lunedì 25 marzo 2013

Inchiesta filobus, arrestato l'ex ad di Eur Spa Mancini accusato di corruzione e fatture false.

Nel mirino alcuni filobus venduti da Bredamenarinibus a Roma Metropolitane

ilmessaggero.it Sara Menafra e Massimo Martinelli

ROMA - C’è una definizione, nel fascicolo della procura di Roma che stamattina ha portato in carcere l’ex ad dell’Ente Eur, Riccardo Mancini, che da sola spiega molte cose: «Lobby Rome». Accanto c’è una cifra, circa trecentomila euro. Che, secondo l’imprenditore Edoardo D’Incà Levis, sarebbe finita nelle tasche di Mancini per pilotare l’appalto per 45 autobus della Breda Menarinibus, all’epoca guidata da Roberto Ceraudo. D’Inca Levis ha raccontato alcuni dettagli della vicenda un paio di mesi fa, al gip di Roma Stefano Aprile, dopo che da almeno un anno il pubblico ministero Paolo Ielo aveva raccolto sui presunti pagamenti “alla politica romana” mettendo a verbale le dichiarazioni dell’ex capo delle relazioni esterne di Finmeccanica, Lorenzo Borgogni, e dello stesso Ceraudo. E stamattina gli uomini del Nucleo Tributario della Finanza e i carabinieri del Ros hanno eseguito il provvedimento di arresto e anche una serie di perquisizioni, in abitazioni private e in uffici pubblici. A firmare i decreti è stato il gip Stefano Aprile, che avrebbe ravvisato nella condotta di Riccardo Mancini il rischio di una reiterazione del reato. Il quale, nelle scorse settimane, aveva già ammesso di aver incassato “a titolo personale” circa sessantamila euro.

Lo schema. Nel corso delle sue indagini, lo stesso Ielo aveva acquisito lo schema in inglese che spiegava graficamente il percorso dei soldi in nero che dovevano servire per facilitare l’appalto. Accanto al numero degli autobus che dovevano essere forniti al comune per realizzare il cosiddetto «corridoio della mobilità» per la Laurentina, era indicata una somma da versare per ogni veicolo. Ed era indicato anche il percorso di quei soldi attraverso una complicata rete di società all’estero che avrebbe dovuto dissimulare la sua reale provenienza. La raccolta di quel denaro, avrebbe raccontato il cinquantanovenne D’Incà Levis al gip di Roma Stefano Aprile, era chiaro: «Ceraudo mi disse che la politica voleva ancora soldi e che erano destinati alla segreteria di Alemanno. Non precisò né io chiesi se la segreteria di Alemanno fosse destinataria di tutto o di parte delle risorse». In realtà, almeno secondo le prime risultanze investigative, del denaro che sarebbe stato incassato da Mancini, il sindaco non sapeva nulla. E infatti la sua posizione è estranea all’indagine e il suo nome non è mai stato iscritto nel registro indagati. Piuttosto, è il sospetto degli investigatori, Mancini avrebbe giustificato la sua richiesta con la necessità di finanziare la politica, anche se in realtà – secondo la procura – avrebbe trattenuto il denaro per sé.

Conto a Lugano. Edoardo D’Incà Levis, arrestato nelle scorse settimane e poi scarcerato dopo la sua collaborazione all’indagine, avrebbe chiarito anche il suo ruolo nell’assegnazione dell’appalto e la percentuale di denaro a lui destinata: «Gli accordi preliminari non scritti con Ceraudo erano che il compenso di tutto il lavoro da me svolto per la fornitura dei 45 filobus ammontava all'1 per cento della fornitura di competenza della Breda Menarini. Poco dopo, sempre nel 2008, Ceraudo mi manifestò la necessità di "aiutare" la commessa nel senso che andavano reperite risorse per un milione 200 mila euro da destinare a persone della De Santis Costruzioni in grado di influire sull'assegnazione dell'appalto». E ancora: «Il denaro destinato a Ceraudo per la formazione della tangente è stato consegnato allo stesso da una persona che mi è stata indicata da un amico: io materialmente ho dato ordine alla banca di consegnare a quest'uomo la somma di 233.360,00 euro in data 16 marzo 2009 e la somma di 312 mila euro in data 24 settembre 2009, somme che Ceraudo mi ha confermato di avere ricevuto. La terza tranche pari ad euro 204.100,00 è stata da me bonificata in data 17 luglio 2009 su un conto presso Bsi Sa Lugano indicatomi da Ceraudo. In seguito nonostante già la stampa si fosse occupata della questione sotto le pressioni di Ceraudo emisi tramite la società inglese Rail & traction le altre fatture». Riscontri decisivi al racconto di D’Inca Levis sarebbero stati raccolti un paio di settimane fa dallo stesso pm Paolo Ielo e dagli uomini del Nucleo Tributario durante una trasferta a Lugano, durante la quale sarebbero stati raccolti numerosi documenti grazie ad una rogatoria internazionale.

Lo spallone. Le indagini hanno consentito di ricostruire anche il percorso del denaro che dalle banche svizzere è poi arrivato a Roma. E sempre D’Inca Levis avrebbe confermato l’utilizzo di un uomo di fiducia di Ceraudo per i trasferimenti di banconote. Lo «spallone» avrebbe trasferito in Italia 550mila euro tra marzo e settembre 2009. Altri 200mila sarebbero stati inviati con un bonifico. Ma ci sarebbero anche versamenti più recenti, visto che D’Inca Levis parla di invii successivi alle notizie di stampa delle scorse settimane: «Nonostante i giornali si fossero già occupati della questione, sotto le pressioni di Ceraudo emisi le altre fatture». E lo stesso Ceraudo, nel corso di alcuni interrogatori, avrebbe confermato la destinazione «politica» del denaro.

La cena da Cola. Negli atti dell’inchiesta è raccontata anche la conversazione che sarebbe avvenuta in casa di Lorenzo Cola, l’ex superconsulente di Finmeccanica coinvolto nella vicenda Fastweb-Telecom Sparkle. A raccontarla sarebbe stato lo stesso Cola, indicando che tra i commensali erano presenti, tra gli altri, anche Riccardo Mancini e Roberto Ceraudo. Nel corso della serata, secondo quanto accertato dalla procura, si sarebbe parlato dell’appalto per gli autobus ma non sarebbe stato fatto alcun riferimento alla provvista in nero da pagare allo stesso Mancini.

L’appalto sardo. Nel corso delle indagini, il pm Ielo avrebbe individuato anche un secondo tentativo di pilotare un appalto per la fornitura di autobus della Breda Menarini, stavolta in Sardegna. Il particolare emerge da un’intercettazione del settembre scorso, allegata all’ordinanza di custodia cautelare che spedì lo stesso Ceraudo in carcere. In una telefonata con un altro ex dirigente Breda, Giuseppe Comes. Comes, quest’ultimo chiede: «Ma gli dicesti che avevamo tutti gli agganci noi per la Sardegna? Tutto?» Ceraudo: «Dato che fino a settembre sta in Sardegna Eduard, tu magari chiamalo un minuto cosi ci avvantaggiamo un pochino». Eduard, si legge nell’ordinanza, è ancora una volta Edoardo D’Inca Levis. E la conclusione è netta: «Ceraudo svolge attività simili anche per altri comuni diversi da Roma in relazione ai quali pare disporre di agganci».

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