Con la solita formula: "Non è nel contratto", l'esecutivo glissa su una proposta presentata da un esponente M5S. Eppure il tema meriterebbe di essere trattato subito
...E quindi, tornando alla legalizzazione delle droghe, sappiamo che non è
nel contratto, ergo non interessa agli italiani. O forse non interessa
alla politica ragionare su una materia difficile e divisiva, che
porterebbe a una diminuzione oggettiva dei capitali che le
organizzazioni criminali possono reinvestire nell’economia legale
inquinando il nostro sistema democratico?..
L'Espresso r.saviano
E' la farsa continua: sulla legalizzazione delle droghe non ne verremo mai a capo. Non c’è coraggio perché non c’è competenza.
L’approccio al tema continua a essere un approccio etico e morale, ma
solo per opportunismo politico, perché in realtà nel nostro Paese etica e
morale vengono applicate a discrezione a temi e argomenti che devono
diventare o rimanere tabù.
Il clima di perenne campagna elettorale non aiuta, perché la politica non riesce mai ad affrancarsi dalla necessità di raccogliere consensi e per farlo devono restare fuori dal dibattito quei temi che maggiormente generano polemiche e si prestano a strumentalizzazioni, ma soprattutto quei temi che, a differenza dell’immigrazione, non riescono a essere percepiti come priorità. Eppure tra immigrazione, legalizzazione delle droghe e tossicodipendenza, le ultime due avrebbero un grado di urgenza assai maggiore, ma per spiegarlo devi saperlo e per saperlo devi studiarlo. E serve tempo, e serve impegno. Invece non serve né tempo né impegno per dire: ci sono troppi immigrati.
E quindi da un lato c’è un ministro secondo cui le droghe fanno schifo e gli spacciatori spacciano morte; tanta banalità è ormai bandita pure dalle chiacchiere da bar. Dall’altro il suo omologo, l’uguale e contrario Luigi Di Maio che, da Strasburgo, dice che la proposta di legge avanzata dal senatore pentastellato Mantero, in materia di droghe e legalizzazione, è una buona proposta, ma non è nel contratto.
Digressione: sulle pagine social del ministro Di Maio è possibile vedere dei video assai divertenti (al limite del ridicolo, in verità), registrati on the road con il compagno Di Battista. I due partono in auto e dopo una serie di digressioni, tra cui quella che riguarda, ad esempio, il bollino per le autostrade svizzere, che costa solo 40 euro per tutto l’anno (i due si domandano: chi sa perché non è possibile farlo anche in Italia? Sguardi d’intesa… Eh, chi sa: forse perché è Italia e non è Svizzera? Boh, forse…), si ritrovano davanti alla sede del Parlamento europeo a Strasburgo. E una volta lì, qualcuno deve avergli suggerito di parlare di sprechi e anche che magari avrebbero potuto dire, ancora una volta, che è tutta colpa della Francia (e così fanno: sono in Francia ergo è colpa della Francia; è sempre colpa di qualcun altro, come no, è giusto trovare capri espiatori ovunque, meglio se indistinti, meglio se in maniera estemporanea. È un buon esempio da dare: se lo fa la politica possiamo farlo anche noi, no?). E così, spalle alla sede del Parlamento europeo, i due definiscono quel luogo pieno di storia e significato «una marchetta alla Francia» e ne auspicano la chiusura. Punto. La storia dell’Europa cancellata da un video pubblicato su Facebook. Risate, ma amare.
Non una parola su Antonio Megalizzi, non una mezza frase sulla possibilità di ricordare, magari proprio nella sede di Strasburgo del Parlamento europeo, un giovane uomo e giornalista che credeva nell’Europa perché la conosceva. È sempre questione di conoscenza. È facile dire «lavoriamo per chiudere la sede di Strasburgo del Parlamento europeo», quando non si conosce la funzione e il significato di quel luogo. Ma ricordare Megalizzi non è nel contratto di governo e quindi non se ne parla e, a voler essere pignoli, nemmeno mi pare la chiusura delle sede di Strasburgo del Parlamento europeo è nel contratto di governo… quindi perché se ne parla? Del resto, con le sue quasi sessanta pagine, ciò che è stato escluso dal contratto di governo è sicuramente più di quanto vi sia stato inserito, ma noi abbiamo una bussola da seguire, che ci mette al riparo da errori e cattive interpretazioni: ciò che non è nel contratto, non interessa al “popolo italiano”.
E quindi, tornando alla legalizzazione delle droghe, sappiamo che non è nel contratto, ergo non interessa agli italiani. O forse non interessa alla politica ragionare su una materia difficile e divisiva, che porterebbe a una diminuzione oggettiva dei capitali che le organizzazioni criminali possono reinvestire nell’economia legale inquinando il nostro sistema democratico? Ma rassegniamoci, la possibilità di porre domande non è nel contratto di governo.
Il clima di perenne campagna elettorale non aiuta, perché la politica non riesce mai ad affrancarsi dalla necessità di raccogliere consensi e per farlo devono restare fuori dal dibattito quei temi che maggiormente generano polemiche e si prestano a strumentalizzazioni, ma soprattutto quei temi che, a differenza dell’immigrazione, non riescono a essere percepiti come priorità. Eppure tra immigrazione, legalizzazione delle droghe e tossicodipendenza, le ultime due avrebbero un grado di urgenza assai maggiore, ma per spiegarlo devi saperlo e per saperlo devi studiarlo. E serve tempo, e serve impegno. Invece non serve né tempo né impegno per dire: ci sono troppi immigrati.
E quindi da un lato c’è un ministro secondo cui le droghe fanno schifo e gli spacciatori spacciano morte; tanta banalità è ormai bandita pure dalle chiacchiere da bar. Dall’altro il suo omologo, l’uguale e contrario Luigi Di Maio che, da Strasburgo, dice che la proposta di legge avanzata dal senatore pentastellato Mantero, in materia di droghe e legalizzazione, è una buona proposta, ma non è nel contratto.
Digressione: sulle pagine social del ministro Di Maio è possibile vedere dei video assai divertenti (al limite del ridicolo, in verità), registrati on the road con il compagno Di Battista. I due partono in auto e dopo una serie di digressioni, tra cui quella che riguarda, ad esempio, il bollino per le autostrade svizzere, che costa solo 40 euro per tutto l’anno (i due si domandano: chi sa perché non è possibile farlo anche in Italia? Sguardi d’intesa… Eh, chi sa: forse perché è Italia e non è Svizzera? Boh, forse…), si ritrovano davanti alla sede del Parlamento europeo a Strasburgo. E una volta lì, qualcuno deve avergli suggerito di parlare di sprechi e anche che magari avrebbero potuto dire, ancora una volta, che è tutta colpa della Francia (e così fanno: sono in Francia ergo è colpa della Francia; è sempre colpa di qualcun altro, come no, è giusto trovare capri espiatori ovunque, meglio se indistinti, meglio se in maniera estemporanea. È un buon esempio da dare: se lo fa la politica possiamo farlo anche noi, no?). E così, spalle alla sede del Parlamento europeo, i due definiscono quel luogo pieno di storia e significato «una marchetta alla Francia» e ne auspicano la chiusura. Punto. La storia dell’Europa cancellata da un video pubblicato su Facebook. Risate, ma amare.
Non una parola su Antonio Megalizzi, non una mezza frase sulla possibilità di ricordare, magari proprio nella sede di Strasburgo del Parlamento europeo, un giovane uomo e giornalista che credeva nell’Europa perché la conosceva. È sempre questione di conoscenza. È facile dire «lavoriamo per chiudere la sede di Strasburgo del Parlamento europeo», quando non si conosce la funzione e il significato di quel luogo. Ma ricordare Megalizzi non è nel contratto di governo e quindi non se ne parla e, a voler essere pignoli, nemmeno mi pare la chiusura delle sede di Strasburgo del Parlamento europeo è nel contratto di governo… quindi perché se ne parla? Del resto, con le sue quasi sessanta pagine, ciò che è stato escluso dal contratto di governo è sicuramente più di quanto vi sia stato inserito, ma noi abbiamo una bussola da seguire, che ci mette al riparo da errori e cattive interpretazioni: ciò che non è nel contratto, non interessa al “popolo italiano”.
E quindi, tornando alla legalizzazione delle droghe, sappiamo che non è nel contratto, ergo non interessa agli italiani. O forse non interessa alla politica ragionare su una materia difficile e divisiva, che porterebbe a una diminuzione oggettiva dei capitali che le organizzazioni criminali possono reinvestire nell’economia legale inquinando il nostro sistema democratico? Ma rassegniamoci, la possibilità di porre domande non è nel contratto di governo.
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