi Radicali Italiani con l’Associazione Coscioni e numerose organizzazioni e che prevede la regolamentazione legale della produzione, del commercio e del consumo della cannabis. Essendo una legge popolare, resterà in piedi anche nella prossima legislatura”.
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