Sono
numeri di una vera e propria catastrofe, ma, in maniera molto italiana,
di fronte ai dati di fatto si arriva all'anniversario con una presa
d'atto venata di fatalismo.
La più italiana delle scuse è infatti stata
riesumata per scaricare le colpe: la burocrazia. Una scappatoia molto
usata dalla Dc di una volta che defletteva ogni accusa su questo
onnicomprensivo e incomprensibile concetto. La burocrazia come grande
bocca di uno stato Leviatano, sul quale e contro il quale è impossibile
intervenire.
Ma davvero non ha padri e madri la burocrazia che ha ucciso la ricostruzione del territorio del terremoto? Con questa inchiesta di Gabriella Cerami
abbiamo provato a descrivere almeno una parte dell'itinerario delle
regole che non hanno funzionato. E come vedrete anche solo da questo
breve lavoro della Cerami, le regole sono tutto meno che orfane. Hanno
autori, storia, percorsi e responsabilità.
Alla fine di un anno
drammatico, soprattutto per chi lo ha vissuto nelle aree colpite,
ammettere questa verità è l'unico modo per omaggiare davvero le vittime e i
sopravvissuti.
Tutto
il sentimentalismo rovesciato sul cratere del terremoto, e tutte le
visite compunte delle autorità, non basteranno in questo anniversario a
oscurare il fatto che il dossier della ricostruzione riposa come un
macigno sulle scrivanie dell'attuale governo Gentiloni. Che dal 5
dicembre siede a Palazzo Chigi, e che non può certo più invocare (come
scudo e come scusa) la figura e l'operato di Renzi.
Ci
aspettiamo dunque in queste ore dal Governo qualcosa di più dell'impegno
"a fare di più e meglio", qualcosa di più della resuscitazione del nato
morto progetto "Casa Italia". Ci aspettiamo la indicazione degli snodi
che non hanno funzionato, e il cambiamento dei responsabili che non
hanno agito o non hanno saputo farlo. Decisioni non italiane per una
storia che fin qui è stata, come si diceva, fin troppo italiana. E di
cui le prossime urne terranno sicuramente conto.
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