Rinnovabili.it Francesco Sicilia
Per vincere la più importante sfida del nostro secolo, cioè limitare l’incremento della temperatura globale per prevenire gli effetti catastrofici del cambiamento climatico in atto, occorre assolutamente ridurre le emissioni di gas serra. Come fare?
I dati sulle emissioni in Italia non
sono recentissimi. Dall’ultimo rapporto dell’ISPRA pubblicato nel 2014
si evince che dal 1990 al 2012 le emissioni CO2 eq sono
diminuite dell’11% passando da 435 a 387 milioni di tonnellate per la
riduzione delle emissioni prodotte dal settore industriale.
La CO2 proveniente dal settore trasporti – che rappresenta circa il 27,4 % del totale delle emissioni – è invece aumentata
passando da 103 milioni di tonnellate del 1990 a 106 milioni di
tonnellate nel 2012, di cui ben 98 provenienti dal trasporto su strada.
Le problematicità del settore trasporti
sono anche evidenziate dal mancato raggiungimento degli obiettivi
fissati nel Piano di Azione Nazionale per le Energie Rinnovabili redatto
nel 2010 per attuare la della Direttiva 2009/98/CE. Infatti mentre il
nostro Paese già nel 2014 ha superato l’obiettivo, fissato per il 2020,
di ricavare da fonti di energia rinnovabili il 17% del fabbisogno
nazionale nel settore trasporti non è stato raggiunto il target minimo fissato nel 2014 al 5,98%, ci si è infatti attestati al 4,5%. Il ritardo è ancora maggiore rispetto al 2020 con circa 5,6 punti in meno.
In sintesi – pur avendo ridotto le
emissioni complessive – il settore trasporti continua ad essere quello
che impatta maggiormente anche per il minor apporto di energia da fonti
rinnovabili.
Una delle soluzioni possibili è intervenire sull’alimentazione degli automezzi, incentivando l’uso di biocarburanti con ridotte emissioni di gas serra al posto dei carburanti di origine fossile.
Non tutti i biocarburanti hanno però lo stesso impatto: il biometano riduce dell’80% le emissioni di gas a effetto serra, non genera emissioni di composti tossici e cancerogeni né di polveri fini
ed è il più economico. L’Italia ha un’ottima rete di distribuzione del
metano per auto, è infatti il primo paese europeo in Europa con 1.164
impianti attivi, e circolano già circa 800.000 auto a metano quindi il
suo utilizzo è facilitato e contribuirebbe alla riduzione
dell’approvvigionamento di metano da altri Paesi.
Un ulteriore vantaggio rispetto a
biocarburanti come il biodiesel o il bioetanolo è che il biometano può
essere usato liquido al 100% quindi non dev’essere miscelato con i
carburanti classici. Ovviamente è possibile anche il “dual fuel”, cioè il sistema di alimentazione combinato biometano-gasolio.
Il biometano può derivare sia dalla Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani (FORSU) che da altri scarti di origine organica come fanghi provenienti dalla depurazione delle acque reflue urbane, residui agricoli ed effluenti zootecnici, attraverso la digestione anaerobica un processo biologico per mezzo del quale, in assenza di ossigeno, la sostanza organica viene trasformata in biogas costituito principalmente da biometano.
Nella
composizione merceologica dei rifiuti urbani la frazione organica
(umido + verde) rappresenta il 35%, nel 2015 ne sono state prodotte
circa 170 kg/abitante e di questi circa 100 kg/abitante – pari a 6.071.510 tonnellate – sono stati raccolti in maniera differenziata (dati fonte Ispra).
Ad oggi la maggior parte della FORSU proveniente dalla raccolta
differenziata è conferita in 201 impianti di compostaggio aerobico per
la produzione di solo compost mentre ci sono solo 20 impianti dedicati alla sola digestione anaerobica che però producono quasi esclusivamente biogas usato per la produzione di energia elettrica. Da 1 tonnellata di FORSU si possono ricavare circa 70 kg di biometano (95 mc) che permetterebbero a un’utilitaria a metano di percorrere circa 1.000 km.
Abbiamo quindi a disposizione una fonte di materia rinnovabile che potrebbe produrre – considerando la sola quantità di organico proveniente dalla raccolta differenziata – circa 576.792.500 milioni di mc di biometano e chiuderebbe in maniera efficiente il ciclo rifiuti in linea con i principi dell’Economia Circolare.
Si aggiunge poi il biogas da effluenti
zootecnici, residui agricoli e agroindustriali, colture energetiche e
dai fanghi di depurazione proveniente da 1.924 piccoli impianti e
attualmente destinato alla produzione di energia elettrica, ca. 1.400
MWe (fonte GSE).
Certo il biometano non può ancora soddisfare totalmente il fabbisogno dei circa 50 milioni
di veicoli circolanti in Italia poichè occorre agire su diversi piani
come la riduzione del trasporto su gomma e l’incentivo all’uso del
trasporto pubblico, ma il suo sfruttamento può sicuramente contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2
L’Accordo sul clima di Parigi
(COP 21) è stato un passo in avanti, ma occorre passare dalle strette
di mano e dalle firme dei trattati alle azioni concrete, intervenendo su
più fronti per andare verso una sostanziale riduzione della dipendenza
da fonti fossili, puntando a massimizzare l’uso di fonti energetiche
rinnovabili. Purtroppo, quando si passa ai fatti spuntano i soliti
problemi di carattere normativo. In Italia il Decreto Ministeriale 5
dicembre 2013, detto “Decreto Biometano”, che norma
operativamente le modalità di incentivazione alla produzione del
biometano, non ha funzionato per diversi motivi. Ora, dopo la fase di
consultazione, durata dal 13 dicembre 2016 al 13 gennaio 2017, si
attende la pubblicazione del nuovo “Decreto Biometano bis”,
che dovrebbe contenere semplificazioni e interessanti novità volte ad
agevolarne e incentivarne l’uso. Speriamo sia la volta buona.
di Ing. Francesco Sicilia – www.francescosicilia.it
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