Vent’anni di tenace interdizione, sorretti da una fede incrollabile nell’opzione-zero, riassunta in due parole: No Tav. «Penso che non sia più tempo di spendere nemmeno un euro se non per investimenti all’insegna della ragionevolezza e del buon senso». Lo afferma Laura Puppato, reduce dalle primarie contro Renzi e Bersani. Incredibile ma vero, l’ex sindaco di Montebelluna si prenota il 23 marzo in valle di Susa per la grande manifestazione nazionale contro l’alta velocità, presidiata dai 163 neo-parlamentari grillini. E’ caduto il tabù della Torino-Lione: nonostante Bersani, Fassino e Chiamparino, ora persino nel Pd è possibile rimettere in discussione l’opera pubblica più inutile d’Europa. «Costa moltissimo, non è supportata da stime di traffici in crescita e la popolazione non la vuole», prende atto la senatrice veneta, che si schiera col presidente della Comunità Montana valsusina, Sandro Plano, e un altro illustre “dissidente” del Pd, il sindaco barese Michele Emiliano, non da oggi vicino alla protesta della valle di Susa.
Insieme a Emiliano, collegato in streaming da Bari, poco prima del corteo la Puppato parteciperà al convegno degli amministratori locali promosso proprio da Plano, l’uomo a cui la segreteria provinciale del Pd ha sbarrato la strada della Camera, di fatto impedendogli di candidarsi, dopo aver addirittura espulso – in quanto esponente No-Tav – l’ex sindaco di Avigliana, Carla Mattioli, poi candidata con Sel. Anche il partito di Vendola, schierato nettamente contro la Torino-Lione, prenderà parte alla manifestazione con una delegazione di parlamentari guidata dall’ex leader piemontese della Fiom, Giorgio Airaudo, accanto ai valsusini anche nell’estate 2011, quella della “Libera Repubblica della Maddalena”. Rapporti di forza ribaltati: se ieri la posizione No-Tav era bocciata come “eretica”, quando non addirittura fuorilegge, in quanto complice delle “frange violente” dell’area antagonista, oggi – soltanto dopo lo “tsunami” Grillo – la causa della valle di Susa vienedefinitivamente sdoganata.
Nella primavera 2013, la lunga marcia dei valsusini irrompe a pieno titolo nell’agenda politica romana condizionando persino il Pd, che finora ha preteso che il progetto Torino-Lione, semplicemente, non fosse negoziabile: una sorta di dogma, sempre al riparo da qualsiasi discussione democratica basata sulle cifre, che svelano l’imbarazzante rapporto costi-benefici di un maxi-cantiere devastante e finanziariamente sanguinoso – puro debito pubblico miliardario, con fondi europei ipotetici e comunque irrisori – per una infrastruttura ritenuta completamente inutile da tutti i tecnici indipendenti e i docenti dell’università italiana, che ancora attendono una vera risposta al documentato appello rivolto nel 2012 al premier “tecnico” Mario Monti e al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Risposta che non è arrivata da Palazzo Chigi o dal Quirinale, ma dalle urne: la nomenklatura romana messa in scacco dal “clown” Beppe Grillo, a fianco dei No-Tav dal 2005.
E’ il tramonto definitivo della linea politica intrapresa da Sergio Chiamparino, l’ex sindaco di Torino divenuto banchiere, dall’alto della fondazione di Intesa Sanpaolo: fu proprio Chiamparino ad avviare la campagna di sistematica criminalizzazione del movimento No-Tav, condotta a reti unificate, col supporto di “Stampa”, “Repubblica” e TgR. «Gli oppositori? Ormai sono quattro gatti», profetizzò nel gennaio 2010. Per tutta risposta, i “quattro gatti” sfilarono in 40.000 nel gelo polare di Susa. Fu l’inizio della nuova mobilitazione che schierò i valsusini contro il secondo progetto Torino-Lione: il primo era stato bocciato a furor di popolo nel 2005, grazie alle “barricate” della popolazione guidata dai sindaci in fascia tricolore. «Conosco gli abitanti della valle di Susa», pontificò Eugenio Scalfari, «e so che molti di loro sono favorevoli alla Torino-Lione». Talmente favorevoli che il “Movimento 5 Stelle” è ora il primo partito della valle, con percentuali “bulgare” anche superiori al 50%. Un plebiscito democratico, usando l’ultima arma a disposizione – il voto – per gridare ancora una volta il proprio “no”.
«Arrendetevi, siete circondati», scherzava l’istrione Grillo al termine del suo “tsunami tour”. Oggi, quella della politica romana alle prese con decenni di manovre per imporre la Torino-Lione sembra proprio la vigilia di una resa. Seppelliti, forse per sempre, i toni da guerra civile rispolverati contro i No-Tav anche nel 2012, quando i media – dopo la notizia dell’arresto in massa di decine di militanti, deciso dalla Procura di Torino – non esitarono ad evocare il fantasma degli anni di piombo per una provocazione verbale rivolta a un carabiniere, chiamato “pecorella” da un giovane militante. La tensione era alle stelle per via del sacrificio di Luca Abbà, vivo per miracolo dopo essere precipitato dal traliccio dell’Enel sul quale si era pericolosamente arrampicato per resistere all’ampliamento dell’area di Chiomonte destinata al cantiere del mini-tunnel geognostico: una semplice opera accessoria, l’unica finora avviata, per giunta finanziata coi fondi Fas sottratti a opere socialmente utili come la sicurezza antisismica delle scuole. “Lo vuole l’Europa”? Falso: il mantra di sempre si è ormai dissolto, insieme al “Corridoio 5” Kiev-Lisbona, rottamato da Bruxelles e declassato al rango di leggenda, una barzelletta del secolo scorso.
I padreterni di ieri sono costretti a ricredersi: il vecchio mondo sta crollando, e la protesta No-Tav sembra aver finalmente conquistato l’Italia. «Non crederete davvero di riuscirci, a fermare il mostro?», disse Giorgio Bocca alla scrittrice valsusina Chiara Sasso, poi coordinatrice del cartello democratico “Cambiare si può”. «Se qualcuno mi parla ancora di Tav – aveva scritto Bocca dopo la rivolta del 2005 – tiro fuori il mio vecchio mitra dal pozzo in cui l’avevo sepolto dopo la Liberazione». Pur scettico sull’esito positivo della vertenza, il giornalista-partigiano fu tra i pochissimi a intuire che la “resistenza” della valle di Susa non era una piccola battaglia Nimby, ma un evento carico di futuro: prima o poi, le popolazioni europee non accetteranno più di essere dominate da nomenklature medievali, agli ordini del poterefinanziario. «L’epoca dei feudatari è finita, qui ci sono cittadini», avvertì un altro grande supporter dei valsusini, lo scrittore Erri De Luca. «Tanti anni fa – disse Grillo in un comizio improvvisato a Susa in tempi insospettabili, nel 2010 – c’erano dei cinesi sfruttati e calpestati che decisero di ribellarsi: be’, voi siete quei cinesi».
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