lunedì 28 agosto 2017

Agricoltura, la favola dei giovani che tornano alla terra.

Altro che giovani che tornano all’agricoltura. Le nuove imprese agricole sono sempre meno e solo 1 nuova attività su 5 nel 2014 è stata aperta da un under 35.

(Foto: Corbis Images)Il luogo comune secondo cui sempre più giovani, complice la disoccupazione da record, avrebbero deciso di appendere la laurea al chiodo per dedicarsi all’agricoltura si fa strada. È vero, le storie non mancano, ma i dati mostrano che in realtà la grossa fetta delle nuove attività inerenti agricoltura e silvicoltura vengono avviate da chi ha più di 35 anni, in moltissimi casi anche oltre i 50 anni. Sulle 45.993 nuove partite iva del 2014 in questo settore, solo 1 su 5 è stata infatti aperta da un under 35.
In generale, che siano i giovani o i meno giovani a scegliere una vita più agreste, i dati raccolti dall’Osservatorio delle partite iva del Dipartimento delle Finanze mostrano che le nuove attività agricole sono calate negli anni della crisi dal 2009 a oggi, passando dalle oltre 52mila del 2009 alle 45.993 del 2014.
Qualcosa però in questi primi mesi del 2015 pare si stia muovendo, con un +104% registrato a maggio 2015, rispetto a maggio 2014, che rappresenta un +55% rispetto ad aprile 2015.
 In media infatti, dal 2011 a oggi nel periodo gennaio-maggio le nuove partite iva agricole sono state circa 4-5mila ogni mese, mentre a maggio 2015 è stata superata quota 9400 nuove attività. Anche i dati di giugno resi noti proprio oggi, mostrano un aumento del 50% sullo stesso mese dell’anno precedente.
Tuttavia, nonostante il calo delle nuove aperture degli ultimi anni, pare che il comparto abbia retto tutto sommato bene alla crisi, come mostra un report Istat pubblicato qualche giorno fa.

Nel 2013, l’ultimo anno di cui abbiamo i dati disponibili, la produzione è aumentata del 3,3%, rispetto al 2012, con un valore aggiunto del 4,9%. Non sono certo le piccole imprese però a fare i soldi, sebbene costituiscano la maggior parte del comparto. “I risultati economici importanti– racconta Istat – sono realizzati da aziende di dimensioni relativamente elevate: quelle con un fatturato di almeno 100 mila euro, che rappresentano solo il 5,5% del totale delle aziende, assorbono il 24,8% dell’occupazione e realizzano il 56,2% del valore aggiunto.
Lo stesso vale per i contributi europei, che nel 2014 hanno sfiorato quota 5 miliardi di euro: i piccoli hanno percepito in proporzione molto poco. Sono le aziende appartenenti alla classe intermedia, quelle che fatturano dai 100.000 ai 500.000 euro annui, a percepire per esempio la quota più alta delle somme distribuite a sostegno diretto del reddito dell’agricoltore (nel grafico: regime di pagamento unico-PUA). Le aziende con volumi di fatturato inferiori ai 15 mila euro pare invece abbiano puntato per la maggior parte sull’agricoltura biologica, aggiudicandosi un terzo del totale dei contributi in questo settore, ottenendo invece quote molto più basse di aiuti rispetto alle aziende più grosse nel settore della produzione, e degli aiuti per i nuovi investimenti.

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