Fabio Balocco Ambientalista e avvocato
Torno al settore in offerta, c’è di tutto: dalla Vitasnella Danone al pacchetto di insalata pronta all’uso; dalla Paglia e fieno di Giovanni Rana al trancio di prosciutto cotto. Tutti beni che si potrebbero ancora consumare, ma solo più per poco tempo, fra due o tre giorni si trasformeranno in rifiuti. E probabilmente finiranno nell’indifferenziato insieme alle loro confezioni, spesso più di una per prodotto.
In realtà una nostra legge, recente, prevede che le eccedenze alimentari possano essere cedute gratuitamente e prioritariamente a soggetti bisognosi. E questo vale “anche oltre il termine minimo di conservazione, purché siano garantite l’integrità dell’imballaggio primario e le idonee condizioni di conservazione”. Però questa è solo una opzione: il venditore può, non deve, conferire a terzi e se non lo fa (vedi sopra) non vi è alcuna sanzione.
Ma non è questo il punto. O meglio, è anche questo. Nel senso che la distribuzione, soprattutto la grande, contribuisce alla trasformazione di beni in rifiuti, con le sue 770mila tonnellate di eccedenze annuali (dati stimati al 2014).
Ma il punto più punto è in questo momento quel groppo allo stomaco che ti prende quando entri in questi templi del benessere. Il punto è l’enorme offerta di beni che il dio del libero mercato offre/garantisce e che la globalizzazione ha amplificato all’ennesima potenza, e che non potranno tutti, trovare un acquirente. Il punto è a monte e, parafrasando Humphrey Bogart, “tu non puoi farci niente.”
Nessun commento:
Posta un commento